5. Jeg kommer tilbake! Og du vil være min! - Io tornerò! E sarai mia!
Eldz er þǫrf
þeims inn er kominn
ok á kné kalinn;
matar ok váða
er manne þǫrf,
þeim er hefir um fjall farit.
Di fuoco c'è bisogno
per chi è venuto dentro
ed ha le ginocchia gelate.
Di cibo e vestiti
necessita l'uomo
che ha percorso la montagna.
(Tratto dalle rune vichinghe originali)
Era passato un mese e mezzo da quando Deirdre era arrivata ad Årdal. Ed era passato un mese ormai da quando Asbjörn, Daven, Thor ed il loro grande e potente esercito erano partiti a difendere Gudvangen, un altro villaggio vichingo a sud-ovest di Årdal nel loro stesso fiordo. Asbjörn non aveva voluto darle molte informazioni al riguardo, ma al mercato del villaggio Deirdre aveva scoperto che a Gudvangen era giunto l'esercito da Dubh Linn. Per quel poco che ne sapeva, l'esercito irlandese non si era mai preso la briga di seguire i vichinghi nel loro territorio per riprendersi una manciata di ragazze. Cosa ci faceva dunque l'esercito irlandese li? Per quanto ci pensasse, non riusciva a trovare un filo logico e alla fine rinunciò a rimuginarci.
Nelle due settimane che avevano passato sotto lo stesso tetto, avevano trascorso il tempo a punzecchiarsi ed a litigare. Ogni occasione ed ogni pretesto andavano bene per farsi infuriare a vicenda. Ma nonostante le furiose litigate, Asbjörn riusciva sempre a rubarle qualche bacio qua e là. Ricordava ancora il giorno prima della sua partenza come se fosse oggi. Era salito in camera sua e le aveva elencato una sfilza di loro usanze, per farle comprendere meglio il suo attuale ruolo a casa durante la sua assenza. Era rimasta sbalordita su quanti diritti e libertà avessero le loro donne, tutte cose impensabili in Irlanda. Ricordava nitidamente anche il suo elenco punto per punto:
- Per prima cosa, con un rito pubblico ti consegnerò le chiavi di casa. In questo modo avrai assoluto potere di decidere in mia assenza. -
- Poi ti prenderai il carico di amministrare tutti i miei beni, case, servitù, possedimenti terrieri, denaro… -
- Tutte le tue decisioni saranno legge indiscussa per tutto il mio popolo, visto che dovrai gestire anche la mia gente ed i loro problemi. -
- In caso giungano al villaggio dei nemici avrai a tua disposizione un piccolo esercito scelto. Non esitare ad impartire gli ordini per fermare il nemico. I miei uomini ti ubbidiranno come se ci fossi io, tranquilla. -
- E non ti preoccupare se non siamo ancora sposati. Io stesso darò disposizioni che i tuoi diritti vengano rispettati, anche se non siamo ancora marito e moglie. Se non dovessi tornare a casa, la tua posizione rimarrà invariata e tutto ciò che è mio, diventerà tuo di diritto. -
Rammentava il brivido che aveva provato a quelle parole e lui la strinse a sé e poco prima di baciarla disse: “Non temere! Tornerò! E sarai mia!”
Per la prima volta non si oppose al suo bacio. Ricambiò con tutta sé stessa. Le loro lingue si erano cercate, per poi danzare tra di loro come i vortici nell'acqua del fiume. Quando si staccò da lui, aveva il respiro affannato e le gote arrossate, mentre lui la guardava sorpreso e felice per tutto l'ardore dimostratogli.
Le prese la mano e la guidò verso la porta della sua camera. Quando la aprì lei rimase a bocca aperta per lo stupore. Aveva fatto venire al castello le tre ragazze destinate ad essere vendute come schiave. Non gli aveva ancora dato una risposta e non gli aveva ancora promesso che l'avrebbe sposato. Anzi, non aveva esitato a sottolineare che non l'avrebbe mai fatto. Ciò nonostante lui le aveva salvate da un orrendo destino per compiacerla e le aveva dato tutta la sua fiducia, lasciando tutti i suoi averi nelle sue mani. Eppure non erano altro che mani di una ragazza che conosceva da sole due settimane, mani di una contadinella ignorante che non faceva neanche parte del suo popolo. Si era arrabbiata con sé stessa per il trattamento che gli aveva riservato e si era ripromessa, che appena fosse tornato, gli avrebbe comunicato che l'avrebbe sposato e che sarebbe stata per lui la moglie fedele e devota che si aspettava che fosse. In fondo qui da loro non era poi così male. Sempre meglio che in Irlanda!
Decise inoltre di compiacerlo anche in altri modi. Alla fine se lo meritava, non le aveva mai ed in nessun modo torto un solo capello. Tra le poche donne del villaggio scelse la più anziana. Ogni giorno si recava da lei nel pomeriggio. Freya, così si chiamava, aveva una pazienza invidiabile nell'insegnare la loro complicata lingua. Al suo rientro al castello radunava Aisling, Nuallan e le altre tre ragazze e con loro ripeteva ciò che aveva imparato. Le sembrava giusto che anche loro apprendessero la lingua dei loro futuri mariti, ovvero che sapessero comunicare al meglio con la servitù. Al contrario di lei, Aisling aveva accettato subito il suo futuro marito ed il ruolo che le spettava in quanto sua consorte. Dai suoi racconti aveva compreso che Daven era gentile e premuroso nei suoi confronti e che mai l'aveva sfiorata. Come da tradizione aspettava le nozze. Ero felice per lei che sembrava già provare dei sentimenti profondi per quel rude vichingo. Anche Nuallan sembrava trovarsi nella stessa medesima situazione con Thor. Le aveva spiegato di non provare rancore per ciò che era accaduto nel loro villaggio natio, anche se i ricordi continuavano a torturarla. Se non fossero stati loro, probabilmente avrebbero subito la stessa sorte di sterminio da parte di altri. Era così che funzionava e le donne non avevano alcuna possibilità in tale società. Ma qui con loro avevano in breve appreso quanto fossero state fortunate di essere cadute tra le mani di un popolo che provava sincero e profondo rispetto per il genere femminile. Certo non avrebbero mai dimenticato le loro famiglie e la loro terra, ma nel compenso il destino si era mostrato clemente nei loro confronti.
Le mattine Deirdre era impegnata con diversi compiti. Dopo colazione andava nelle cucine, dove tutta la servitù attendeva di sentire quali sarebbero stati i loro compiti del giorno. Era sorpresa della facilità con cui si era calata nel ruolo di padrona ed era altrettanto meravigliata che ne fosse veramente capace. Era come se avesse un'innata capacità di gestire compiti simili fin dalla nascita.
Una volta impostato il lavoro della servitù, si dirigeva nella sala di comando di Asbjörn, dove riceveva la gente del villaggio che veniva ad esporre piccoli problemi quotidiani. Si rendeva conto che servivano comunque tatto e furbizia nelle sue soluzioni, se voleva mantenere la quiete ed il giusto equilibrio tra la gente. Tra gli uomini guerrieri che Asbjörn aveva lasciato a difesa del villaggio c'era anche Graim. La sua presenza le era fondamentale per gestire al meglio i problemi tra il popolo vichingo. Notava le sue occhiate di stima quando proponeva le varie soluzioni e spesso si era sentita dire:
"La gente la stima, mia signora. Re Asbjörn non avrebbe potuto far di meglio."
C'era stato un episodio in particolare in cui aveva pronunciato quella frase. Il falegname del villaggio era venuto al castello per lamentare una sua ingente perdita in denaro. Secondo le sue spiegazioni aveva svolto un importante lavoro per le esigenze del castello, non ricevendo mai ricompensa per il suo servizio a causa dell'inaspettata e rapida partenza del loro signore. La cifra che richiedeva non era di poco conto. Per quel poco che Deirdre conosceva il suo futuro marito, non credeva che non avesse onorato il servizio di quell'uomo. Decise comunque di dargli il beneficio del dubbio, dandogli il responso con le seguenti parole:
"Re Asbjörn non mi ha avvisata di tale mancanza, ma posso capire la sua dimenticanza per l’urgente ed imminente partenza per la guerra. Pertanto dispongo che le venga immediatamente corrisposta la cifra che richiedete per i vostri servizi. Ma badate! Non mancherò a farne parola con il re appena sarà di ritorno al castello. Se le vostre richieste risultassero infondate, vi sarà imposto di restituire il doppio di ciò che oggi riceverete. Inoltre non risponderò in caso il re volesse infliggere altre punizioni al riguardo."
A quelle parole l'uomo incominciò ad inchinarsi, scusandosi per averla disturbata con le sue sciocchezze. Aggiunse che avrebbe discusso del problema direttamente con il re, appena fosse tornato, ma sapeva che non lo avrebbero più visto al riguardo. Aveva provato a raggirarla, forse credendola incapace di gestire il suo nuovo ruolo. Una volta resosi conto che era più scaltra di quel che pensava, batté in ritirata. Sorrise al pensiero.
Tuttavia lo sguardo di Graim non traspariva solo ammirazione. Deirdre percepiva del rancore in esso. Si rendeva conto che il re aveva infranto le sue speranze di sposarla, ma lei non provava lo stesso desiderio nei suoi confronti. I suoi sentimenti per Graim includevano solo un'infinita gratitudine per averle dimostrato gentilezza in quei lontani momenti difficili ormai passati. Avrebbe dovuto imparare a superare la sua delusione col tempo.
In tutta la giornata aveva ritagliato uno scorcio di tempo per sé stessa e la sua passione per le erbe. Aveva fatto allargare l'orto dietro al castello e aveva fatto piantare le poche erbe curative che sopportavano le temperature invernali. La neve era scesa copiosa negli ultimi giorni ed il freddo pungente penetrava nelle ossa con prepotenza. Aveva sostituito la tunica di lino con quella di lana e quando usciva, era costretta a coprirsi con le pellicce. Al suo rientro passava ogni volta un bel po' di tempo vicino al camino con lo scopo di riscaldarsi. La sera, prima di ritirarsi, saliva sulla torre più alta del castello, dove una guardia scrutava senza sosta l'orizzonte. Sperava ogni giorno di sentire il grido che avrebbe annunciato il ritorno dell'esercito e con esso il ritorno di Asbjörn.
Ed il fatidico giorno arrivò.
"Kongen er tilbake!"
Si! Il re era tornato!
Deirdre era eccitata di rivederlo e corse come una dannata nelle cucine, urlando ordini in tutte le direzioni. Come prima cosa sapeva che avrebbe voluto fare il bagno e ordinò di far scaldare l'acqua. Fece alimentare i fuochi nei camini per riscaldare ulteriormente le stanze e ordinò alla cuoca di preparare del cibo caldo in abbondanza.
Infine era salita sulla torre per vederli arrivare. Aveva il tempo di scendere all'entrata del villaggio, dove le palizzate si aprivano a coloro che avevano il permesso di varcare l'ingresso nel territorio vichingo. Non ci pensò due volte. Prese la pelliccia e corse in quella direzione con le ali ai piedi.
Quando le porte si aprirono, lui fu la prima persona che vide. Bello e fiero sul suo cavallo, con Daven e Thor al suo fianco. La sua immagine le toglieva il respiro e si rese conto di quanto in quel mese le era mancato. Gli occhi di Asbjörn si fissarono nei suoi e lei alzò il braccio in segno di saluto. Lui spronò il cavallo e quando la raggiunse la issò in groppa e la strinse tra le sue braccia. Lei appoggiò la schiena sul suo petto muscoloso e la gioia che provò in quell'istante le procurò un brivido lungo la schiena. Qualcosa era cambiato e senza rendersene conto pronunciò:
"Du er tilbake!" *
E come per sottolineare le parole che stava per pronunciare la strinse a sé con maggiore forza:
"Sì, sono tornato! E ora sarete mia!"
Lei girò leggermente il busto nella sua direzione e gli appoggiò la mano sul volto. Lo fissò in quelle iridi chiare e sussurrò:
"Jeg skal være, Asbjörn! Jeg skal være!" **
In cuor suo aveva deciso in sua assenza di accettarlo come futuro marito e padre dei loro figli.
* “Siete tornato!”
** “Lo sarò, Asbjörn! Lo sarò!”
