cap. 3 ti renderò la vita un inferno
Tre minuti dopo Mark stava dirigendosi verso l'ufficio dello spietato (aveva soprannominato così Jason dopo quella sera) sentendo gli occhi di tutti puntati su di lui.
"Mr. Leroy posso portarlo io.." disse quella che era prima la segretaria di Richard, vedendolo con il vassoio del caffè.
"No grazie Carey ci penso io" ribattè Mark gentilmente.
Durante il tragitto verso l'ufficio Mark sentì diversi bisbigli. Lo spietato aveva mandato un messaggio chiaro spendendo Mark a prendere il caffè:di sicuro il nuovo CEO non lo teneva in considerazione come faceva Richard.
Sebbene molti ne furono dispiaciuti perché in questi anni Mark si era fatto apprezzare per la sua serietà nel lavoro e la sua educazione, altri, che invece provavano gelosia nei suoi confronti ne provarono soddisfazione.
Mark entrò nell'ufficio di Jason dove in precedenza aveva passato ore liete con il caro Richard e posò il vassoio sulla scrivania provando tanta tristezza al pensiero che d'ora in poi le giornate sarebbero state molto diverse da prima.
"Il suo caffè signore"
Jason non lo degnò di uno sguardo e rimase con il naso tuffato nelle carte che stava leggendo.
Mark rimase in piedi in attesa di essere congedato e lo guardò con calma per la prima volta. Si era già accorto la prima volta che lo aveva incontrato che era un tipo affascinante e mascolino ma adesso che lo osservava meglio poté vedere quanto i suoi lineamenti fossero perfetti. Le sopracciglia e le ciglia lunghe erano così scure da sottolineare il taglio degli occhi quasi orientale tipico dei Parker. Il naso era diritto e affilato, le labbra perfette e la mascella sembrava scolpite con l'accetta.
-Peccato che ha un carattere terribile- pensò Mark.
Jason, sentendosi osservato alzò gli occhi.
"Che c'è... mi trovi di tuo gusto?" disse in maniera irritante con un sorriso finto che mise in evidenza i denti perfetti.
Mark sussultò leggermente ma la sua espressione non cambiò di una virgola e con compostezza lo ignorò e chiese invece:
"Posso andare?"
"Chi ti trattiene " rispose Jason freddamente poggiandosi allo schienale della sua grande sedia osservandolo "non sono io che ti ho voluto qui, se vuoi puoi anche licenziarti" disse con un ghigno prendendo in mano la tazzina.
Mark per un attimo non seppe che rispondere poi con un cenno del capo fece per girarsi ma fu bloccato dalla voce infastidita di Jason che dopo aver sorseggiato il caffè disse:
"Questo caffè fa schifo, portatelo via"
Mark si sentì infastidito ma prese il vassoio e uscì senza dire nulla.
Jason lo guardò andare via in silenzio con quel suo passo leggero ed elegante che lo faceva sembrare un ballerino.
La sua compostezza lo irritava ancora di più, niente sembrava scalfirlo e il livello d'odio che provava già nei suoi confronti aumentò ancora di più.
-Ti voglio vedere pregare in ginocchio per un po' di pietà lurida cagna, io non sono mio padre che puoi infinocchiare con le tue arti da puttana - pensò mentre la rabbia che aveva provato negli ultimi anni stava invadendo ogni angolo della sua mente.
Suo padre aveva deciso di prendersi un anno sabbatico (così aveva detto quando lui e Nich gli avevano chiesto spiegazioni) e lo aveva lasciato a prendersi cura di questa sgualdrina in abiti formali. Il perché non lo aveva portato con sé, con tutto l'amore che aveva mostrato per questo ragazzino senza scrupoli, proprio non lo capiva; l'unica spiegazione che gli era venuta in mente era che quel piccolo arrivista si era stancato di un uomo tanto più vecchio di lui e lo aveva convinto che era indispensabile per i suoi affari in azienda tanto da farlo rimanere lì con lui, come un cane da guardia.
Il disprezzo per quel giovane uomo era cresciuto negli anni in maniera tale da volerlo distruggere.
D'altronde Jason era pur sempre un figlio di papà, intelligente e capace sicuramente, ma la ricchezza e il suo aspetto gli avevano fatto ottenere tutto molto facilmente e la tragedia, avvenuta in circostanze poco chiare, di sua madre lo aveva reso un uomo freddo e senza scrupoli.
La mattina fu un inferno per Mark che dovette fare la spola continuamente tra la sua scrivania e l'ufficio del CEO, chiamato in causa anche per le cose più banali. Concentrarsi nel suo lavoro risultò impossibile tanto che una pila di scartoffie di accumulò sul suo tavolo.
Così, quando fu ora di pranzo e anche lo 'spietato' lasciò l'ufficio per andare a pranzo, Mark restò per terminare le cose in sospeso e prepararsi per la presentazione che sarebbe avvenuta da lì a tre giorni sulla nuova fusione voluta da Richard e sulla quale aveva lavorato per settimane.
Aveva fatto colazione molto presto e non aveva avuto il tempo neanche per un caffè durante la mattinata, quindi non passò molto perché il suo stomaco si contorcesse dalla fame. Ma, per non perdere tempo scendendo nella caffetteria del piano inferiore, si avviò verso la piccola zona ristoro dei dipendenti e cercò nel piccolo frigorifero qualcosa per placare la fame. Vi trovò solo bibite e optò per un succo di frutta all'arancia.
Purtroppo la giornata non era tra quelle più fortunate e nel berlo se ne versò un po' nella camicia bianca.
"Diamine! Non posso stare così tutto il pomeriggio, oggi incontriamo dei nuovi investitori" disse irritato.
Si avviò verso il bagno e vedendo che gli uffici era vuoti per via della posta pranzo, una volta entrato nella zona lavabi, si tolse tranquillamente la camicia per lavarne via la macchia.
L'operazione impiegò diversi minuti perché una volta bagnata la camicia dovette asciugarla sotto i phon automatici per asciugare le mani e Mark non si rese conto che non era più solo...
