5. Una notte lunga e tesa
Il silenzio nella radura era innaturale, quasi sospeso. L’unico suono era quello del vento che faceva frusciare le foglie sopra di loro, mentre il cielo, buio e impenetrabile, sembrava osservare in attesa.
Heda trattenne il respiro, i muscoli tesi come corde di un violino. Il rumore di un ramo spezzato non era stato casuale. Aveva imparato a riconoscere la differenza tra il movimento di un animale e quello di un uomo in agguato. Quello era stato qualcuno.
“Ray?” sussurrò, la voce appena un soffio.
Aiden sollevò una mano in un gesto rapido, intimandole il silenzio. I suoi occhi si ridussero a due fessure mentre si muoveva con cautela verso la finestra rotta del casolare. La torcia era già stata spenta per sicurezza, e l’oscurità li avvolgeva completamente. Solo la luna filtrava tra i rami spogli, disegnando ombre spezzate sul pavimento in legno consumato.
Con movimenti misurati, Aiden si abbassò leggermente, spostando appena la testa per sbirciare fuori. Il suo respiro era lento, controllato, mentre cercava di distinguere sagome nel buio. Aspettò qualche secondo, ma non vide nulla. Nessun movimento tra gli alberi, nessun bagliore di una sigaretta accesa, nessun’ombra in avvicinamento.
“Forse un animale.” mormorò, rimanendo comunque in allerta.
Non si fidava mai delle cose troppo facili.
Tornò indietro verso Heda, senza mai distogliere lo sguardo dalla porta, come se si aspettasse che qualcuno potesse sfondarla da un momento all’altro.
“Siamo al sicuro per ora,” disse con tono controllato “ma non possiamo abbassare la guardia.”
Heda annuì appena, anche se il suo corpo non si rilassò minimamente.
Seduta sul bordo del camino, intreccio le braccia al petto, in parte per il freddo, in parte per l’irritazione che le saliva dentro.
Odiava sentirsi impotente.
Odiava ancor di più dover dipendere da qualcuno, e il fatto che quel qualcuno fosse proprio Aiden Silverthorn la faceva ribollire dentro.
“Non dormirò mai sapendo che Ray potrebbe essere là fuori.” mormorò, il tono più aspro di quanto avesse voluto.
Aiden si accasciò contro il muro opposto della stanza, le gambe distese davanti a sé, le mani intrecciate dietro la testa in un gesto che trasudava una sicurezza quasi irritante.
La osservò con un’espressione enigmatica, come se la stesse studiando, come se cercasse di capirla… o forse solo di provocarla.
“Allora non dormire.” disse semplicemente “Ma almeno cerca di non odiarmi per qualche ora. Potremmo non arrivare a domani, quindi fai uno sforzo.”
Heda lo fissò, sorpresa dalla sua schiettezza. C’era una sincerità nelle sue parole che non si aspettava, una verità cruda che le fece stringere inconsapevolmente i pugni. Potrebbero non arrivare a domani.
Per quanto odiasse ammetterlo, Aiden aveva ragione.
“Non è facile non odiarti.” ammise infine, la voce più bassa.
Lui sorrise, inclinando leggermente la testa, il riflesso della luna accarezzava la linea perfetta del suo viso, rendendolo quasi irreale nella penombra.
“Forse è proprio questo che ti attira di me.”
Heda scosse la testa, voltandosi di scatto per non lasciargli il piacere di vederla reagire.
“Sei insopportabile.”
Aiden non rispose, ma il suo sorriso divertito rimase sul suo volto.
Sapeva di aver toccato un punto scoperto. Sapeva che, nonostante tutto, qualcosa tra loro esisteva. Un filo invisibile che li teneva legati, un gioco pericoloso fatto di sfida e attrazione. E sapeva anche che Heda faceva di tutto per ignorarlo.
La notte si trascinò lenta, densa di silenzi carichi di tensione e parole non dette. Fuori, la foresta sembrava addormentata, ma all’interno di quel rifugio tutto era in tumulto.
Dopo un po', il respiro di Heda divenne più regolare.
Si era addormentata.
Aiden la osservò senza muoversi. La torcia, che avevano nuovamente acceso e appoggiata su una mensola di legno, proiettava una luce fioca sul suo volto. Per la prima volta dopo tanto tempo, la vide senza la sua corazza. Senza il sarcasmo, senza l’odio bruciante che aveva sempre caratterizzato i loro scontri.
I suoi capelli neri scivolavano in onde leggere sulle spalle, qualche ciocca le sfiorava la guancia. Sembrava più giovane, quasi fragile.
Il suo viso, solitamente scolpito in un’espressione di sfida, era rilassato. Le lunghe ciglia gettavano ombre delicate sulle guance, e le labbra, quelle stesse labbra che di solito pronunciavano parole taglienti, ora erano appena socchiuse, come in un sussurro trattenuto nel sonno.
Aiden inclinò leggermente la testa, osservandola con attenzione.
Era bella. Ma non solo nel senso più superficiale del termine. Era un tipo di bellezza che distrugge un uomo se non è abbastanza forte da resisterle.
Il suo sguardo scivolò sulla piccola cicatrice sotto il suo occhio sinistro. Si ricordava benissimo come se l’era procurata. E il solo pensiero gli fece stringere la mascella. Un misto di rabbia e qualcosa di ancora più oscuro si agitò dento di lui.
Si forzò a distogliere lo sguardo. Non doveva farsi coinvolgere. Non doveva permettersi di vederla in quel modo. Non di nuovo. Lei era una Montclair, lui un Silverthorn. Nemici da sempre.
Eppure…
Il ricordo di ogni loro scontro tornò prepotente nella sua mente. Quello sguardo grigio di tempesta che lo sfidava senza paura. Le sue parole affilate come lame. Il modo in cui non si piegava mai, anche quando avrebbe dovuto. E, dannazione, il modo in cui riusciva a farlo impazzire.
Aiden sorrise, quasi senza volerlo. Scosse la testa, e con un filo di voce sussurrò tra se:
“Permalosa, orgogliosa e incredibilmente testarda… come fa ad essere così esasperante e affascinate allo stesso tempo?”
Si alzò con movimenti lenti, cercando di non fare rumore, avvicinandosi al camino, dove aveva lasciato una vecchia coperta logora ma calda. Si fermò per un istante, il respiro sospeso, poi la posò delicatamente addosso a lei, senza toccarla.
Era la cosa più vicina a una gentilezza che si sarebbe concesso.
Restò lì per qualche secondo, a osservarla un’ultima volta, poi si voltò e tornò a sedersi contro il muro, rimanendo vigile.
Non avrebbe dormito.
Non perché temesse un attacco di Ray.
Ma perché, per la prima volta dopo tanto, temeva di più i pensieri che gli affollavano la mente ogni volta che guardava Heda Montclair.
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