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Capitolo 4 Dolce scontro

Patty: una personcina profonda e molto pratica aggiunse senza tanti preamboli.

«E tu non dirglielo, in fondo lui è così umorale e strano, non ti ha mai fatto capire niente delle sue intenzioni, non credo che due giorni insieme lo faranno cambiare, goditi questo momento, vivilo e quando torni ci pensi.»

Come darle torto, stava dicendo la verità. Ma sapere che tornava da Parigi e partiva per Barcellona il giorno dopo, la scombussolava parecchio. La porta si aprì e un uomo completamente diverso uscì dall’ufficio, rosso di rabbia, senza giacca e con le maniche tirate su, raggiunse le macchinette a passo svelto.

«Chi mi offre un caffè?» Chiese abbozzando un sorriso tirato.

Lisa pensò che gli servisse una camomilla, non lo conosceva veramente, anche se era il suo capo da qualche mese non avevano mai avuto molto da dire. Durante le riunioni lui si limitava ad ascoltarla mentre esponeva le sue idee, che di solito teneva sempre in considerazione e oltre a questo, nessuna parola in più a parte il buongiorno e la buona sera nei rari momenti in cui si incrociavano. Lisa gli porse il caffè e chiese con gentilezza se andava tutto bene, la fissò così intensamente che si sentì a disagio.

«No, non va bene, ora che lei va via.»

Si sentì arrossire fino alla punta dei capelli, erano solo due giorni, che cosa poteva mai capitare?

«Farò in modo da non lasciare niente in sospeso, stia tranquillo.»

Lui ringraziò per il caffè e ritornò in ufficio. Patty fece delle facce strane.

«Sai, non lo conosco bene e non vorrei sbagliarmi dicendo che gli piaci.»

«Ma dai non scherzare, l’hai visto sembra una scultura del Bernini, forse … Il Fauno Barberini.»

«Già lo vedi così? Sei messa male se lo immagini nudo su una sedia di marmo.»

Poi continuò diventando seria: «Sei una bellissima donna anche tu ma non lo sai ancora.»

«E tu, sei una grande amica.»

Lisa provava un grande affetto per Patty, si conoscevano da molto.

Si presero sotto braccio e tornarono in ufficio, Lisa avrebbe visto nel pomeriggio dei clienti francesi per un servizio fotografico da fare a Milano qualche giorno prima di Natale. Quindi organizzò la cartelletta con tutti gli accordi e si preparò a incontrarli. Mentre rivedeva i documenti, si accorse che Eros non aveva firmato il contratto e avvisò Patty che si sarebbe fermata da lui in ufficio per la firma. Mentre ripercorreva il corridoio sentì urlare e si fermò. Le urla arrivavano proprio dall’ufficio di Eros, si allontanò con discrezione, non voleva ascoltare, anche se la curiosità prese il sopravvento.

«Non dovevi tenerla d’occhio?»

Ma di chi parlava? E chi c’era con lui in ufficio. La porta si spalancò, sbattendo quasi contro il muro, la vide.

«Cosa ci fa qui?» Quasi urlò anche con lei.

«Torno tra dopo, così si sarà calmato.»

«No, Lisa lei non c’entra.»

Fece un profondo respiro e si avvicinò, automaticamente lei fece un passo indietro, era spaventata, aveva visto molti uomini arrabbiati ma chissà perché, lui le faceva proprio uno strano effetto. Si rese conto del suo comportamento e rilassò le spalle, gli porse la cartellina.

«Ha dimenticato di firmare il contratto.»

«Già i francesi, oggi è il grande giorno.»

«Per che cosa?» Si sentì in dovere di chiedere.

«Potrebbe approfittarne durante il suo viaggio, anzi forse sarò a Parigi anche io in questi giorni, se non le spiace le chiederei di darmi una mano con dei clienti che dovrò incontrare.»

Lo guardava come un alieno, la testa china sulla cartellina che conteneva il famoso contratto e la mano ferma e sicura che brandiva come una spada la sua Montblanc. Quando alzò la testa incrociò il suo sguardo, gelido e senza emozioni, ma lei si era soffermata ad osservagli le mani. Stava immaginando a come si sarebbe sentita se quelle mani l’avessero accarezzata, stretta, presa. Eros posò piano la penna e cominciò a far tamburellare le dita sulla cartellina.

«Signorina, può ritornare da me?»

Lisa si riscosse rossa in viso.

«Mi scusi pen ... pensavo ai francesi!»

Disse l’unica cosa sciocca e banale che le era venuta in mente. Gli restituì la cartellina.

«A che ora parte domani?»

«Non mi hanno ancora confermato l’orario del volo.»

Fece una faccia strana e aggiunse, senza curarsi del suo imbarazzo: «Parte e non sa ancora a che ora?»

«La persona con cui vado mi darà i dettagli nel primo pomeriggio, appena so qualcosa la informerò.»

«Un fidanzato?»

Nel frattempo erano entrati in ufficio, le tende erano aperte su una vista spettacolare.

Sembrava una domanda ma non lo era, Lisa non era ancora certa che avrebbe davvero preso quell’aereo, però ci sperava molto. Mentre usciva dall’ufficio con passo felpato e incerto, si girò su se stessa e prima di richiudere la porta, gli disse: «Comunque non è il mio fidanzato, è un caro amico.»

Si. Un caro amico con cui andava a letto ma questo lui non lo sapeva. Aveva qualcosa di strano in quel sorriso beffardo, era come se sapesse. L’aveva infastidita la finta domanda, in quel momento avrebbe voluto sollevarlo verso il soffitto con un semplice movimento delle dita. Uscì nel corridoio lasciando la porta socchiusa, i suoi tacchi non fecero rumore sulla moquette e veloce si avviò verso il suo ufficio, entrò e chiuse la porta. Patty la guardava stranita, con occhi indagatori

«Com’è andata?»

Perché glielo chiedeva ancora? Forse il nastro del tempo si stava riavvolgendo, poco prima le aveva già posto quella domanda, lei rispose che era andata bene e forse il capo l’avrebbe raggiunta a Parigi, perché aveva bisogno di una mano con i responsabile francesi di una nuova società, che aveva acquisito da poco come cliente. Era un mondo strano, modelli e modelle riempivano il corridoio.

Le addette ai vari show room erano le più occupate, con i loro capelli particolari tenuti su con gli elastici per pacchi, creative e particolari vivevano di improvvisazioni ma sempre collaborative, attente, disponibili a tutti i bisogni che venivano loro richiesti.

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