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Capitolo 3 Ancora un po’

Alex si girò per guardarlo ancora negli occhi, gli stessi che l’avevano reso debole e si alzò.

«Scusami, non volevo piombare qui e fare quella scenata ma quando ti ho visto con lui ho perso il controllo.»

«Stavamo solo parlando, perché pensi che ti stia tradendo?»

Bevve un altro sorso e si avvicinò alla sua bocca carnosa resa ancora più gonfia dal pianto per baciarlo teneramente, il suo cuore esplose quando lui ricambiò il suo bacio con ardore. Gli prese la mano per accompagnarlo accanto alla poltroncina dove era seduta Lisa, voleva presentarglielo così si avvicinò e sussurrò: «Lui è Pietro.»

Lisa allungò il braccio per dargli la mano e gli fece segno che potevano sedersi accanto a lei, era rimasta con loro per non pensare alla richiesta di Stefano.

Conosceva la società per la quale lui lavorava, una casa di moda. Anche lei lavorava per una casa di moda che faceva concorrenza a molte aziende del settore. Questo l’aveva portata a fare numerosi viaggi per le campagne pubblicitarie e per organizzare sfilate nelle varie città del mondo. Ripensò per un attimo al ragazzo silenzioso, era rimasto tutta la sera nell’ombra con il suo bicchiere in mano, senza dire una parola, il mistero che lo avvolgeva lo rendeva affascinante, pericoloso e provò una strana tenerezza per lui. La serata finì con i soliti saluti e niente di nuovo se non quella consapevolezza che da lì a qualche giorno si sarebbe trovata i aereo con Stefano.

Non ritornò con le sue amiche, perché Alex insieme a Pietro si offrirono per riaccompagnarla a casa, tanto erano di strada. In macchina c’erano anche alcune ragazze che aveva conosciuto quella sera. Lisa era così, dalle decisioni improvvise, sembrava quasi non pensarci ma a volte quelle decisioni prese in fretta, erano frutto di grandi pensamenti. Decise che avrebbe dormito qualche ora e sospirò pensando a come poteva affrontare il grande e ostico capo.

Quando si svegliò, gli occhi erano gonfi per il poco sonno e il viso smorto e pallido. Si truccò e mise il tailleur grigio perla, si guardò allo specchio per ammirare quella persona che dall’altra parte la incitava a prendere quello che le veniva dato senza fare troppe domande. Il viaggio in metro era sempre lungo e noioso ma in compagnia del suo libro quasi non se ne accorse, era talmente presa da quella storia che per poco rimase sul treno, saltando la sua fermata. Una sosta al bar, dove l’aspettava la sua collega per fare colazione e due chiacchiere prima di cominciare.

«Che energia stamattina, non sei uscita ieri?»

«Sai che la domenica sera c’è l’uscita a cena, così chiudiamo in bellezza il week-end. E’ ho anche dormito poco.»

«Vorrei essere così io la mattina, se non dormo sono uno zombie.»

«Dovresti venire con noi qualche volta.»

Risero di gusto e Lisa, le raccontò brevemente quello che era successo.

«Ma chi, Stefano?»

«Sì, adesso devo chiedere due giorni a Eros, non so che scusa inventarmi.»

«Non penso faccia resistenza, è quasi Natale il lavoro e calato, potresti unire i giorni di Sant’Ambrogio.»

Era così contenta, non ci aveva pensato al patrono di Milano, che in questo caso le stava dando una bella mano. Piazzò un bacio sulla guancia di Patty che rise di gusto.

«Sei mitica!»

Si passò le mani sudate sulla gonna, la tensione era forte. Per vedere il suo capo doveva attraversare un lungo corridoio, quindi provò e riprovò il discorsetto parecchie volte. “Toc toc.” Dall’altra parte una voce profonda e calda le diede il permesso di entrare.

«Buongiorno, Eros.»

Si sedette di fronte a lui e l’osservò con calma, era perfetto nel suo completo blu, la camicia lucida e di ottima fattura metteva i risalto i suoi occhi. Lisa esaminava sempre l’abbigliamento maschile, da quello riusciva a capire molte cose sulle persone. Cominciò a parlare molto lentamente, quasi per trovare le parole giuste, ci teneva molto a quel viaggio e voleva assolutamente riuscire ad avere i due giorni.

«Mi dica, signorina Lisa.»

Come faceva ad essere così calmo e gentile, in giro si diceva che era un despota, sempre alla ricerca dell’errore umano. Assomigliava vagamente al ragazzo silenzioso e solitario della festa di Pier. Ma non poteva esserci nessun legame, lui era il cattivo della situazione mentre l’altro sembrava dolce e tenebroso.

«Ecco, volevo chiederle, se potevo prendermi due giorni di ferie?»

«Da quando?»

«Da domani.»

La risata forzata evidenziava un momento poco opportuno, per allontanarsi.

«Sa il lavoro è calato in questo periodo e mi hanno invitata fare un viaggio di due giorni.»

«Lo so!»

Come faceva a saperlo? Lisa sbarrò gli occhi.

«Volevo dire … che molte persone approfittano del ponte, per prendere le ferie.»

«Ah!»

«Dove andrà di bello?»

«A Parigi.»

Quando uscì dall’ufficio, aveva la fronte imperlate di sudore che le fece venire un brivido procurandole la pelle d’oca. Si chiedeva se era normale, quella sensazione che sotto pelle, le aveva fatto compagnia per tutto il tempo che era stata nell’ufficio di Eros. La richiesta del compromesso era arrivata quasi subito, “Ok le concedo i due giorni ma al rientro ho bisogno che lei venga con me a Barcellona”. Come faceva a dirlo a Stefano, strano com’era, poteva mandare a monte tutti i suoi intenti e compromettere il loro rapporto. Ma avevano un rapporto? Lisa se lo chiedeva da tempo. Gli occhi di Eros le erano rimasti addosso, appiccicati sul corpo, come se la spiasse continuamente. Si voltò a guardare indietro, la porta del suo ufficio era chiusa. Si fermò alle macchinette a prendere un caffè, Patty la raggiunse;

«Allora com’è andata?»

«Ho i due giorni ma ...»

«Ma?» La spronò la collega.

«Quando torno, andrò con lui a Barcellona per vedere dei clienti e organizzare una sfilata.»

«A Barcellona con il capo, fantastico.»

«Come fai a dire questo? Dovrò dirlo a Stefano e mi sa, che andrà tutto a rotoli, sai com’è strano.» Disse avvicinandosi di più per non farsi sentire dai colleghi che stazionavano bevendo il caffè.

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