La dolcezza di uno sconosciuto
Dopo un tempo infinito passato in quella maledetta camera da letto, che avevo transformato io stessa in carcere, sentì un rumore provenire dal balcone, ma non ci feci troppo caso finchè un'ombra non attirò la mia attenzione.
A malincuore mi alzai per mettere le ciabatte e vestaglia e uscì per vedere.
Sul balcone c'era Ethan, appoggiato alla ringhiera e sfornava un sorriso dolcissimo.
"Che cosa ci fai qui? Mi stai spiando?" chiesi con mani incrociate e allargando un sopracciglio giraì la testa di lato.
"Figurati, ho solo pensato che se non vuoi uscire per mangiare.. bhè, il mangiare te lo porto io." mentre lo diceva il suo viso si incupiva.
"Avevo detto chiaramente che non ho voglia di mangiare, Ethan."
Mi girai già per rientrare ma lui non voleva saperne, mi prese per la mano e attirò a sè. "Che fai??" urlai.
A quel punto mi accorsi che in mano teneva un mazzo di rose rosa e bianche, doveva averle nascoste dietro la schiena.
"Voglio chiederti scusa, non volevo farmi gli affari tuoi. Ma il dottore doveva sapere quindi Anna non ha avuto scelta e ha detto tutto ." sembrava sincero scusandosi e aggiunse "Nello zaino ho del mangiare, sushi, frutta, dolci e delle bevande. Te le lascio, ma per favore mangia."
Rimasi li sbalordita per un pò, come se mi avessero pietrificata. Ma poi pensai che fu davvero dolce a portarmi tutte queste cose e tenendolo per mano entrammo insieme.
Non parlavo e lui comprese, presi quindi le cose che portò e le sistemai sul tavolino. Gli feci cenno di sedersi e lui non rifiutò, si sedette in silenzio.
Mangiavamo, di tanto in tanto sentivo il suo sguardo addosso, ma appena alzavo la testa lui posava gli occhi altrove.
In quei momenti potevo ammirare i suoi tratti perfetti, aveva una faccia da gangster bellissimo con una piccola cicatrice sulla guancia, come se fosse un attore mafioso ma dal cuore tenero.
Mi ero immersa in lui e se ne accorse, girò la testa per guardarmi e i nostri occhi si incontrarono, inconsapevolmente arrossì.
"Ti ho beccata a fissarmi?" sorrise.
Mi alzai di scatto e cominciai a pulire il tavolino ma lui mi fermò la mano e attirò, facendomi cadere sulle ginocchia. Era così vicino che sentivo il suo respiro addosso e impallidì "Se non ti dispiace, esci!" gridai.
Mi guardò con uno sguardo tanto intenso che mi persi nei suoi bellissimi occhi di colore verde chiaro e i nostri respiri si confondevano.
Ma tornaì in se e gli dissi "Ethan, ti prego.. non rendermi le cose ancora più difficili. Nel giro di poche settimane ho perso la persona che amavo e amo nonostante tutto, porto in grembo il suo bambino, non cerco avventure e non credo tu voglia qualcosa di più da una donna incinta, addirittura di un altro."
Fui diretta ma chiara come la neve, penso che le mie parole lo colpirono poichè si alzò mettendomi piano in piedi e uscendo senza girarsi disse "Magari faccio questa impressione ma non sono così, non ti toccherei mai se non fossi interessato davvero a te. Specialmente sapendo che sei incinta."
Uscì ed io ci restai male.
《Lo avevo frainteso? Come poteva essere interessato a me?》
Decisi di non pensarci più, dopotutto poco mi importava, quindi pulì tutto e misi le posate sporche e i piatti dietro la porta per poi tornare a letto a dormire.
Avevo perso l'amore della mia vita e stavo portando dentro di me una parte di lui, nient'altro aveva importanza.
La notte passava lentamente e gli incubi mi perseguitavano, di continuo mi svegliavo urlando...
"SERGIO...NON LASCIARMI!"
.. il dolore era straziante.
Di nuovo sentì un rumore, sta volta dietro la porta, sapevo che qualcuno mi aveva sentita. La porta si aprì e qualcuno entrò dentro avvicinandosi al letto, poi si sdraiò accanto a me e mi abbracciò "Dormi, ci sono io qui con te e ora sei al sicuro."
Non rifiutai e in poco tempo mi riaddormentai di nuovo, sta volta senza paura.
Gli incubi cessarono, era talmente sollevante poter dormire tranqilla senza sentirsi morire dentro anche nei sogni.
La mattina seguente mi svegliai riposata, abbracciata a lui.
Mille pensieri mi passavano per la testa, sentivo un gran senso di colpa per aver permesso ad un uomo sconosciuto di avvicinarsi a me. Dovevo però ammettere che questa vicinanza mi faceva bene e non sentivo più così tanta solitudine.
