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La Biondina 2° Cap.

Una tentazione perversa

Rinoldi mi scostò le mutandine, le fece scivolare lungo le cosce, si fermarono ai miei piedi facendo mucchio sulla gonna.

- Apri le gambe troietta, che voglio sentire quanto sei calda lì in mezzo.

Eseguì l'ordine, le divaricai per permettergli di toccarmi: sentivo pulsare la fica, mentre il liquido sieroso e caldo mi colava all'interno delle cosce.

Le sue dita si fecero strada tra le grandi labbra, allargando e cercando la fessura morbida del mio sesso: introdusse quatto dita unite a cono, iniziando a penetrarmi per poi uscire, con un movimento lento e ritmato.

- Ohh...Professore, la prego non smetta. - l'implorazione mi sfuggì dalle labbra come una preghiera febbrile.

Gli stavo inondando la mano, si udiva il rumore liquido del mio sesso fradicio che si dilatava nell'affondo delle sue dita.

- Ti piace puttanella? - la sua voce bassa e conturbante era un tormento incandescente.

- Ohh...Sì professore, mi piace molto. Infili tutta la mano, continui la prego.

Ero in pieno delirio, volevo che quelle dita mi slabbrassero a dismisura la fica: mi sentivo porca come non avrei mai creduto. Non volevo che smettesse.

- Ora porcellina dobbiamo pensare anche a Luky. Ricordi perché siamo qui vero? -

- Si professore, certo. Ma cosa possiamo fare? Me lo indichi per favore.

La sua bocca mi mangiava i capezzoli, leccava e succhiava con foga, li mordicchiava colmandoli di saliva vischiosa.

Mentre la mano, inarrestabile, sprofondava nella mia morbidezza sfatta.

- Brava, la mia troietta piena di voglia. Ora porta la mano sotto la pancia di Luky e carezzalo lì sotto.

- Oddio, no. Questo no. Non può chiedermelo professore. Toccarlo laggiù mi fa troppa impressione. -

- Su, non fare la sciocchina. Solo una carezza per rilassare Luky. Vedrai che ti piacerà, fallo dai.

Alle dita nella fica, aveva aggiunto la pressione del pollice sul buchetto dell'ano, umettando la rosetta bruna con le secrezioni cremose rilasciate del mio sesso. Il suo pollice, ben lubrificato, scivolò dentro lo sfintere come un biscotto nel budino.

Iniziò a scoparmi la figa e il culo insieme, con le dita della mano.

Emisi un guaito lascivo. Che porco meraviglioso era il proffessor Rinoldi. Ripensai a quante volte avevo sognato di divenire una cagnetta obbediente e piena di voglia nelle sue mani.

Ora stava accadendo ed era meraviglioso.

Desideravo solo che mi facesse cose sconce, usandomi come una puttana, che mi farcisse la bocca di sperma caldo.

Portai, esitante, la mano sotto lo scroto della bestia: possedeva testicoli grossi come piccoli meloni, iniziai a carezzarli come si fa con la testa di un bimbo.

- Brava, continua così, vedi che a Luky piace molto. - nel parlare le sue dita stringevano la nocciola tumida del mio clitoride.

Giocava con perversa abilità, tormentando quella piccola protuberanza di carne, così eretta e sensibile.

I polpastrelli scivolavano, in quella presa sdrucciolevole di umori, dandomi scosse di piacere tanto intense da farmi cedere le gambe.

Gustando la carezza della mia mano, la carne di Luky parve animarsi in un graduale risveglio: la pelle spessa del sesso prese a distendere le rughe minute che lo rivestivano.

La verga sollecitata si gonfiava e cresceva di dimensione tra le mie dita.

Assistevo quasi sgomenta a quel miracolo: il glande, di un vivido rosa carnicino, si affacciava provocante da quella gomena scura, già potevo vedere il luccichio perlato di umori, sorgere dall'uretra come piccole lacrime.

Attimo dopo attimo veniva alla luce l'escrescenza carnosa candida di quel sesso smisurato, impossibile cingerne interamente il diametro col cerchio delle dita.

- Fai scorrere la mano lungo l'asta: prendilo con entrambe le mani se una non ti basta. - mi incitò il professore, vedendo la difficoltà che avevo nel maneggiare quel grosso sesso inalberato.

Tentai di eseguire quell'esortazione, ma non era facile: il cazzo della bestia si inarcava, pareva una grossa serpe innervata e potente, che volesse sgusciare per sfuggire alla cattura.

Con fatica cercavo di compiere quella carezza sull'estensione del pene, che aveva raggiunto la considerevole misura di oltre sessanta centimetri di estensione.

La difficoltà stava nel fatto che le mani non riuscivano a scorrere con la dovuta scioltezza, poiché la pelle, pur essendo idratata, non risultava scivolosa a sufficienza.

Vedendo la laboriosità della mia azione, Rinoldi, sicuramente avvezzo all'addestrare in quel genere di turpitudini qualche promettente allieva che mi aveva preceduta, disse: - Se vuoi che scivolino con facilità, devi lubrificarti le mani. - notando la mia espressione dubbiosa, proseguì:

- Raccogli un poco del liquido dalla punta del glande del cavallo, con quella spalmata nei palmi ti sarà più semplice masturbarlo. Prova!

Seguì l'indicazione: portai le mani alla sommità del fallo e concentrai la carezza, plasmando la carne spugnosa della cappella.

La risposta fu immediata: piccoli fiotti di liquido pre-spermatico mi irrorarono le mani, con quella materia filante e viscida ripresi a carezzare lo stallone.

Rinoldi alle mie spalle, si inginocchiò e facendomi leggermente piegare in avanti, ottenne che le mie natiche e lo spacco rorido della figa si proiettassero all'infuori, totalmente esposte alla luce del suo viso.

Quindi usando le mani divaricò lo spazio tra i glutei e ci pose la bocca, labbra bollenti e voraci, si impossessarono del mo sesso.

Iniziò a leccarmi soavemente, scivolando con insinuanti colpi di lingua lungo la fenditura bollente del mio sesso: lo faceva con lentezza esasperante, intervallata a frullate sapienti e veloci della lingua.

L'affondava nelle mucose palpitanti, poi la ritraeva lasciandomi in balia della ventosa delle labbra che risucchiavano con ingordigia la carne e i liquidi che rilasciavo.

Non mi lasciava tregua, instancabile ripeteva lo stesso gioco più in alto: penetrando a fondo, con la punta mobile della lingua, l'orifizio anale.

Volevo urlare, ma dalla mia gola usciva solo un sospiro lamentoso, stelline incandescenti si affollavano nel campo visivo, il piacere mi confondeva la vista. Aggrappata al sesso del cavallo, cercavo un equilibrio instabile, allargando quanto potevo le cosce per favorire quel supplizio di piacere sconvolgente.

Mi sentivo molle come pasta frolla, mi bagnavo come una cagna in calore, l'urgenza del piacere si mescolava ora a quella impellente d'orinare, implorai un attimo di tregua per prendere respiro.

- Professore, la prego. Ho la vescica gonfia, mi scappa la pipì. - dissi tutto d'un fiato.

- Non ora troietta, la farai più tardi quando avremo finito. - decretò senza appello Rinoldi.

- Sia buono, abbia pietà. Mi conceda qualche attimo per liberami. Sento che potrei farmela addosso da un momento all'altro.-

A quella invocazione smise ciò che stava facendo, si allontanò lasciandomi sola accanto al cavallo, fradicia e tremante come avessi la febbre.

Poco distante, in un angolo del box, giaceva una balla di fieno, come quello presente nelle mangiatoie, alta una sessantina di centimetri.

La prese, per poi disporla ai miei piedi affiancata alla bestia.

- Stenditi qui sopra e divarica le cosce. - ordinò, col sorriso ambiguo e sicuro di chi ha in mente un progetto definito.

Mi stesi supina sul quel materasso di fieno secco, le pagliuzze solleticavano e pungevano la pelle nuda della schiena, allargai le cosce flettendo le ginocchia, mi venne in mente la posizione di una rana sul tavolo, nella lezione di osservazione scientifica.

- Ora mia piccola puttanella, prendi in mano il glande di Luky e struscialo su quella bella fica brodosa. Voglio che ti masturbi col sesso del cavallo.

- Oh! No! Professore, non me lo chieda, mi riempirà la topina di quel liquido appiccicoso che gli gocciola dal sesso, sarebbe disgustoso. -

- Taci, piccola pervertita! Sappiamo entrambi che queste cose sudicie ti piace farle a dismisura. Sei perversa fino al midollo, ma vuoi mentire a te stessa, negando di desiderarle.

Era alto e imponente, attraente, con una mascolinità da dio greco, era nato per dominare una donna e lo sapeva.

Mentre diceva queste cose, iniziò a sbottonare la patta dei pantaloni da equitazione che portava: finalmente mi avrebbe mostrato quel membro duro che gli vedevo tendere la stoffa della braga.

Una nuova esplosione di calore si allargò nel mio basso ventre, miele fuso inzuppò il fieno sotto le mie reni.

Rinoldi aveva un sesso turgido, paonazzo di vene gonfie, animalesco nella dimensione, teso come una stele di roccia.

Stregata da quella visione, iniziai a piena mano a strusciare la cappella del cavallo sulla fica spalancata.

- Brava troietta, fagli sentire quanto lo desideri, Luky smania dalla voglia di sborrarti sulla la figa, guarda come te la sta inondando di secrezioni.

- Mmmh... Si! Professore, ho voglia dei vostri cazzi. Voglio che mi riempiate i buchi. Continui la prego.

Lui si accostò al mio viso tenendo in mano il sesso, tenendomi la testa lo avvicinò alla mia bocca.

- Ora fammi sentire come sei brava con la lingua puttanella.

Iniziai a insalivargli il membro con la lingua: lo tenevo con la mano libera facendole scorrere la pelle su e giù lungo l'asta.

Rinoldi mi carezzava la testa, aiutandomi a tenerla sollevata mentre ero intenta baciare e leccare il suo sesso possente.

Lo facevo con grande impegno di mano e lingua, sentivo pulsare il sesso con spasmi di una voglia dolorosa.

Volevo essere brava, mostrare ciò che sapevo fare: desideravo che il professore fosse contento della sua allieva.

Dal cazzo gli colavano goccioline bavose, come quelle che lasciava sulle mie grandi labbra il sesso di Luky: mi sentivo una troia portata alla monta.

Ogni tanto gli insalivavo copiosamente il sesso, facendogli colare fiotti di saliva lucida.

Le mie bave lasciavano filamenti tra le mie labbra e la carne calda della sua verga, poi aprivo le bocca a dismisura per accoglierlo fino al fondo della gola.

Respiravo col naso a fatica, per

non annegare nella saliva o soffocare di quel sesso abnorme.

Non sarei stata meno porca di quelle puttanelle che mi avevano preceduto, e glielo avrei dimostrato.

Mi doveva fottere, lo volevo tutto dentro me, doveva riempirmi di seme caldo: tantissima sborra, come quella eiaculata dai cavalli quando godono, e io avrei bevuto e leccato ogni goccia.

- Sei brava a succhiare. Chissà quanti ne hai già conosciuti. Sono davvero contento di te. - disse soddisfatto il professore.

Aveva la voce rauca di eccitazione, il suo tono trasudava una lascivia sconfinata.

- Ora dobbiamo pensare a Luky, puttanella. Prendi il suo sesso in mano e portalo alla bocca.

Lo disse, sfilando il suo, grondante di saliva dalle mie labbra.

Fui presa dal panico per l'enormità di quella richiesta.

Compiere un atto sessuale con un animale era qualcosa che travalicava la mia fantasia, oltre che il mio senso morale.

In realtà, mi era accaduta un'esperienza a riguardo nella prima adolescenza: quando la smania di sperimentare si univa all'urlo dei mie impulsi carnali, e mi portava a cercare esperienze di trasgressione, per soddisfare le urgenze che mi assalivano.

Era però rimasta un fatto episodico, una piccola follia che non avevo più ripetuto in seguito.

Il fatto risaliva a un pomeriggio nel quale mi sentivo decisamente accesa: ricordo che, trovandomi sola in casa con Devil, il mio Labrador Retriever, stavo sdraiata sulla chaise longue della mia camera, leggendo un libro erotico con l'intento di carezzarmi la topina, per darle un poco di pace.

Avevolevato le mutandine e totalmente rilassata, a cosce larghe, mi toccavo lentamente.

Giocavo con la carne morbida e umida del sesso, introducendo dita nella figa e nel buchetto del culo.

Completamente in preda a un languore torbido, procedevo nelle parti più bollenti del racconto, e la mia fantasia viaggiava a vele spiegate in un crescendo sensuale di sensazioni conturbanti.

Ogni tanto portavo le dita alla bocca per gustare il mio sapore, per poi ricondurle bagnate fra le cosce, aumentando la lubrificazione della carezza.

L'odore del mio sesso solitario riempiva la stanza, mi sentivo ubriaca di voglia e disponibile a ogni cosa che mi facesse godere in quel momento: ero molto giovane, ma già nella mente si affollavano fantasie peccaminose e sfrenate.

Devil che stava accucciato ai miei piedi, pareva dormire, forse a un certo punto avvertì quel turbamento dei sensi che mi agitava.

Gli animali di casa, sono sovente sensibili agli umori dei loro padroni, o più semplicemente, fu attratto dal sentore forte, rilasciato dagli effluvi del mio sesso.

Si levò e accostò il muso al triangolo del mio ventre, mostrando un singolare, eccitato, interesse.

Sulle prime la cosa mi divertì, quindi lo scostai con la mano per tornare alla mia attività, ma nulla può distrarre un cane dalla determinazione di annusare un odore che lo attiri.

Infatti il tartufo nero di Devil, si ricacciò di forza fra la mia mano e il mio sesso, spingendo con forza il muso e inalando con passione l'odore caldo della mia carne eccitata.

- Smettila Devil! Sporcaccione! Torna a cuccia, lasciami in pace, cagnaccio. Dissi, innervosita dall'intrusione che mi distoglieva da quel momento di piacere.

Gli feci due grattini sul capo per smorzare la sua frenesia, ma non ci fu verso: non solo non si arrese, ma alla ricerca degli umori di cui era intrisa, iniziò a leccarmi la mano con la frenesia di chi gusta un sapore squisito.

Allora,sperando che smettesse, nascosi la mano dietro la schiena.

Lui infatti si disinteressò della mano, ma cacciò il muso nel mezzo delle mie cosce, puntando il naso sulla mia figa.

Rimasi sconcertata, indecisa sul che fare per farlo cessare, non nego d'essere stata leggermente allarmata per l'impeto di quell'assalto.

Benché lo avessi allevato fin da cucciolo, era la prima volta che lo vedevo agitarsi a quel modo e la cosa mi dava disagio.

Nel tentativo maldestro di divincolarmi, scostai maggiormente le gambe anziché serrarle: lui ne approfittò per prendere possesso totale della mia intimità.

La lingua iniziò a leccarmi il sesso come fosse alla ricerca di una sorgente in cui dissetarsi, mi bagnò di bava scavando con insistenza nel profondo.

Me la lappava con veemenza, passando dalle grandi labbra alla rosetta dell'ano, senza darmi tregua.

Allora, probabilmentecon la mente appannata dalla tensione erotica dovuta alla lettura del libro e l'inizio interrotto della masturbazione, invece di provare disgusto, sentì un calore languido espandersi nel ventre.

Il clitoride mi si inturgidì come una ciliegia matura e il sesso iniziò a inumidirsi di siero vischioso, come miele liquido.

Devil eccitato da quelle secrezioni, me le spalmava con lingua golosa, come una crema soave sulla fica spalancata.

- Oh! Cucciolone, che lingua meravigliosa hai. Lecca bello, lecca questa troietta della tua padrona. Così, bravo, non smettere professore. -

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