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Capitolo 5

Passò un quarto d’ora ed io mi sentii in un pozzo, un pozzo nero e senza luce. Alzai lo sguardo osservando gli altri già intenti a completare i quiz, e mi resi conto che il tempo mi sarebbe stato fatale.

Chiusi gli occhi e il mio appartamento squallido e minuscolo si fece immagine nella mia mente, poi fu il turno del viso di mio padre, astioso, adirato, deluso, per ultimo arrivò il volto di mia madre disperata e affranta, non potevo cedere proprio ora, lo dovevo a me stesso.

Aprii gli occhi e fu come se mi fossi appena seduto, lessi di nuovo la prima domanda e incredibilmente tutto mi fu chiaro.

Fu come un vortice, una scarica di adrenalina m’investì in pieno e mi portò a completare il tutto in meno di un ora, rilessi le domande e non seppi spiegare il motivo per cui fui così convinto della loro correttezza, lo sentii e basta.

Mi alzai per consegnare e contemporaneamente un altro ragazzo mi precedette.

Solo perché era due file sotto di me era arrivato prima, ma non fu un problema, il mio test fu il secondo in ordine di consegna.

M’indicarono una piccola stanza e mi chiesero nuovamente di attendere.

Non riuscii a scambiare nemmeno una parola con l’altro candidato, ero così stanco da non riuscire ad emettere nemmeno un suono.

L’adrenalina si era esaurita ed io mi sentivo solo un involucro di carne e sangue completamente vuoto a causa di questa ulteriore attesa.

A poco a poco arrivarono gli altri e quando fummo tutti quanti in quella stanza la signorina ci raggiunse.

Avevo sentito che avevano consegnato simultaneamente più di venti candidati assieme, sarebbe stato un delirio ora.

“I nomi di coloro che sono passati sono: Adam Writhin, Joseph Gail, Ben Arper, Luke Bauer…”

Dopo il mio nome non sentii più nulla, avevo il morale alle stelle e il mio cuore sembrava un razzo pronto ad esplodere.

Ce l’avevo fatta!

Eravamo rimasti in dieci, ed io ero uno di loro!

Non era stata una questione di fortuna, perché avevo intensamente voluto dare il meglio, e quando succedeva i risultati arrivavano sempre.

Non era stato così, invece, per ciò che avevo scelto di essere, perché gli ostacoli che tutt’ora mi si paravano di fronte sembravano, a volte, insormontabili.

Ma io conoscevo il motivo, la ragione di questo mio problema.

Un problema che avrei dovuto affrontare di nuovo.

Il rifiuto di mio padre.

Un padre che mi aveva cacciato non appena aveva scoperto che preferivo amare gli uomini.

Serbavo ancora nella mente i suoi insulti, gli schiaffi arrivati all’improvviso e il labbro di mia madre che tremava per il pianto, per la disperazione di avere un figlio frocio che non le avrebbe mai dato la gioia di darle un nipote.

Ero minato dentro, fragile, ma cocciuto nella mia scelta, una scelta che mi avrebbe costretto ad affrontare il futuro con un altro piglio, un’altra determinazione, pronto ad affrontare ogni tipo di avversità che avrebbe ostacolato il mio cammino.

Ed ecco allora profilarsi il trasferimento nel mio minuscolo appartamento, con quelle poche cose che ero riuscito a racimolare, ma non avrei mai creduto di dover poi annegare per la mancanza spudorata di un sostentamento a causa della perdita del lavoro.

Ma il Seven Days aveva riacceso in me la speranza, volevo farcela e questo risultato appena raggiunto, mi stava caricando come una miccia, una miccia pronta ad esplodere.

Nessuno, adesso, avrebbe potuto fermarmi, nessuno, tranne…lui, Jade Forrester!

Avevo solo mezz’ora di tempo prima che ci informassero della prova successiva, così mi fiondai in bagno per rinfrescarmi.

Aprii il rubinetto dell’acqua fredda e ci ficcai i polsi sotto, avevo il cuore a mille e temevo di crollare proprio nella prova più importante, quella che avrebbe decretato i due vincitori, coloro che avrebbero dovuto incontrare Jade Forrester.

Il fatto era che ci avevano informato che nei turni effettuati successivamente al nostro, nessuno aveva raggiunto il 100% del punteggio; pertanto, i dieci rimasti si sarebbero giocati il tutto per tutto.

Tolsi i polsi dal getto e raccolsi un po’ d’acqua sui palmi giusto per sciacquarmi il viso.

Poi mi guardai riflesso, ero pallido ma i miei occhi risplendevano di una luce diversa, di una luce nuova.

“Ce la puoi fare” dissi ad alta voce, quindi uscii con una nuova certezza, se ero arrivato fin qui un motivo doveva esserci.

Entrammo in una sala molto più raccolta, la luce potente mi costrinse a socchiudere gli occhi.

Di nuovo l’ansia iniziò ad attanagliarmi.

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