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3. Il rifugio improvvisato

Il ruggito della moto si spense in un sussurro soffocato, lasciando spazio al battito accelerato del cuore di Heda e al fruscio delle foglie mosse dal vento.

Attorno a loro, il bosco si stendeva come un’ombra vivente, i tronchi alti e scuri si intrecciavano sopra le loro teste, lasciando filtrare solo spiragli di luce lunare. L’aria sapeva di terra bagnata, legno umido e muschio, un odore che si mescolava al profumo della pioggia recente.

Aiden spense i fari della moto, lasciandoli immersi in una penombra inquietante. Solo il chiarore della luna illuminava i contorni della radura, rivelando le sagome irregolari degli alberi e la struttura decrepita di un vecchio casolare abbandonato al centro dello spazio.

Heda smontò dalla moto con un movimento brusco, il corpo ancora scosso dall’adrenalina dell’inseguimento. Le gambe le dolevano per la tensione, le mani formicolavano per la presa disperata sulla vita di Aiden durante la fuga.

Si voltò verso di lui, furiosa.

“Cosa pensavi di fare? Mi hai portata via solo per farmi sparare addosso?”

Aiden scese con la solita calma, togliendosi il casco con un movimento fluido. I suoi occhi verdi la fissavano con un’intensità pericolosa, l’ombra di un sorriso ironico sulle labbra.

“Ti ho portata via perché non avevi una possibilità contro di loro.” la sua voce era bassa, priva di esitazione “Un grazie sarebbe gradito.”

Heda lo fissò con gli occhi stretti, le labbra serrate per la rabbia che ancora ribolliva nel suo petto.

“Non ti devo niente, Silverthorn!”

Il sorriso di Aiden si fece più ampio, tagliente come una lama.

“Forse no. Ma ora siamo pari.”

Fece un passo avanti, riducendo lo spazio tra loro.

“E ricorda, questa notte non la dimenticherai mai.”

Il suo tono era vellutato, carico di una certezza che la fece fremere. Non di paura, non di insicurezza. Di qualcosa di molto più pericoloso.

I loro occhi si incatenarono in un duello silenzioso. L’oscurità attorno a loro sembrava avvolgerli, rendendo quel momento ancora più teso, quasi irreale.

Heda deglutì, distogliendo lo sguardo per non lasciarsi trascinare in quell’abisso.

“Dannato arrogante.” sibilò tra i denti.

Il casolare di fronte a loro era una struttura di legno e pietra, logorata dal tempo e dall’abbandono. Le assi del tetto erano scheggiate, alcune rotte, lasciando filtrare spiragli d’aria gelida. La porta pendeva leggermente dai cardini arrugginiti, e le finestre avevano vetri spezzati, con i frammenti ancora incastonati negli angoli.

Heda sollevò un sopracciglio, osservando il rifugio con evidente disappunto.

“Perfetto!” disse con sarcasmo, incrociando le braccia “Il tuo grande piano era portarmi in un posto che cade a pezzi?”

Aiden non rispose subito. Con un gesto noncurante, diede un calcio alla porta, che si aprì con uno scricchiolio sinistro, rivelando un interno spoglio e trascurato.

Dentro, la luce della luna filtrava da una finestra rotta, illuminando la polvere che fluttuava nell’aria. Una vecchia sedia rovesciata giaceva in un angolo, il legno fragile. Un camino di pietra annerito dalla fuliggine dominava la parete opposta, il suo interno freddo e pieno di cenere spenta da tempo.

Sul pavimento, alcune tavole erano sconnesse, scricchiolando sotto il peso dei loro passi. L’aria era densa di odori di umidità, legno marcio e qualcosa di indefinito, un odore di cenere e polvere.

Aiden si fece da parte, indicando l’interno con un gesto teatrale.

“Se preferisci affrontare Ray da sola, la porta è sempre aperta.”

Heda serrò la mascella. Non aveva bisogno di ricordare cosa significasse trovarsi nelle mani di un uomo come Ashborne.

Con riluttanza, oltrepassò la soglia. L’aria fredda della stanza le sfiorò la pelle, facendola rabbrividire leggermente.

Aiden entrò dietro di lei e chiuse la porta con un colpo secco, poi accese una torcia che aveva legata al manubrio della moto. La luce artificiale illuminò il suo viso, esaltando i suoi tratti scolpiti e la spavalderia insopportabile nel suo sguardo.

Posò la torcia su una mensola di legno polverosa, illuminando l’interno del casolare con una luce tremolante.

Heda si voltò di scatto verso di lui, la rabbia non ancora svanita.

“Non ti ho chiesto di salvarmi. E non avevo bisogno del tuo aiuto.”

Aiden si appoggiò con disinvoltura al muro, incrociando le braccia.

“Già, perché stavi gestendo tutto così bene nel vicolo.”

Il suo sorriso si fece più marcato, sfacciato, pieno di provocazione.

Heda sentì un lampo di frustrazione esploderle nel petto. Lo odiava. Lo odiava davvero. Ma, per quanto volesse urlargli contro, per quanto desiderasse negarlo, una parte di lei sapeva che aveva ragione.

Se Aiden non fosse arrivato, sarebbe finita male.

Inspirò profondamente, cercando di controllarsi.

“Sei insopportabile.”

Aiden si avvicinò di un passo, riducendo ancora di più la distanza tra loro. La torcia proiettava ombre lunghe sul suo volto, accentuando la curva arrogante delle sue labbra.

“E tu sei ingrata.” rispose, la voce bassa, quasi un sussurro.

La tensione tra loro era palpabile, un filo invisibile ma carico di elettricità. Non era solo odio. Non era solo ostilità. Era qualcosa di più oscuro.

Più profondo.

Più pericoloso.

Heda distolse lo sguardo, facendo un passo indietro per allontanarsi da lui.

Aiden si voltò con noncuranza e si avvicinò al camino, osservandolo per un attimo prima di voltarsi di nuovo verso di lei.

“Ora siediti e cerca di non fare troppo rumore,” la sua voce si fece più seria, priva di sarcasmo “Ray potrebbe essere ancora in giro.”

Heda lo guardò per un lungo istante, poi si sedette lentamente su una vecchia cassa vicino al muro.

L’aria attorno a loro era piena di parole non dette, di emozioni trattenute, di battiti di cuore troppo forti. E mentre il vento sussurrava tra le fessure del legno marcio, Heda capì che quella notte non era ancora finita.

Non per lei.

E nemmeno per Aiden.

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