Capitolo QUATTRO
Da quella notte ad oggi è trascorsa una settimana. Una settimana, sette lunghe giornate di lavoro, di caldo, di sabbia, di solitudine e sette notti fredde, noiose, interminabili.
Anche oggi però la giornata volge al termine. Il sole sta tramontando, la temperatura dell'aria si sta abbassando, il generatore elettrico è partito per una volta al primo colpo ed ora sta funzionando regolarmente e il battito regolare del suo motore è, insieme al soffio del vento, l'unico suono che rompe il silenzio di questo deserto meraviglioso e infame al tempo stesso.
Ti alzi dal sasso su cui ti eri seduta al suo ritorno quando eri tornata all'accampamento a fine lavoro e ti stiri lentamente le braccia e la schiena. Oggi hai guidato a lungo sulle piste sabbiose del deserto e queste strade non sono il massimo del comfort anche se si è alla guida di un fuoristrada come quello che avevi trovato al suo arrivo al campo base una settimana fa. Raccogli dal suolo lo zaino dove tieni il computer che usi per il lavoro e ti dirigi verso la baracca che i suoi superiori in Italia definivano con tono pomposo il "campo base". In realtà si tratta di una misera baracca fatta da poche lamiere arrugginite dove un generatore alimenta faticosamente un ansimante condizionatore d'aria, un frigorifero ormai vetusto e qualche scarno elettrodomestico ancora più antico. Alla sera, quando il tuo autista va a dormire, stacchi tutte queste apparecchiature e fai partire il computer del lavoro insieme a un router di collegamento e, così facendo, scarichi i dati che hai acquisito durante il giorno e li trasmetti direttamente alla casa madre.
Sospiri mentre apri il frigo e ne tira fuori una lattina di birra che non trovi però mai fredda a sufficienza per le tue necessità. Bevi direttamente dalla lattina e intanto torni a guardare fuori dalla finestra: dove diavolo è finito il suo autista? Era partito un'ora fa per andare a recuperare qualcosa che non avevi capito cosa diavolo fosse in una delle stazioni di ricerca più distanti dal vostro campo (non parla l'italiano e a quanto pare nemmeno l'inglese, accidenti a lui), ma non è ancora tornato e non si vede ancora. Speriamo non sia successo niente ne a lui, ne al fuoristrada. Restare lì isolata e senza auto sarebbe il massimo, una vera botta di c...
Prova a sorridere senza riuscirci e del resto, da quando sei arrivata in questo paese, tutto sembra marciare sul binario sbagliato. Eri scappata dall'Italia per dire addio a certe situazioni e a certe persone, ma anche qua, a migliaia di chilometri da casa, le cose non sembrano essere molto migliorate.
Appena scesa dall'aereo c'era stata la notte all'hotel ed il tuo incontro con quella persona, con quell'Alberto o come diavolo si chiamava e dopo c'era stato quello spettacolo serale con lui al centro di tutto, immerso in una situazione che ti aveva riportato la mente a un passato che speravi di aver sepolto una volta per tutte. In Italia, ai tempi dell'università, avevi vissuto per un certo periodo di tempo con un uomo che si professava e definiva Dominante e avevi dovuto imparare, tuo malgrado, a convivere con corde e con torture. Amavi quell'uomo o forse amavi il carisma che emanava o forse semplicemente avevi paura di rimanere sola e senza un compagno, ma avevi dovuto lasciarlo quando Carlo (così si chiamava) aveva iniziato a perdere il controllo e ad importi legature e trattamenti sempre più severi e prolungati.
Certo, ora tutto era migliorato per te. Ti eri laureata ed eri diventata geologa, avevi trovato il lavoro, tutti ti chiamavano dottoressa.. Ed ora, dopo il lavoro, ti ritrovavi in mezzo al nulla, costretta a un isolamento forzato in mezzo al deserto, in compagnia di un uomo che non diceva una parola che fosse una se non era strettamente collegata al lavoro o alle necessità quotidiane, obbligata alla solitudine estrema e con un cellulare che non prendeva da nessuna parte, con giornate di lavoro pesanti e infinite e con serate ancora più lunghe e passate al buio davanti al computer come se fosse un moderno focolare.
Beh, almeno è trascorsa una settimana e ormai sei alla metà della tua permanenza in Dubai. Tra sette giorni tornerai in città e da li ti trasferirai in un altra destinazione per altri quindici giorni di lavoro sul campo. Di una sola cosa sei certa però: qualunque sarà la sua destinazione futura non potrà essere peggiore di questa. Qua ti senti in prigione, isolata e ai lavori forzati, senza nemmeno la possibilità di ...
La porta della baracca si spalanca all'improvviso e sbatte così violentemente contro la parete che si va a staccare dai cardini per finire rumorosamente a terra. Urli spaventata e scatti in piedi, ma intanto stanno entrando quattro uomini armati e a viso coperto che iniziano a gridare e a brandire minacciosi i loro fucili automatici. Resti paralizzata dal terrore e vorrebbe poter scivolare sul pavimento e scomparire nel nulla, ma invece vieni afferrata per un braccio e trascinata fuori con violenza.
Fa freddo nella luce ormai fioca del tramonto. Forse è la temperatura che si è effettivamente abbassata o forse più semplicemente è la paura che ora ti sta attanagliando le viscere, ma adesso, in bermuda e canottiera, senti un freddo maledetto e non riesci a non battere i denti in modo incontrollato.
"Sono italiana, lavoro per la mia società, ho un permesso regol ..."
Una raffica di mitra sparata in aria da il via a una serie di spari e la notte si riempe improvvisamente di rumori e fiammate. Inizi a tremare mentre lentamente alzi le mani in alto e ti senti il cuore che pulsa a mille all'ora, ma poi qualcuno ti afferra da dietro per il collo e ti trascina fino a farti appoggiare il viso contro la parete di gelida lamiera della baracca.
"Sei italiana?"
Sentire la sua lingua anche se storpiata orribilmente dopo una settimana ti farebbe un piacere infinito se la persona che ti sta parlando non fosse armata e maledettamente pericolosa. Annuisci però e poi provi a girarti verso di lui per tentare di parlargli con calma, ma al tuo movimento l'uomo ricomincia a sparare colpi in aria.
"In ginocchio, mani dietro alla testa e zitta. Hai capito tutto?"
Obbedisci senza fiatare ed esegui quegli ordini perentori, ma poi scoppi a piangere ed inizi a premere il viso contro la parete con forza, quasi con rabbia. Ecco, hai fatto migliaia di chilometri per poter lavorare e ti ritrovi a finire così la sua vita, per mano di un infame terrorista islamico o di un semplice delinquente o di chissà chi altro ancora. Senti che gli altri uomini stanno mettendo a soqquadro la baracca: mobili e cassetti vengono rovesciati, gli infissi divelti, i materassi ed i cuscini sventrati. Lavorano in modo frenetico ed intanto parlano tra loro ad alta voce, urlano, imprecano: sembra che stanno cercando qualcosa che non riescono a trovare e questa cosa li sta facendo decisamente innervosire.
"American? Are you american?"
Un altro uomo si è venuto a sistemare dietro di te e ti senti premere qualcosa di metallico contro la nuca e capisci subito che deve essere la canna di un arma da fuoco e questa consapevolezza non può che farti pensare che stai per morire. Soffochi le lacrime che ti salgono agli occhi e cerchi di parlare e di farti capire anche se fatichi a trovare il fiato ed il coraggio per farlo.
"No, no. I'm not american, I'm Italian.. Italiana, friend, peace, non America, not american, not ..."
Senti di nuovo sparare in aria e ti zittisci subito. Dentro di te emerge il ricordo ormai lontano di una preghiera che recitavi quando eri una bambina ed inizi a recitarla.. Pregare.. Una cosa che non facevi da anni ormai. Non ricordi più tutte le parole e tutti i versi di quella preghiera, ti sforzi di riuscirci senza alcun risultato e alla fine i tuoi nervi cedono ed inizi a piangere e a singhiozzare e poi..
Ti senti afferrare i polsi, tirarli dietro alla schiena e poi legarli strettamente insieme. Senti una corda ruvida morderti la carne dei polsi e le mani contrarsi di conseguenza, senti un dolore forte e allora ti lamenti con un filo di voce per poi morderti subito le labbra a sangue. Lamentarti potrebbe essere una cosa piacevole per i suoi aguzzini, potrebbero godere del tuo dolore e della tua paura ed allora è meglio tacere..
Ora qualcuno ti sta infilando in bocca uno straccio che poi blocca con uno spezzone di corda che ti passa diverse volte tra i denti prima di annodarlo saldamente sulla nuca. Sospiri cercando di respirare meglio che puoi e intanto ti infilano sulla testa un cappuccio nero. Da una parte tutto questo ti sta terrorizzando, ma dall'altra.. Stanno usando troppa cura con te con il bavaglio ed il cappuccio e forse questa cosa vuole dire che non morirai o perlomeno non subito. Ti concentri solo sullo straccio che hai in bocca che ha un gusto terribile di sudore e ti fa venire il vomito e su quel cappuccio che ti soffoca, ma poi viene rudemente messa in piedi e trasportata di peso per qualche metro. Ti gettano sul fondo di un veicolo e li cadi pesantemente su un fianco sbattendo la spalla e la testa sulla lamiera del pavimento. Ti senti venire meno e per un secondo pensi che stai per perdere i sensi, ma poi delle mani ruvide ti tolgono le scarpe ed i calzini e dopo ti legano strettamente caviglie e cosce. Qualcuno ride e intanto senti salire sul veicolo altri uomini che si sistemano accanto a te. Te cerchi una posizione più comoda mentre gli uomini si sistemano a loro volta e poi il veicolo parte sgommando.
Dentro di te si scatena in tourbillon di emozioni e di sensazioni forti. Inizi ad ansimare, sospirare, pregare, bestemmiare.. Ma inizi soprattutto a piangere ed a singhiozzare, il petto che sussulta scosso dai singhiozzi è dalla paura per la situazione in cui si trovi.
Dove ti stanno portando? Cosa vogliono da te, chi sono questi uomini, perché ti hanno rapita?
.. E soprattutto quale sarà il tuo destino adesso? ..
