Libreria
Italiano

Il produttore di Seul

44.0K · Completato
Patty71
32
CapitolI
533
Visualizzazioni
9.0
Valutazioni

Riepilogo

Stefania ha cinquant'anni e sta per fare un divertente viaggio a Seul. Invitata da un famoso idol, Tun, a una festa in campagna, resta coinvolta in un drammatico incidente che la blocca in Corea del Sud per mesi. Yonseo è il produttore discografico di Tun e del suo gruppo, i SEAL, e ha deciso di prendersi cura di Stefania. L'amicizia tra i due adulti sfocia facilmente in una breve relazione, ma l'attenzione di Yonseo è presto distratta da una giovane coreografa, Sona. La vita da seulita ormai si è impossessata di Stefania, che fa della sua casa un centro di accoglienza per idol, mamme di idol, cameriere venezuelane e il suo immancabile assistente-interprete-badante Giampaolo, uno studente italo-coreano. Ma cosa farà Yonseo, quando la storia con Sona prenderà una piega inaspettata? Per alcuni passaggi un po' forti, si consiglia la lettura a un pubblico adulto.

MiliardarioCFOVendettaAmoreRomanticoTradimentoLacrimeDrammaticoSentimentiseconda possibilità

PROLOGO

La luce dolce del mattino trapelò dalle imposte e dagli scuri, che mal si chiudevano in quella vecchia casa con gli infissi di legno. Stefania aprì gli occhi al nuovo giorno. Si sedette sul letto; era così confortevole il nuovo giorno, perché era un giorno uguale a tutti gli altri, un giorno da passare senza sorprese e senza cattiverie. Guardò la sveglia, erano le otto e mezzo; un buon orario, considerando che si era coricata alle due.

Infilò la vestaglia e poi, nonostante fosse metà maggio, un cardigan e i calzettoni di lana. Quella vecchia casa piena di spifferi, vicino al fiume, era sempre umida. Andò ad aprire le imposte di ogni finestra; aveva cinque finestre, ma solo di quattro, ogni sera, chiudeva sia le persiane esterne che le imposte interne. La finestra del bagno la lasciava così, con la luce del lampione che entrava durante la notte. Erano finestre altissime, più alte di lei, se, per ipotesi, si fosse messa in piedi sul davanzale. Nessuna si chiudeva perfettamente. Prese dalla credenza una tazzina e una capsula di caffè e andò a sedersi sul trono.

Il trono era la sedia ergonomica più confortevole del mondo, che le aveva lasciato in eredità il caro zio Lucio, geometra in pensione. Lei l’aveva rivestita appoggiandoci semplicemente un vecchio e ampio abito di lino. Tutti i suoi abiti erano ampi, ovviamente… Su quella sedia Stefania trascorreva gran parte della sua giornata e della sua vita. Per prima cosa accese il computer: un vecchio laptop al quale aveva fatto fare un downgrade, dopo un aggiornamento che lo aveva bloccato per tre settimane. Mentre aspettava che il laptop si avviasse, accese il cellulare. Infine accese la macchinetta del caffè, che teneva sulla scrivania, e prese dal secondo cassetto di destra la mattonella blu, che tanto le piaceva. La mise avanti a sé. Quella scrivania così grande era la sua casa nella casa, e non era neanche sua; l’aveva lasciata lì il vecchio proprietario, quando aveva abbandonato la casa, dieci anni prima che lei la acquistasse all’asta per una sciocchezza. Era da restaurare, ma Stefania non aveva tutti quei soldi; quindi se la teneva così. La casa, intendo.

Finalmente il caffè. Uno dei pochi lussi che si concedeva era il caffè in capsule. La macchinetta era di un altro zio; gliel’aveva regalata perché ne aveva comprata una nuova. Non scaldava bene l’acqua alla prima tazzina, così Stefania aveva escogitato un sistema: faceva la prima tazzina con la capsula del giorno prima, ancora inserita. Poi metteva la capsula nuova e faceva la seconda tazzina, ben calda. Le dispiaceva per lo spreco di acqua e di corrente, ma lo faceva lo stesso. Era un grande lusso, considerato che fino a pochi mesi prima doveva scendere nella cucina del seminterrato per preparare il caffè, cosa che detestava; la mattina voleva solo sedersi al suo computer e andare su Rai Play Uno Mattina per sentire delle voci umane, come se ci fosse il televisore. Aveva un vecchio televisore col tubo catodico, da qualche parte; ma non aveva l’antenna sul tetto.

Preparò il caffè da seduta, che le sembrava una cosa da regina. Appoggiò la tazzina alla mattonella blu e aspettò che Rai Play smettesse di bloccarsi a singhiozzo. Nel frattempo, su un’altra scheda affiancata, aveva avviato anche YouTube. Mentre ascoltava finalmente in maniera decente il primo canale, e sorseggiava il caffè, la voce dello youtuber inglese si sovrappose a quella del giornalista italiano. Prontamente Stefania la silenziò premendo ‘m’. Impazziva per le scorciatoie da tastiera, si sentiva molto brillante a conoscerle e usarle. Poi premette anche ‘k’ e la figurina muta si immobilizzò. Il video lo aveva visto la sera prima, come ogni sera; un appuntamento immancabile. Ma la mattina era riservata ai commenti.

Finalmente poteva parlare con qualcuno. Per anni, il suo secondo marito le aveva proibito i social, né d’altra parte loro due parlavano tra loro. Ora poteva parlare con tantissime persone diverse di ogni parte del mondo, e aveva anche perfezionato il proprio inglese. Quel canale era seguito principalmente da donne di mezza età; lei anzi, con i suoi quarantanove anni, era tra le più giovani. L’argomento era la sua ultima passione: i SEAL, una boyband coreana! Conosceva i SEAL da meno di due mesi e aveva appena imparato ad associare i nomi ai volti; ma già sapeva moltissime cose su di loro. Il loro produttore doveva avere un interesse per la fauna marina, poiché aveva assegnato a ciascuno dei sei ragazzi il nome di un cetaceo, come nome d’arte. Un contrasto evidente con i loro corpi asciutti ed efebici.

Li aveva scoperti dai reel di Instagram. In realtà Stefania si era innamorata prima delle fan e del loro modo spassoso, ironico e irriverente di commentare, nella maniera più atroce, milioni di clip, che i ragazzi infaticabili avevano girato nei loro dieci anni di attività. Queste ragazze piangevano, ma solo perché non potevano averli… ed erano così divertenti! Era rimasta molto stupita di un’usanza coreana che aveva scoperto: gli idol avevano fandom organizzati, a cui assegnavano un nome e una data di nascita! Che cosa spiritosa! Il fandom dei SEAL aveva un nome dal sapore marinaresco, 6-ler.

Passò un’ora velocemente, poi, non volendo ancora sottrarsi alla sua vita da residuato intellettuale, andò a guardarsi un po’ di short su centomila argomenti, scrisse qualche altro commento o risposta, finché non suonò la sveglia delle dieci: Messa on-line.