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CAPITOLO 4

― Guardate, ― urlò Dolphin, indicando la figurina nuda che precipitava in mare, con le braccia e le gambe spalancate, senza un motivo apparente. Appena alleggerito dal peso della seconda persona, l’elicottero fece un balzo in alto, trascinando Otary lontano dalla scogliera e dirigendosi a tutta velocità verso l’ospedale più vicino. Senza il faro dell’elicottero, il mare ripiombò nell’oscurità più assoluta. I ragazzi puntarono le torce verso l’abisso, inanemente. Rimasero tutti inebetiti. Dolphin ripensò al bacio scherzoso che lei gli aveva mandato poche ore prima. La madre di Otary corse verso l’auto, seguita dal marito, e tornarono velocemente a casa, per cambiarsi e raggiungere il figlio, che ancora ritenevano, giustamente, in pericolo. Mun Yonseo chiamò la guardia costiera; risposero che, per far arrivare di nuovo l’elicottero laggiù, ci sarebbe voluta almeno un’ora. Non era ancora neanche arrivato a destinazione, e non ce n’erano altri a disposizione in breve tempo, perché c’erano state altre emergenze.

― Sono distrutto, ― disse Whale. ― Non ce la faccio… anche psicologicamente. Non possiamo fare niente per lei. Non ce la faccio a restare qui un’altra ora ad aspettare, in queste condizioni.

― Dobbiamo semplicemente abbandonarla e andarcene? ― urlò Dolphin.

― Non fa nessuna differenza se restiamo o andiamo, ― osservò filosoficamente il signor Mun. ― Forse si salverà, ma in ogni caso non dipende da noi. Se restiamo sotto questa pioggia, ci ammaleremo tutti.

― Sono sicuro che Stefania sopravviverà, ― intervenne Tun, alzandosi tranquillamente. ― Ma è vero che non possiamo fare niente per lei. Resteremo in contatto con la guardia costiera da casa.

Un lungo lampo illuminò la distesa tempestosa.

― Eccola, ― mormorò Dugong. ― Voi andate. Io non la lascio a morire da sola.

― Io resto con te, ― disse Whale, vergognoso.

― No, Whale, ― disse Dolphin. ― Resto io. Tu, è più opportuno che vada all’ospedale a vedere come sta Otary ―. Whale infatti era il loro leader.

Salirono tutti sulla jeep e tornarono indietro, mentre Dolphin e Dugong si stendevano vicini, nell’erba zuppa, sotto la pioggia scrosciante, scrutando il mare buio che urlava.

Nella tenuta dei genitori di Porpoise non c’erano abiti adatti della misura di ciascuno di loro. Decisero di utilizzare la jeep, già fradicia dentro, e dopo un’ora di viaggio così scomodo arrivarono al loro albergo. Si cambiarono velocemente e utilizzarono il van dell’hotel per raggiungere l’ospedale dove si trovava Otary, che non era molto vicino alla città. Lì trovarono i suoi genitori e il fratello con la moglie. Erano tesi ma stavano bene, perché Otary era fuori pericolo. Il medico li raggiunse tutti in una saletta privata.

― Il paziente ha riportato una forte commozione cerebrale; ora lo teniamo in coma farmacologico, per permettere al suo corpo di rimettersi. Apparentemente, ha sbattuto con la parte posteriore della testa contro uno scoglio, sott’acqua. Ha riportato una severa scorticatura, che abbiamo medicato; ci vorrà un po’ di tempo, ma tornerà come prima. Non è stata abbastanza profonda da causare danni cerebrali, apparentemente. Gli abbiamo fatto una trasfusione di una sacca di sangue, perché la ferita è rimasta aperta un’ora e ha perso un po’ di sangue; ma le condizioni generali sono buone. Per il resto, solo graffi e lividi. Per la disidratazione gli stiamo facendo una flebo. È evidente che ha sbattuto contro gli scogli in maniera lieve: non ha ossa rotte né lesioni interne. Ha solo avuto una bruttissima esperienza. La prognosi è di un mese, ma non sarà necessario che lo passi tutto in ospedale.

Mun Yonseo chiamò di nuovo la guardia costiera e chiese se l’elicottero fosse andato a prendere la signora.

― Il tempo è peggiorato, signor Mun, non ci sono le condizioni per far decollare un elicottero. È un miracolo che il primo salvataggio sia andato a buon fine.

― Che vuol dire?

― Vuol dire che l’elicottero decollerà quando le condizioni atmosferiche lo permetteranno. Le previsioni dicono all’alba.

― Ma che cosa dice? La signora non potrà resistere tutta la notte, morirà. Ha salvato la vita di Otary, un coreano famoso in tutto il mondo, e lei vuole abbandonarla alla morte senza fare niente per salvarla? Mandi una motovedetta!

― Il pericolo sarebbe uguale. Che senso ha mandare a morire degli uomini? Non salverà la signora e ci saranno altre morti inutili. Forse è già morta!

Il signor Mun chiamò Dugong e gli riferì che non ci sarebbe stato alcun salvataggio quella notte, e lo supplicò di tornare alla casa.

― Che cosa ha detto?

― L’elicottero non potrà partire fino all’alba, le condizioni atmosferiche sono troppo avverse.

― All’alba!… Dugong, dobbiamo tornare; potremmo ammalarci gravemente se restassimo qui tutta la notte. Fa freddo e…

― Sì, lo so, Dolphin. Torniamo. Non la vedo più già da un po’… temo che sia morta…

I due ragazzi chiesero di essere prelevati da qualcuno; mestamente, in silenzio, abbandonarono la scogliera alla natura e alla notte.

Stefania, senza la responsabilità e il peso di Otary, faceva molta meno fatica nell’acqua. Ma la stanchezza si faceva sentire; temeva di perdere le forze e scivolare sotto. Non avrebbe comunque resistito tutta la notte. Forse l’elicottero sarebbe tornato, forse no. Sarebbe stato meglio trovare un punto d’appoggio, uno scoglio più grande, ora che aveva le mani libere. Cercò di nuotare verso la scogliera senza farsi trascinare dalla corrente, ma era impossibile. Tre volte la mareggiata la buttò contro gli scogli e tre volte non riuscì ad aggrapparsi. La quarta volta riuscì ad afferrare un pinnacolo; il buio era fittissimo. Aspettò un lampo per guardarsi attorno; purtroppo la sua vista era molto sfocata e faceva fatica a valutare le distanze. Quando le sembrò di scorgere una parte un po’ orizzontale, si trascinò al buio, a tentoni. Non era facile, rischiava di essere risucchiata in mare aperto. Finalmente raggiunse quella parte dove poteva, se non stendersi, almeno rannicchiarsi. Si aggrappò alla parete di roccia per non essere trascinata di nuovo via; le onde la colpivano incessantemente come schiaffi, la tiravano via con forza. Il pensiero che avrebbe dovuto passare così molte ore la scoraggiò. Sarebbe stato più facile lasciare quel posto freddo e ruvido e lasciarsi portare via dal mare… Ma qualcosa, un momento di pausa, le diede la forza di trovare una sistemazione accettabile, con un buon appiglio. Certo, non doveva addormentarsi…

Invece si addormentò, ma non durante la notte. All’alba, la tempesta scemò rapidamente. Le onde smisero di infrangersi violentemente contro gli scogli, e contro Stefania aggrappata agli scogli. Si addormentò quasi subito, quando capì che il mare non l’avrebbe più raggiunta, e che stava sorgendo il sole. Si svegliò quando qualcuno la spostò, la tirò e le versò dell’acqua fresca in bocca. Fino a quel momento non si era resa conto che la sete la stava uccidendo. Un soccorritore la imbracò e se la portò su, verso la salvezza. Una ventata di aria calda la investì una volta dentro la pancia dell’elicottero. La barella, la coperta, la flebo… qualcuno si stava prendendo cura di lei. Non sarebbe morta nella lontana Corea, come un’idiota, nuda, aggrappata a uno scoglio.

Il medico uscì dalla stanza privata che Mun Yonseo aveva richiesto per lei. Si avvicinò all’uomo che lo stava aspettando, da solo.

― La signora Giardini è sveglia e vigile. Ha alcune microfratture ai piedi, alle gambe e alle braccia, e tre costole incrinate, ma fortunatamente nessuna lesione interna. Non ha danni alla testa e al volto tranne lividi, graffi ed ematomi, come nel resto del corpo. Soprattutto la pelle della schiena è fortemente lesionata. È fortemente disidratata e le stiamo facendo delle flebo. La prognosi è di due mesi, ma fra due settimane, anche prima, potrebbe già lasciare l’ospedale.

― Due mesi? Cioè il doppio di Otary… Eppure lui ha battuto la testa! ― esclamò il signor Mun, stupito.

― Ma il signor Moon non ha nulla di rotto. La lesione alla testa è superficiale, non ha interessato il cranio, perché, miracolosamente, non ha realmente battuto contro la roccia, ha solo strusciato. La signora Giardini, invece, ha colpito ripetutamente gli scogli; per questo ha riportato molte microfratture. La mia opinione è che lo mantenesse da dietro, abbracciandolo, così… In questo modo, però, aveva le braccia e le mani occupate; non avrebbe potuto mantenerlo con un solo braccio, data la furia delle onde. Credo che siano stati sbattuti ripetutamente contro gli scogli, ma il ragazzo non mostra la stessa devastazione della signora Giardini. Vuol dire che lei ha fatto da cuscinetto fra lui e le rocce. Lei ha sbattuto di schiena ogni volta. Lo ha protetto col suo stesso corpo. Questo giustifica anche le lesioni alle braccia e alle mani, perché, trascinati in mezzo agli scogli, probabilmente sbattevano di qua e di là, e lei metteva avanti le sue braccia e le sue mani per proteggere lui, probabilmente per proteggergli il viso. In ogni caso… la schiena è completamente lesionata e richiederà molto tempo per guarire. Fortunatamente le lesioni non arrivano agli organi interni, ma la carne è esposta sul settanta per cento della superficie della schiena. Due mesi è una prognosi ottimistica.

Mun Yonseo entrò silenziosamente nella stanza di Stefania. Stava dormendo. Quella donna aveva salvato la vita di Otary, del loro caro Otary, aveva salvaguardato i SEAL, e lui non avrebbe neanche potuto ringraziarla in maniera adeguata, con la ricchezza della lingua coreana. Si stava bene lì con lei, ed era una bella donna, in quel momento deturpata da lividi viola ed ematomi. Sembrava emanare dolcezza. Rimase a lungo a fissarla. Sapeva che l’etichetta aveva già pubblicato l’annuncio dell’arruolamento di tutti i membri dei SEAL entro un mese. Sapeva che il web in quel momento stava impazzendo. Ma lui era in buona compagnia.

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