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La Biondina 3° Cap.

Depravazione e punizione

Stavo impazzendo, il mio cane mi stava leccando la fica e io glielo lasciavo fare, invece di provare disgusto mi piaceva in maniera vergognosa.

Iniziai a strizzarmi le tette spingendo in fuori il bacino, non volevo che perdesse una sola goccia del mio nettare caldo. Inarcai la schiena per offrirmi meglio, oscena e aperta a quel bacio animalesco.

Immaginavo il suo piacere nell'avere la bocca piena del mio sapore: un gusto che conoscevo bene dato che mi masturbavo quasi ogni giorno, ed ero grata alla natura per avermi fatta, laggiù, così buona e sapida.

Pensavo che se risultavo tanto desiderabile alla lingua di un cane, sarei stata irresistibile, in futuro, alle brame d'una bocca d'uomo.

Mi accorsi che Devil non apprezzava unicamente il mio sapore: infatti vidi che dalla guaina sul ventre, faceva capolino la testa rossa del suo sesso in erezione.

Gli era venuto duro e si mostrava nella sua voluminosa estensione.

L'idea che si eccitasse sessualmente nel leccarmi mi accecò di libidine.

Essere desiderata dal cane era un'esperienza prodigiosa, ebbe su di me un effetto afrodisiaco sconvolgente.

Chiusi gli occhi e immaginai quel sesso vermiglio e superbo che mi penetrava da dietro.

Assaltandomi come avrebbe fatto con una cagna in estro, slabbrandomi la fica con le sue penetrazioni martellanti e inesorabili: ero sul punto di urlare per una vertigine di voluttuosa lascivia.

Sul tavolino accanto alla poltrona su cui giacevo, c'era ancora la bottiglietta vuota dell'aranciata amara che avevo bevuta prima d'iniziare la lettura del libro.

Era una di quelle bottigliette con il corpo a forma di pera e il collo assai allungato, che ricordava l'enteroclisma in gomma con cui, mia madre, mi praticava clisteri quando non andavo regolarmente di corpo.

Colta da quella spasmodica frenesia erotica, afferrai la bottiglietta: la umettai con molta saliva, e passandola sotto le natiche, portai l'apice della stessa alla soglia del mio orifizio, anale.

Lentamente affondai il collo oblungo della bottiglietta nello sfintere, fino al punto in cui la circonferenza crescente impediva di spingerlo più a fondo.

Quella sorta di dildo improvvisato, che maneggiavo dilatandomi il buchetto del culo, mentre Devil mi leccava la figa, mi dava sensazioni perverse inimmaginabili, mi sentivo porca come mai avrei creduto.

Con la mano libera mi pinzai i capezzoli tra le dita, torcendoli con forza, per farmi male, per punirmi della mia lussuria dissoluta.

Volevo soffrire per espiare, ma Devil accelerò i colpi di lingua seviziandomi il clitoride e me ne venni, scossa da un orgasmo devastante. Mi accasciai sfinita sulla poltrona, ansante e col cuore in tumulto.

Strinsi stretta le cosce per prolungare l'orgasmo, abbracciai Devil stringendolo forte a me: lui mi leccò con gratitudine il viso.

Oh! No! Professore. - invocai - Non mi chieda una cosa tanto depravata. Mi vergognerei troppo. La scongiuro, non me lo faccia fare.

Parlando continuavo a sfregare il glande di quel pene bestiale sulle labbra della fica: il liquido che colava dall'uretra aveva allagato i riccioli del pube, la paglia su cui giacevo era zuppa di secrezioni.

Pensare di portare alla bocca quella cappella enorme e bitorzoluta, mi provocava un senso di repulsione misto a una malsana tentazione che tentavo di scacciare dalla mente.

L'odore dell'animale infoiato era persistente, soffocante come l'aria della stalla, che si era fatta più densa e calda.

La caligine umida dell'ambiente mi ricopriva la pelle come un velo palpabile e odoroso di sesso.

La mia riluttanza a quella richiesta non piacque a Rinoldi.

Fino a ora avevo acconsentito a soddisfare ogni sua richiesta e questo improvviso diniego lo infastidiva.

Evidentemente non era abituato a ricevere resistenze o rifiuti alle sue richieste.

Vidi che si rabbuiava in viso, lo sguardo diveniva duro, e il tono fino a quel momento suadente assunse una freddezza risentita.

- Non fare la schizzinosa signorina. Ricordati che non siamo qui per il tuo piacere. Ma abbiamo un compito da svolgere.

Così dicendo mi colpì un seno con una sberla secca e dolorosa.

Emisi un gemito, cercai di articolare una protesta, ma lui non me ne lasciò il tempo: una seconda sberla mi fece sobbalzare l'altro seno.

Forse fu la sorpresa, o il fatto che quei colpi non fossero realmente dolorosi, ma solo umilianti, che un brivido mi provocò una sferzata calda al basso ventre e i capezzoli si inturgidirono nuovamente fino a dolermi.

- Allora puttanella, sappi che, se non sarai obbediente e sollecita nel fare quanto richiesto, sarò costretto a punirti: non ti permetterò di godere, e non ti sarà consentito di liberarti della pipì come avevi richiesto.

Oh... Professore, non sia così cattivo, è una cosa troppo sudicia quella che mi chiede. La prego, non può punirmi così. Guardi in che condizioni versa la ma topina: è completamente fradicia di voglia.

Con tono singhiozzante continuai: - Ho tanto bisogno di sfogarmi, sto soffrendo molto, mi creda. Lo stimolo della pipì è davvero forte, mi è difficile trattenerlo.

Mente lo imploravo, infatti, un piccolo fiotto d'urina era sfuggito dall'orifizio della mia vagina, colando fra gli altri umori sotto le mie natiche.

- Piccola sporcacciona disubbidiente. La stai facendo nonostante la mia proibizione. Ora sarò davvero costretto a punire la tua insolenza.

Era decisamente alterato, il viso si era acceso di collera e gli occhi erano del colore che annunciava tempesta.

Non riuscivo a reggere quello sguardo irato, mi sentivo in colpa, intimorita e senza la volontà di fare un movimento: serrai gli occhi, come un cucciolo che subisca una sgridata.

- Apri bene le cosce e metti le mani dietro la testa. - sentì ordinare con autorità.

Eseguendo riaprì gli occhi: Rinoldi in piedi mi sovrastava con la sua alta figura; il sesso eretto spuntava imponente dai pantaloni.

Aveva un aria volitiva e determinata: nella sua mano era comparso il frustino da dressage.

Iniziò a farlo schioccare, fendendo l'aria con colpi a vuoto, come se calibrasse la forza delle scudisciate che intendeva infliggermi.

Compresi che mi avrebbe fustigata, gocce di sudore mi imperlarono il corpo: con le reni arcuate, il bacino proteso all'insù e le tette che si offrivano indifese mentre fremevo nell'attesa del castigo, chiusi nuovamente gli occhi, irrigidendomi piena di tensione.

- Non mi faccia male professore. Lo so che sono una piccola viziosa ed è giusto che mi castighi. Ma sia clemente nel colpire, la prego.

- Taci troietta, so ben io come si educa una piccola cagnetta vogliosa come te.

Iniziò a colpirmi i seni con colpi rapidi ma senza grande violenza: abilmente centrava i capezzoli già infiammati dal protratto turgore.

A ogni schiocco mi sfuggiva un gemito e lampi rossi mi riempivano la mente nel buio degli occhi serrati.

Quei colpi facevano un male caldo, infatti i capezzoli si indurivano procurando un piacere snervante: avrei voluto che me li mordesse e succhiasse con foga dopo ogni colpo.

La punizione non faceva decrescere la mia voglia.

Stavo con le gambe spalancate, fradicia, tutta aperta e pulsante, così lui prese scudisciarmi la fica, mi colpiva le grandi labbra e il clitoride, producendo un rumore umido e sconcio.

A ogni colpo ansimavo a bocca spalancata, ma non era per il dolore: quei colpi erano come quando il cazzo ti batte in fondo alla vagina e a ogni colpo sei più vicina all'orgasmo.

Era così infatti, mi sentivo prossima a esplodere, stavo per venire.

Aumentava anche lo stimolo a fare pipì e quei colpi lo facevano crescere con un'urgenza incontenibile.

Rinoldi cambiò modalità, prese a strusciare lentamente la cima del frustino sul clitoride, mi carezzava delicatamente, inzuppando il cuoio dello staffile nel mio succo caldo per poi colpirmi all'improvviso: era una tortura dolce e devastante

.- Lo vuoi il mio cazzo puttanella? - Chiese insinuante.

- Ho... Sì. La prego, me lo dia. Mi sfondi col suo grosso cazzo. Ho tanta voglia professore.

Scopi la sua alunna la riempia tutta.

Si inginocchiò davanti a me tenendo il sesso in mano. Attesi ansiosa di sentire quella grossa verga, trapuntata di vene gonfie e azzurre, slabbrami la fica.

Ma lui puntò la cappella sul buchetto del culo e con un affondo di reni mi sprofondò nel budello.

Lo sentì scivolare dentro con facilità, quasi risucchiato, i liquidi abbondanti che avevo tra le natiche favorirono al meglio la penetrazione, affondò tutto fino a toccare col pube la soglia del mio sfintere.

Mi mancò il respiro per quanto era grosso e potente, annaspai cercando l'aria.

Lui prese a muoversi con lenta determinazione, ruotava il bacino per dilatarmi l'ano allo spasmo, un rumore liquido e impudico accompagnava quella penetrazione.

- Ti piace che ti fotta così il culo, vero maialina? -

- Sii! Mi piace molto professore. È così grosso e forte, sto impazzendo. Non smetta, la prego. Spinga tutto dentro, più forte.

Deliravo senza ritegno, spingevo il bacino verso il suo sesso per accoglierlo maggiormente, me ne sentivo piena fino in gola.

Mi sentivo una troia senza più limiti né dignità di donna, ero una bestiola famelica di piacere, disciolta in un brodo di secrezioni vischiose e bollenti.

Volevo raggiungere l'orgasmo e svuotarmi la vescica orinando sul quel cazzo inghiottito dal mio culo.

- Allora se vuoi che continui, ora prendi in bocca il cazzo del cavallo. Voglio che lo spompini mentre ti inculo piccola porcella.

Che porco sconvolgente era quest'uomo: sapeva bene come ottenere ciò che voleva.

Vincendo ogni riluttanza, contro ogni mio residuo morale e di pudicizia, presi il sesso di Luky e lo portai alle labbra.

Nel leccarlo imprimevo alla la lingua l'identico ritmo degli affondi di Rinoldi dentro il mio ano.

Dopo alcuni tentativi mi ritrovai a praticare al cavallo la stessa cura che impiegavo nella fellatio eseguita a un uomo.

Insinuai la punta della lingua nel buchetto dall'uretra dello stallone, raccolsi i suoi umori: il sapore non era dissimile da quello dello sperma umano e a quello ero abituata, quindi non mi risultò ripugnante.

Accompagnavo quel pompino con la carezza delle mani, reggendo l'asta che aveva scatti mobili e improvvisi: Luky gradiva molto la mia bocca e mi colmava la lingua di secrezioni cremose.

Rinoldi appariva molto entusiasta della mia prestazione, aveva sul volto una gioiosa, mefistofelica, espressione soddisfatta.

- Brava la mia puttanella, che sa fare i pompini anche ai cavalli. Ti piace molto essere inculata così, mentre lecchi il cazzo a Luky. Confessalo?

- Ohh! Sììì! Professore, sia lei che Luky avete dei cazzi magnifici. Continui a slabbrami il buchetto del culo. Non si fermi, la prego.

Infine Rinoldi diede un colpo più violento e io esplosi nell'orgasmo.

Urlai per il piacere fortissimo che mi investiva il basso ventre e la mente, il mio urlo fu smorzato dai sussulti del cazzo di Rinoldi nel mio intestino.

Veniva nel mio retto, riempiendomi con un clistere di sperma caldo.

Nello stesso momento il sesso di Luky, come un enorme anguilla viva, si irrigidiva con uno spasmo, e in quella il mio viso fu travolto da uno scroscio inarrestabile di sperma che mi tolse il fiato.

Venni interamente lavata su tutto il corpo: mi parve d'annegare.

Nel dibattermi per cercare respiro, mi risveglia di colpo: sudata fradicia e con la fica grondante.

Ero arrapata come una cagna in calore e sentivo la vescica prossima a esplodere.

Corsi al bagno e sulla tazza presi a orinare con schizzi violenti, quasi dolorosi, ero ancora piena di voglia.

Allora affondai le dita nella carne frolla della fica e ce le pompai dentro giunte a cono.

Lo feci mentre svuotavo la vescica inondandomi la mano di orina fino al polso.

Diedi degli affondi violenti: a occhi chiusi rivedevo il cazzo del mio professore, immaginavo che il mio pugno fosse la cappella turgida di quel sesso di animale che avevo così tanto leccato.

Venni tra i miei liquidi intimi, mordendomi la mano libera per non urlare a squarciagola tutto il mio piacere.

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