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Capitolo 3

Il suo rifiuto m’indispettì, ma non al punto da demordere, estrassi dalla borsetta il mio biglietto, glielo ficcai in mano e dissi “Se cambiasse idea… “lui lo guardò, quindi rispose “Okay Anna, grazie comunque dell’offerta”, poi sparì dalla mia vista.

Mi allontanai a grandi passi con la mia busta di pesce, e pensai all’effetto che mi aveva fatto sentire il mio nome dalla sua bocca.

Passai un pomeriggio strano, poi decisi di chiamare Monica per sapere se avesse lasciato qualche lavoro in sospeso.

Rispose subito, mi aggiornò su alcuni dettagli che erano rimasti incompleti; quindi, prima di chiudere la telefonata chiesi “A proposito, sono andata al porto stamattina, e ho incontrato il tuo amico Leonardo!” ci fu un silenzio che durò una decina di secondi, poi Monica decise di confessarsi, “Era il motivo che mi spingeva a sacrificare il sonno accettando di andare a prenderti il pesce, e dimmi cosa ti ha detto? Ha chiesto di me?” “Beh era stupito di non vederti, e mi ha domandato dove fossi, per il resto ha fatto solo il suo lavoro, ma… ci sei andata a letto?” chiesi senza remore.

“Magari ci fossi riuscita! È uno difficile e ha gusti davvero… particolari. Siamo solo amici, e io mi accontento di guardarlo, è davvero un esemplare di quelli unici, credimi” confessò.

“Cosa intendi per gusti particolari, è forse un pervertito?” domandai incuriosita, “No, non in quel senso, credo di aver capito che ama certe pratiche di bondage, me ne ha parlato a livello artistico, ma io penso che gli piaccia anche praticarlo. Quindi siamo solo amici” dichiarò Monica.

“Gli ho chiesto di posare per un provino, ovviamente solo con le mutande” dissi, “Davvero? Immagino ti abbia detto ‘picche’” replicò Monica, “Immagini bene, però ha preso il mio biglietto, chissà… “aggiunsi, “Non farci troppo affidamento, è uno complicato, secondo me non ti chiamerà mai” concluse, sincera, Monica.

Ci salutammo, riattaccai, ma qualcosa in me iniziò a ribollire.

Pratiche artistiche di bondage? Non sapevo nemmeno che fosse una sorta di arte.

Mi ritrovai a fare ricerche sulle immagini che restituivano tutte quelle donne appese e legate con nastri di ogni colore, e cercai di comprenderne la motivazione, cosa alquanto impossibile per me.

Poi lessi più attentamente un articolo sul web apparso in una rivista prestigiosa, in cui si spiegavano le vere motivazioni che spingevano una donna ad acconsentire a una simile pratica, e che portavano il partner a convincerla, ebbene ne fui sconvolta.

Non si trattava solo di Arte, in realtà la vera denominazione si traduceva in: Arte del Piacere.

Attraverso questa tecnica, da praticare con accortezza, invece di restare imprigionati, ci si liberava.

Il limpido sentire restava nell’aria, palpabile; legati e stretti da corde, ci si sentiva accarezzati da un’ebbrezza in grado di portarti in una sorta di stato catartico, che ti rilassava e ti faceva godere.

Iniziai ad essere curiosa, in maniera morbosa, e non mi accorsi di quante informazioni avevo assimilato.

Immaginai Leonardo con indosso solo le mutande del mio Brand, che mi legava mani e piedi sussurrandomi frasi erotiche nell’orecchio, mi scossi imprecando, aprii la finestra e andai sul balconcino.

Per un istante non mi accorsi, anzi feci finta di non sentire, poi dovetti cedere all’evidenza: ero tutta bagnata!

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