Capitolo 5
POV DI VICTORIA
Correvo, ma non sapevo dove stessi andando. Sentivo un terribile dolore ai piedi, avevo calpestato pietre e rami causandomi molte ferite e inoltre morivo dal freddo. Il sole stava sorgendo lentamente ed il bosco dapprima buio, adesso si stava riempiendo di luce.
Ero senza fiato e soprattutto senza forze, ma nonostante tutto cercai di immergermi nella fitta boscaglia.
Mi guardai intono disorientata. Tutti gli alberi si assomigliavano e sembrava di camminare in tondo. Non so per quanto tempo avessi corso, ma il petto iniziava a farmi male ed i polmoni bruciavano per il freddo.
Avevo bisogno di fermarmi anche se non volevo.
Respirando forte dalla bocca, appoggiai una mano contro un albero cercando di riprendere fiato.
Chiusi gli occhi per alcuni secondi mente l’aria riempiva il mio corpo come aghi affilati. Dio, stavo gelando, se non avessi trovato una via d'uscita il prima possibile sarei morta congelata. Proprio mentre pensavo al peggio, improvvisamente un ronzio mi fece drizzare la schiena, qualcosa stava vibrando nella mia borsa.
Il mio cellulare!
Grazie al santo cielo, il mio cellulare!
Avevo completamente dimenticato di averlo con me.
“Jenni!“ Sussurrai con voce soffocata che spaventò la mia amica.
“Che succede Vic? Dove diavolo sei?” Chiese preoccupata.
Le lacrime iniziarono a riempire i miei occhi e senza volerlo cominciai un pianto incontrollato spezzando la mia voce con molteplici singhiozzi.
“Jen, non lo so…Non so dove sono…Ho paura.”
La mia confessione rese la mia amica un fascio di nervi.
“Sei ferita? Qualcuno ti ha fatto del male? Sei in un luogo chiuso o all’aperto?…”
Jenni mi pose un milione di domande in meno di dieci secondi.
“Sto bene…io…sono in un bosco…” Dissi tirando sul col naso.
“Ascoltami Vic, non perdere la calma... Usa il cellulare per trovare la tua posizione e poi chiama i soccorsi…Condividila anche con me così posso seguirti.”
Seguii le istruzioni di Jennifer. Controllai il punto sulla mappa, non ero lontana da una strada principale, avrei dovuto prosegue verso destra per circa 20 minuti.
“Vic, tranquilla sto arrivando.”
“Ok…” Sorrisi speranzosa e riattaccai rapidamente riprendendo a correre.
Nel frattempo digitai il numero dei soccorsi, ma dopo solo due squilli cadde la linea.
Cosa? Guardai il telefono incredula. Cazzo!
Il cellulare è scarico.
La batteria era completamente esaurita.
Mio Dio no! Ed ora? Respira Vicky, respira profondamente.
Senza andare nel panico cercai di farmi coraggio.
Fanculo tutto, Victoria corri, corri e non fermati.
Il mio istinto di sopravvivenza mi spinse ad andare avanti.
Il dolore sotto ai miei piedi nudi era quasi impossibile da sopportare ma non potevo fermarmi.
Iniziai a correre di nuovo, ma la strada indicata sul mio cellulare sembra non apparire mai. Alberi, alberi e solo alberi.
Senza perdere le speranze continuai e finalmente dopo un pò, suoni di clacson e motori furono udibili dalla mia posizione.
Allargai le labbra sorridente.
Ero libera, mi ero salvata.
Mi precipitai sul ciglio della strada, ed un auto inchiodò davanti a me.
“Per favore aiutatemi!” Implorai alla coppia di anziani che mi guardò spaventata.
“Cosa ti è successo cara?” L’anziano uomo chiese uscendo rapidamente dall’abitacolo.
“Vi prego…portatemi via da qui.” Implorai mente tremavo.
“Vieni cara, andiamo in ospedale…”
La coppia mi accolse nella loro auto e la dolce anziana mi pose un fazzoletto aiutandomi a pulire il viso ricoperto di lacrime e sangue.
Arrivata al pronto soccorso per qualche strano motivo il mio corpo si tese paralizzandosi.
I dottori mi fecero domande su chi fossi e cosa mi fosse successo, ma l’eccesso di adrenalina si tramutò improvvisamente in paura e mi gettò in uno stato di trance e svenni.
******
L’odore di disinfettante mi ricordava che ero ancora in ospedale.
Quando aprii gli occhi, iniziai a pensare a quello che mi era successo.
Sdraiata sul letto, fissai il soffitto.
I ricordi scorrevano nella mia mente e facevo fatica a credere quello avevo vissuto e soprattutto che fossi ancora viva.
Chi erano quegli uomini e cosa volevano da me?
Portai un braccio sugli occhi provando a fare chiarezza.
Ero assorta nei miei pensieri quando il notiziario in sottofondo catturò la mia attenzione.
Aspetta. Cosa? Avevo sentito bene?
Abbassai lentamente gli occhi sul televisore e sgranai le palpebre per lo shock.
Delgutii nervosa mentre lentamente il terrore apparve di nuovo sul mio volto.
Erano loro!
“Gli uomini più ricchi e potenti del paese, i fratelli Alexander ed Erik White hanno invitato i membri più influenti della politica e del mondo degli affari all’inaugurazione del loro nuovo stadio. Il Center Stadium, accoglierà le prossime partite di campionato. Conterrà più di 70.000 posti, con suites private e spalti all’esterno; inoltre ci saranno ristoranti e negozi dedicati alla vendita di articoli sportivi e tanto altro. Il tutto sarà accompagnato da un ampio parcheggio e giardini con bellissime fontante faranno da cornice a questo grande colosso…”
La voce della giornalista rimbombò fastidiosamente nelle mie orecchie mentre fissavo il televisore.
Strinsi i denti mentre tutto dento di me bolliva tra delusione e rabbia.
I fratelli White? Chi diavolo erano e cosa ci facevano con il Center Stadium?
Il mio Center Stadium!
Com’era possibile che i due demoni e lo stadio erano collegati? Come?
Quello era il mio lavoro!
Me lo avevano rubato!
Lo avevo progettato io, come faceva ad essere di loro proprietà?
Ricordo come il mio capo aveva bocciato la mia idea e adesso, qualcuno aveva rubato i miei documenti e ne stava traendo profitto?!
FLASHBACK
(Meno di un anno fa.)
“Ha un curriculum eccellente Signorina Starling, lei è un vero prodigio. Si è laureata con il massimo dei voti in soli pochi anni, ci parli di lei.” Chiese il direttore delle risorse umane.
“Grazie per il complimento Signore. Mi chiamo Victoria Starling, ed ho 23 anni. Sono laureata in ingegneria informatica e ingegneria civile architettonica...”
Sapevo di essere estremamente dotata, come diceva mio padre ero un genio, una ragazza speciale. Avevo terminato le scuole di base precocemente e ottenuto due lauree in pochi anni. Sapevo che avrei ottenuto quel lavoro, infatti solo dopo un giorno mi convocarono e fui assunta. Dopo circa tre mesi mi fu offerto di trasferirmi nella Capitale. Accettai subito senza sapere che questa decisione avrebbe cambiato la mia vita per sempre.
FINE FLASHBACK.
