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CAPITOLO CINQUE

John parcheggia la macchina accanto a quella delle ragazze che ci stanno già aspettando fuori dall’auto con la sigaretta in mano.

«Finalmente!» sbuffa Caroline, dandoci le spalle per chiudere a chiave la macchina.

«Non mi sembra di essere in ritardo…» John le guarda, ma loro non dicono nulla e dopo aver spento le sigarette ci avviamo all’entrata del Piper, la discoteca più grande nelle vicinanze.

Hanna mi si affianca subito, sorridendo e mettendo la mano sul mio braccio. Faccio finta di niente, non le dico di allontanarsi né di non attaccarsi così a me, mentre John si volta e mi scocca un’occhiata da Te lo avevo detto.

Spero solo che una volta dentro il locale trovi un altro scoglio a cui attaccarsi.

Mi volto e lei mi sorride subito come se stesse aspettando che la guardassi. Accenno un sorriso ed entriamo in discoteca. Pago anche per lei che mi ringrazia con troppo calore e mi si attacca ancora di più.

Perfetto, penso, sbuffando e alzando gli occhi al soffitto. Non mi libererò mai di lei.

La musica ci avvolge, le persone ballano, si spingono, saltano; ci facciamo spazio immergendoci nella pista affollata e subito Eddy mi afferra per un braccio trascinandomi da una parte.

Hanna sbuffa, mettendo subito il broncio e fulminando me e Eddy con un’occhiataccia che, se avesse potuto, ci avrebbe ucciso entrambi seduta stante.

«Eddy» grido cercando di sovrastare la musica, senza successo, così tocco la spalla del mio amico che si volta e si avvicina parlandomi all’orecchio.

«Quella sanguisuga mi sta un po’ sulle palle» ammette.

«Quindi mi hai trascinato qui solo per questo? Per allontanarmi da lei?» domando, non bevendomi la sua giustificazione.

Eddy si gratta la testa, forse cercando le parole adatte per dirmelo, ma perdo la pazienza e quando mi volto per andare via mi blocco come se qualcuno mi avesse dato un pugno sullo stomaco, in faccia, dappertutto, facendomi male. Facendomi mancare il respiro.

Jennifer.

Guardo il ragazzo accanto a lei, corpo a corpo, che l’accarezza e si struscia. Lei si volta verso di lui, gli sorride, accarezzandolo sulla guancia col dorso della mano, in un gesto intimo e poi lo bacia con passione.

È come se tutto, ora, intorno a me si fosse fermato. Come se solo ora realizzassi che Jennifer non sarà mai mia.

Mi faccio largo tra le persone, spingo, sgomito, come se da un momento all’altro la mia riserva di ossigeno si stesse per esaurire.

HO BISOGNO DI RESPIRARE.

Appena metto piede fuori dal locale, il freddo pungente della notte mi sferza il viso. Faccio qualche passo e poi mi chino in avanti, poggiando le mani sulle ginocchia.

Non è mia.

Non sarà mai mia.

Me lo ripeto mentalmente, in continuazione. Questa frase, ormai, è diventata la mia preghiera. Non so com’è il sapore delle sue labbra, il profumo della sua pelle. Non so com’è stringerla tra le braccia, eppure sento di averla persa.

«Ehi…» La voce di Hanna mi riporta alla realtà. Sollevo il viso, incrociando il suo sguardo.

Ha gli occhi azzurri come il cielo limpido e i capelli sono fili biondi, cascate di boccoli dorati che le incorniciano il volto.

Si stringe le braccia al corpo per colpa del freddo, così mi avvicino a lei e le cedo la mia giacca posandogliela sulle spalle.

«Grazie» sussurra arrossendo.

Non rispondo, mi limito a guardarla. Le osservo le labbra a forma di cuore tinte di rosso per l’occasione e allungo una mano sul suo volto.

È SBAGLIATO.

È tutto sbagliato, eppure non riesco a fermare la mano che si posa sul suo viso, mentre lei sta immobile, la bocca socchiusa come per dire qualcosa, ma non lo fa. Aspetta la mia prossima mossa.

Le accarezzo le labbra rosse con il pollice e lei schiude ancora di più la bocca e la sua lingua accarezza piano il mio dito. Poi mi succhia il pollice, senza mai distogliere gli occhi dai miei.

DEVO ANDARE VIA.

DEVO ALLONTANARMI SUBITO DA LEI.

Invece le afferro il viso e la bacio.

Mi sento uno stronzo perché la sto illudendo, ma in questo momento il mio bisogno di colmare il vuoto che Jennifer lascia ogni giorno della mia misera esistenza è più forte.

Risponde al bacio, come se non avesse mai desiderato altro e io la stringo a me per farle sentire quanto la desidero, anche se in realtà il mio pensiero va sempre a Jennifer.

Ed è a lei che penso in questo istante.

È lei che penso di baciare.

È lei che penso di stringere forte tra le mie braccia.

È lei che mi bacia con trasporto.

È lei.

Mi stacco un attimo da Hanna per perdermi ancora in quegli occhi azzurri così simili a quelli di Jennifer. E forse è lei che vedo ora, qui, davanti a me, con le labbra rosse e gonfie per via del bacio o forse sono io che la voglio così tanto da farmi venire le allucinazioni.

Le afferro una mano, trascinandola verso la macchina di John che provo ad aprire senza successo.

Hanna mi molla la mano e mi volto per vedere cosa vuole fare. Forse vuole colpirmi e avrebbe tutte le ragioni del mondo per farlo, invece, tira fuori dalla sua mini borsetta delle chiavi.

«Sono le chiavi della macchina di Caroline» spiega, come se dovesse giustificarsi con me.

Se solo sapesse che le mie intenzioni sono solo quelle di poter entrare dentro di lei e basta, quelle chiavi me le tirerebbe dietro.

Ci avviciniamo alla macchina di Caroline, mi passa le chiavi e apro gli sportelli posteriori. L’interno dell’auto profuma di un aroma fruttato, quasi stucchevole, ma poi Hanna si siede accanto a me, timida come non l’avevo mai vista. Allora decido di riprendere da dove avevamo lasciato.

La faccio spostare al centro e mi posiziono poco sopra di lei, guardandola negli occhi mentre le mie mani si intrufolano sotto al suo vestito, con le dita afferro le mutandine che inizio a sfilare lentamente mentre mi avvento sulla sua bocca con un bisogno irrefrenabile di assaggiare ancora il suo sapore di menta.

Sfilo le mutandine e mi siedo accanto a lei, mentre le nostre bocche continuano a cercarsi.

Sbottono i jeans e li abbasso insieme ai boxer, tirando fuori il membro duro e rigido che lei afferra subito nella sua mano, facendomi sfuggire un gemito di piacere sulla sua bocca.

La mia mano le accarezza la coscia fino ad arrivare al centro del suo piacere. Ansima non appena le mie dita accarezzano il suo sesso caldo e così decido di spingermi oltre entrando in lei con due dita.

Trattiene il respiro mentre inizio a muovere piano le dita sentendola sempre più calda. Geme a un soffio dalla mia bocca e aumento il ritmo. Muove piano il bacino, tenendomi stretto per il polso con una mano, mentre con l’altra continua ad accarezzare il mio membro, poi mi fa sfilare la mano e vedo che inchina la testa, accogliendo la mia erezione nella sua bocca.

Gioca con la lingua sulla cappella, facendomi eccitare ancora di più. Succhia, stuzzica con i denti, mi accarezza con mani delicate poi si stacca ancora da me, solleva il vestito, si volta, fruga nella sua borsetta e poi strappa un involucro coi denti. Ritorna da me, infilandomi il condom e poi si posiziona a cavalcioni sopra, mi guarda negli occhi mentre lentamente entro dentro di lei.

Le abbasso una spallina del vestito, baciandole la spalla nuda, poi mordo piano la sua pelle mentre lei inizia a muoversi su e giù, sopra di me. Abbasso anche l’altra spallina e lecco il suo collo. Lei inclina la testa come per dirmi di non smettere e, preso dal momento e dall’eccitazione, abbasso il suo abito fin sotto il seno.

Stuzzico i capezzoli con le dita, accarezzo, tiro piano, mentre le mordicchio il lobo dell’orecchio.

Hanna si aggrappa a me, sento le sue unghie graffiarmi la pelle e i suoi gemiti farsi sempre più acuti.

Le mie mani passano dai suoi seni, percorrendo il suo corpo, fino al suo sedere sodo che stringo, mentre la mia bocca e la mia lingua torturano i suoi capezzoli turgidi e rosei.

«Oh, Ben» ansima, tirandomi i capelli e più lei gode più mi spingo dentro di lei.

Chissà se fare l’amore con Jennifer è così o più eccitante.

Chissà com’è il suo corpo nudo.

Penso a lei mentre sento l’orgasmo arrivare ed esplodere. Stringo più forte le mani sul suo sedere e mi spingo ancora più in fondo poi poso la fronte sulla sua, respirando affannosamente, come dopo aver fatto una corsa. Lei non si muove, così sollevo lo sguardo. «Sei venuta?» le chiedo.

Annuisce in silenzio e senza dire nulla la sollevo, spostandomi un poco e sfilandomi il preservativo.

Hanna mi passa un fazzoletto dove avvolgo il condom usato.

«Lo butti tu?» chiedo ancora e lei, come poco fa, annuisce senza emettere parola.

Afferro la mia giacca, dopo essermi pulito e risistemato ed esco dalla macchina senza dirle nulla.

Sono uno stronzo lo so, ma non posso illuderla ancora.

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