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CAPITOLO 5

Stefania dormì tutto il giorno e tutta la notte. Si svegliò il martedì, ma non realizzò subito dove si trovasse. Aveva dolori ovunque, soprattutto alla schiena. Aveva le braccia e le gambe fasciate. Capì di essere in una stanza d’ospedale. C’erano molte cose colorate intorno, nella stanza, forse fiori; senza occhiali, non vedeva bene. Entrò un’infermeria che le si rivolse in inglese; il signor Mun aveva chiesto che tutto il personale assegnato a quella stanza parlasse inglese. L’infermiera le chiese se volesse leggere i biglietti dei fiori. Le mostrò anche alcune scatole di cartoncino che contenevano dolci. Tutti i biglietti erano in inglese, con disegnini e cuoricini, e parole in italiano come “amore” e “pizza”. C’erano biglietti e fiori di ognuno dei SEAL, dei genitori di Otary, del signor Mun, del sindaco di Busan, della Bread Music, e un biglietto del console italiano a Busan. Dopo un po’ entrò un ragazzo molto alto, che le si rivolse in italiano.

― Buongiorno, signora Giardini. Mi chiamo Giampaolo Fiore e sono bilingue. Mio padre è italiano e mia madre coreana. Ho vissuto molti anni in Italia e ora frequento l’università a Busan. Il signor Mun mi ha assunto per farle da interprete.

― Il signor Mun Yonseo?

― Sì.

― Perché? Perché ho salvato la vita di Otary?

― Sì.

― È molto gentile… Per favore, quando lo vedi, ringrazialo tanto da parte mia.

― Il signor Mun è tornato a Seul.

In quel momento entrò il medico. Spiegò dettagliatamente a Stefania la sua situazione.

― Deve limitare al massimo i movimenti; la schiena deve restare a riposo. Può alzare la testiera con il telecomando, ma faccia meno movimenti possibili con il busto.

― Dottore, ma potrò prendere l’aereo fra un mese? Ho il volo prenotato.

― Probabilmente sì, ma è troppo presto per dirlo.

― E Otary… Il signor Moon… come sta? È salvo?

― Lei gli ha salvato la vita, signora Giardini. Non posso rivelare informazioni mediche su un paziente, ma sta abbastanza bene.

― Dottore, un’altra cosa. Ho bisogno di un paio di occhiali da vista, perché ho perso i miei in mare.

― Va bene, le manderò un ottico per la misurazione della vista.

In quel momento entrò anche la signora Liliu, la mamma di Otary. Subito si mise a piangere, facendo emozionare anche Stefania. Giampaolo traduceva le sue parole, piene di gratitudine e commozione, tra un singhiozzo e l’altro.

― Signora, non faccia così, fa piangere anche me… L’importante è che stiamo tutti bene… Ma perché mi chiede scusa?… Non c’è niente di cui scusarsi…

― La signora è turbata perché suo figlio era alla guida della moto, ― spiegò il medico.

― Ah… ma io non lo considero responsabile… è stato un incidente, poteva capitare a chiunque. A pensarci, è stata una bella corsa in moto, finché non siamo caduti dalla scogliera.

― Però oggettivamente la responsabilità è sua… ― osservò Giampaolo.

― Io non lo considero responsabile, ― concluse Stefania senza tentennamenti.

La signora Liliu piangendo le porse un foulard.

― Questo foulard appartiene alla famiglia della signora da quattro generazioni. È stato dipinto a mano da una trisavola di Otary, ― tradusse Giampaolo.

― Ma io non posso accettare un regalo del genere… Signora, la prego, non c’è bisogno che mi regali niente… davvero, sono felice che Otary sia vivo, cioè il signor Moon… È un ragazzo così caro a tutto il mondo, è ovvio che l’abbia salvato… come potevo lasciarlo morire?

― In realtà ha rischiato di più, salvandolo, ― intervenne il medico. ― Avrebbe avuto più probabilità di sopravvivenza, se non avesse dovuto mantenere una seconda persona svenuta. Anche le sue condizioni mediche ora sarebbero migliori.

― Che cosa sta dicendo, scusi… Non si può abbandonare una persona così, ferita…

La signora Liliu si buttò in ginocchio piangendo.

― Va bene va bene, accetto il foulard… ― disse Stefania precipitosamente. ― Si alzi, per favore, si alzi ―. Stefania era imbarazzata, come tutti gli occidentali davanti a quella singolare abitudine di inchinarsi. ― Signora, le sono davvero grata, è un regalo meraviglioso. Sono così confusa e commossa… è davvero bello, grazie. La trisavola di Otary disegnava così bene?

Nei giorni successivi fu un via vai di visitatori nella camera di Stefania, persino il viceconsole. Per gli occhiali ci volle solo un giorno. Una gentile signorina le portò un catalogo e un campionario, per scegliere la montatura. Quegli occhiali costavano come abiti da sposa; Stefania disse che non poteva permettersi quelle cifre, di portarle una qualsiasi montatura economica, che poi eventualmente avrebbe cambiato in Italia. Ma la signorina, condiscendente, le disse che la montatura sarebbe stata pagata dal signor Mun. Giampaolo rivelò a Stefania che il signor Mun stava pagando tutte le sue spese mediche; si sarebbe offeso, se avesse scelto una montatura economica. Stefania sapeva che quelle persone spendevano migliaia di euro anche per i calzini; quindi, un po’ imbarazzata, scelse la montatura sforzandosi di non guardare il prezzo. Quella sera si concentrò per memorizzare un ulteriore protocollo: non fare mai commenti sul prezzo delle cose e accettare tutto con nonchalance. Tanto sapeva che avrebbe fatto brutta figura lo stesso, come per tutti i protocolli.

Tre giorni dopo, mentre sorseggiava il caffè espresso che Giampaolo stesso le preparava, con una avveniristica macchinetta fatta pervenire dal signor Mun, Stefania gli chiese:

― Scusa, Giampaolo, vedo che tu stai qui tutto il giorno. Come fai con l’università?

― Mi sono preso un anno sabbatico.

― Ma qual è il tuo orario di lavoro?

Come si usa spesso in Italia, i due erano rapidamente passati al tu, anche perché Stefania era una persona molto alla mano.

― Stefania, a questi livelli non esistono gli orari di lavoro.

― Ah, va bene… ma io sono abituata ad altri livelli. Verrai qui dalle 9 alle 13. Pranzeremo insieme, come già facciamo. Dalle 13 alle 14 avrai un’ora libera, durante la quale mi riposerò. Tornerai qui dalle 14 alle 18, e poi te ne andrai. Non ti preoccupare, non ti faccio fare brutta figura: se ci saranno persone in visita, resterai qui anche tu finché non vanno via. Ok?

― Ci proverò. Ma qui, se non fai come ti dice il tuo datore di lavoro, ti licenziano senza tante chiacchiere. Cercherò di accontentare sia te che il signor Mun.

Liliu, la mamma di Otary, andava a trovarla tutti i giorni. Le portò praticamente un guardaroba nuovo. A uno a uno conobbe tutti i parenti di Otary. Anche i genitori di Porpoise e di Tun andarono a trovarla, e quel giorno si riunirono nella sua stanza, loro quattro e i genitori di Otary, in una conversazione vivacissima, che Giampaolo faceva fatica a tradurre. Tutti portarono qualcosa da mangiare. Stefania scoprì che le scatole di cartoncino contenevano dolci, biscotti, torte, tutte cose che perlopiù distribuiva al personale, perché non voleva prendere qualche chilo, che non avrebbe perso mai più. Giampaolo era in grado di divorare una torta media in quindici minuti. I SEAL andavano a trovare Otary tutti i giorni. Erano tutti particolarmente allegri. L’annuncio del loro arruolamento aveva generato, a partire dalla Bread Music, un crollo a catena dei titoli coreani; il Parlamento si era riunito d’urgenza e aveva varato una legge speciale per esentare i SEAL dal servizio militare, come misura straordinaria di sostegno all’economia. Quindi si sentivano euforici e in vacanza, a Busan. Passavano sempre a salutare anche Stefania; con l’aiuto di Giampaolo, si lanciavano in discussioni spassose sull’Italia, il cibo, le ragazze, e sui tanti aneddoti della loro vita in comune.

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