04
Capitolo 04**
Tiro delicatamente la benda, srotolandola e liberandomi del dolore che pulsa, solo per trovarmi con un dolore più sordo e meno intenso.
Metto i piedi nudi a terra con tremore prima di alzarmi. Faccio un respiro profondo e guardo giù, osservando cosa indosso : una camicia da ospedale. Come posso pensare di scappare se indosso questo ? Dove sono finite le mie altre cose ?
Esamino la stanza con attenzione, fino a quando i miei occhi si fermano sulle mie converse, che sono appoggiate sopra i miei vestiti piegati. Bingo.
Indosso l’ultimo scarponcino prima di infilare la mano in tasca, cercando il moi telefono, solo per scoprire che non c’è traccia di esso. Quei maledetti marshmallow mi hanno rubato il telefono.
Mi dirigo rapidamente verso la porta, allungando lentamente la mano verso la maniglia. Se questo è un ospedale, potrei avvisare qualcuno di essere stata rapita e chiamare la polizia.
Apro la porta trattenendo il respiro, sbirciando fuori prima di fare un passo nel corridoio e chiudere la porta dietro di me.
Le sopracciglia si aggrottano confusa mentre osservo il corridoio : non è un corridoio ospedaliero, è pieno di cornici dorate con foto di persone diverse. Dove diavolo sono ?
Proseguo lungo il corridoio, lasciando che i miei piedi mi guidino in una direzione qualsiasi mentre aumento il passo. Il corridoio è completamente vuoto, senza dottori, senza infermieri, assolutamente nessuno.
Approfitto di questa situazione e inizio a correre lentamente. Se ho ragione, il dottore sta per venire a controllarmi, quindi ho solo un breve lasso di tempo per uscire da qui.
Mi fermo dopo qualche minuto, appoggiandomi al muro e respirando profondamente. La testa gira, e mi sembra di non avere più energia.
Sospiro e porto la mano sulla testa nel tentativo di fermare la vertigine, chiudo gli occhi e mi concedo qualche secondo di respiro.
Improvvisamente, un dolore acuto mi trafigge il petto, facendomi piegare le ginocchia sotto di me, e cado a terra, il moi sedere ad attutire la caduta mentre mi afferro il petto, sperando che il dolore cessi.
Un ruggito forte riecheggia per tutto il posto, e sono quasi sicura che il terreno stia iniziando a tremare. Conosco quel ruggito, è quell’uomo con le scintille.
Gli occhi mi si spalancano mentre l’odore che mi fa venire voglia di correre verso di lui invade il moi naso. È qui, mi troverà, sa che ho cercato di scappare.
Guardo nervosamente intorno a me e vedo una porta di fronte. Mi trascino velocemente verso di essa, la apro e la chiudo subito, cercando di non fare rumore.
Mi appoggio alla porta, lasciando uscire un sospiro di sollievo. I miei occhi esplorano la stanza e mi si spalancano. Le pareti sono dipinte di nero, con catene d’argento attaccate alle pareti e ai pavimenti.
Dove sono ? Una specie di stanza di tortura ?
Vedo una finestra e mi sollevo dal pavimento, avvicinandomi. Il dolore al petto è solo aumentato, mi sembra che il cuore stia per strapparsi, ma ignoro il dolore. Se non scappo ora, sarà troppo tardi.
Apro la finestra e guardo giù. È giorno, ma il problema è che sembra che io sia al terzo piano.
Sospiro frustrata e guardo di lato. Vedo delle viti verdi che scendono fino quasi a terra.
Con tremore mi alzo sul davanzale della finestra, allungo il braccio verso la vite più vicina, afferrandola con le dita tremanti per assicurarmi che non si rompa appena ci metto il peso sopra.
Faccio un respiro profondo prima di afferrare un’altra vite con l’altro braccio e farmi fuoriuscire dalla finestra del terzo piano.
«Cazzo», imprecò mentre mi scivolavo giù dalle viti a una velocità folle. Non ho forza nelle braccia, che cosa mi aspettavo, soprattutto ora che mi sento come se potessi dormire per un mese intero.
Atterro sul terreno coperto di foglie con un forte tonfo, facendo un mezzo sorriso mentre mi appoggio sulle viti, respirando pesantemente. Sono arrivata fin qui, devo continuare.
Mi rialzo dal terreno e faccio qualche passo incerto, fino a trovare il moi equilibrio, poi inizio a correre verso una foresta. So che se trovo il ruscello, troverò la casa della nonna. A meno che, naturalmente, non sia davvero vicina alla casa della nonna.
Sento il petto stringersi mentre corro sempre più lontano dalla casa.
Mi fermo bruscamente e resto appoggiata a un albero. Dopo qualche secondo, l’odore che amavo ma che ora odio mi invade il naso. Sta arrivando, e mi sta raggiungendo.
Mi ricompongo velocemente e riprendo a correre tra gli alberi quando sento il suono di clacson di auto. Devo essere vicino a una città.
Ignoro il dolore al petto e mi spingo a correre ancora più lontano. Se arrivo a un negozio, posso usare il telefono per chiamare la casa della nonna.
Gli alberi iniziano a sparire e ora corro su un sentiero. Probabilmente sembro uno spettacolo pietoso in questo momento : sono coperta di terra e foglie dopo essere scesa dalla vite, e i capelli sono pieni di nodi.
Faccio respiri profondi prima di rallentare fino a una camminata leggera e attraversare la strada, dirigendomi verso un negozio che sembra abbastanza vuoto, con una donna di mezza età dietro il bancone che sfoglia una rivista.
Apro velocemente la porta del negozio e la donna alza subito lo sguardo su di me, gli occhi sbarrati, poi richiude la rivista e si alza in piedi, fissandomi sorpresa per il moi aspetto disastroso.
«Ho bisogno di aiuto, hai un telefono ?» riesco a dire tra i singhiozzi, spostandomi lontano dalla finestra del negozio, temendo che mi trovino.
La donna prende un momento per capire cosa stia succedendo, poi annuisce velocemente, tendendomi la mano e facendomi segno di seguirla verso la stanza sul retro.
«Oh, tesoro, va tutto bene,» mi sorride con un’espressione rassicurante mentre lascio che la mia mano tremante afferri la sua, e non riesco a trattenere le lacrime, facendone scivolare qualcuna sul viso.
Mi conduce verso uno sgabello dietro al banco, sparendo per un momento dietro una porta, e tornando poco dopo con un telefono in mano.
Prendo con gratitudine il telefono, le dita tremanti mentre digito il numero. Non faccio in tempo a digitare che una porta si spalanca con violenza, e i miei occhi si sollevano dal telefono per vedere il dottore in piedi sulla soglia, con gli occhi fuori di testa.
Urlo mentre delle lacrime scorrono sul moi viso, alzandomi in piedi e indietreggiando fino a sbattere contro il muro dietro di me.
