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Capitolo 5

Un giorno prima

Jason’s Pov

«Ragazzi scusatemi, ma voglio andarmene, ho salutato Amber: ci vediamo domani a scuola. » Amber è la mia ragazza: capo cheerleader della Venice ed è la ragazza più popolare della scuola.

«D'accordo Jason vai, non preoccuparti. » mi dice Mike, voglio andarmene da questa festa, voglio andare lontano dal mondo e starmene tranquillo; in questo periodo i miei genitori non sono mai a casa e la testa mi sta scoppiando.

Me ne vado da casa di Nate: alle 19.30 circa ho avvisato Clarissa che forse non sarei tornato, come se poi le importasse qualcosa di me.

«Ehi Jason, dove vai?» mi chiede Will mentre salgo sulla mia moto. «Non lo so, voglio prendere un po' d'aria.» Mi limito a dire, accendo la moto e mi allontano da quella casa, prima che continui a fare altre domande.

Ad un incrocio noto una ragazza: ha un tubino nero ed un top bianco ricamato a mano. Non ci faccio caso più di tanto, fin quando poco dietro di lei c’è un uomo barcollante: è ubriaco. Si nota perfettamente dal suo modo di camminare e dal rossore dei suoi occhi. Una volta quel volto lo avevo anche io, finché un giorno mi capii che era inutile bere per cercare di dimenticare il modo in cui i miei mi evitavano; così ho smisi di bere: facevo del male solo a me stesso. Adesso le uniche volte che bevo è solo per puro divertimento, bevo solo quando sono triste e nervoso.

«Ti prego lasciami.» sento dire dalla ragazza. I suoi capelli e quegli abiti mi sono familiari.

«Andiamo ho appena iniziato, non fare i capricci» inizia ad alzarle la gonna.

«Brutto stronzo non hai sentito cosa ha detto? ha detto di lasciarla!»

«Io faccio ciò che mi pare» ribatte l'uomo. «Anche io faccio ciò che mi pare, se non te ne vai ti faccio pentire di essere qui stasera.» Lo trattengo per il collo della maglia bianca e sporca che indossa. Questa puzza l’ho sentita troppe volte su di me. «Vattene, non puoi averla tutta per te!» borbotta l'uomo urlandomi in faccia. «Vattene tu, ma a quel paese, giusto per essere più signorile. Lei è mia e sì la voglio tutta per me!» dico strattonandolo per terra. «Okay… okay sta calmo me ne vado!» l'uomo alza le mani in modo di arresa per poi scappare. «Stai bene?» chiedo anche se dal suo volto sembra più sorpresa di essere stata salvata piuttosto che scioccata dalla vicenda. Lei mi sembra familiare: ora guardandola più da vicino; assomiglia tanto alla ragazza orfana che mio padre e Clarissa volevano adottare. Vidi la sua foto mentre la compagna di mio padre era al computer; sfogliando i cataloghi delle piccole orfanelle dei diversi orfanotrofi in città, Clarissa si soffermò sulla sua particolarmente. E’ buio e forse è solo una mia illusione.

«Si… Si sto bene grazie» balbetta timidamente.

«Vai a casa, prima che ritorna.» concludo per poi salire sulla moto e andarmene.

Mi dirigo verso il luogo in cui mi piace stare quando voglio restare da solo, non ci viene mai nessuno qui. Si tratta di una piccola collinetta da dove puoi osservare la bellezza del paesaggio; questo luogo l'ho scoperto quando ho avuto la mia moto a 16 anni: quando la provai per la prima volta feci il giro per tutta Los Angeles e sono finito qui per puro caso. Potevo fare di tutto: sembrava fossi libero per la prima volta e tuttora lo è. Osservo il magnifico paesaggio che si presenta davanti ai miei occhi. Ancora che penso a quella ragazza. Resto lì ad osservare il mare limpido con il sole che piano piano sale. Un’alba splendida.

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