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Capitolo 5

Mi alzai all’alba. Ero sudato e stanco ma soprattutto impaurito come non mi succedeva da molto, molto tempo. M’infilai nella doccia scaricando il getto di acqua ghiacciata diretto sul mio corpo. Volevo punirmi per i pensieri peccaminosi che avevano popolato i miei sogni impossibili.

Per tutta la notte avevo sognato Shone.

Quel bacio subìto, rubato, mi aveva letteralmente stravolto.

Pensai a Paul, alla sua disarmante dolcezza, al suo modo gentile di prendermi, di farmi suo, ma quel tumulto d’emozioni che Shone mi aveva fatto provare avevano avuto un altro sapore.

Avevo sempre odiato la forza, in genere ero io che ‘portavo i pantaloni’, ma questa volta mi ero arreso di fronte a tanta mascolinità.

Shone era un dominatore, lo avvertivo in tutto il mio essere e la cosa più disarmante, che sentivo crescere dentro, era che mi piaceva, e mi eccitava da morire.

Infreddolito e ansante uscii dalla doccia, presi l’asciugamano e frizionai vigorosamente la pelle per riacquistare un po’ di calore.

Battevo i denti, ma il cuore era un fuoco ardente, bruciante e scalpitava come un cavallo impazzito.

Cercai di riprendere il controllo, riordinai le idee e mi calmai. In che razza di guaio mi aveva scaraventato Ben? Come faceva Shone a conoscerlo da così tanto tempo? Domande alle quali dovevo assolutamente dare risposte, risposte che avrei preteso.

Mi vestii, presi l’occorrente per fare il lavoro e uscii dalla stanza.

Con mio grande stupore McGregor era già in piedi e stava facendo colazione.

“Mangia qualcosa James”, disse, “Shone è già nella stalla e ti sta aspettando per fare i prelievi.”

“Okay”, dissi, cercando d’ignorare la seconda parte dell’esclamazione.

Il vecchio studiò il mio viso, sentii il suo sguardo perforami il cervello, poi quello che disse mi lasciò interdetto.

“Shone è come un figlio per me, puoi fidarti di lui James.”

Puntai lo sguardo su McGregor ma non riuscii a controllare la calura che s’irradiò sulle mie guance, rendendole probabilmente color porpora.

“Lo farò” mi obbligai a dire, sviando immediatamente il suo sguardo penetrante, divenuto troppo imbarazzante per me.

Mangiai pane tostato, uova fritte e pancetta, quindi terminai con un succo di pompelmo lasciando quel tavolo pochi minuti dopo.

Percorsi il tragitto in direzione della stalla dei tori. Iniziava ad albeggiare, la temperatura era ancora calda; eppure, un vento leggero si era alzato dalle montagne, rendendola più accettabile.

Quando entrai vidi Shone intento a spazzare la paglia, era a torso nudo col solito cappello in testa.

“Ciao, ben svegliato” disse appoggiandosi alla sbarra della gabbia.

“Ciao Shone” replicai passandogli di fianco evitando di guardare quei magnifici pettorali scolpiti e lucidi di sudore. Lui si ritrasse, infilò la maglietta, prese due sgabelli e disse “Ti aiuto, so come fare.”

Annuii senza dire nulla, non avrei dovuto distrarmi dalla sua presenza, almeno nel lavoro avevo sempre dimostrato di essere un vero e proprio professionista.

Ci mettemmo una mezz’ora buona a raccogliere lo sperma per poi depositarlo nelle apposite provette, le bestie erano state collaborative e la materia prima sembrava ricca e abbondante.

“Cosa scriverai sul tuo articolo?” chiese, mantenendo un tono distaccato, “Farò una cronaca dettagliata di questi magnifici esemplari, il vecchio non deve dubitare del fatto che saranno selezionati per la riproduzione, perché lo sperma mi sembra proprio di ottima qualità. Densità buona, colore fantastico e odore inconfondibile.”

Shone ascoltò in silenzio, era in attesa, in attesa di ricevere un segno, un gesto da parte mia, che non volevo mostrargli.

Ma una cosa mi ero ripromesso di chiedergli, la curiosità mordeva così tanto da impedirmi qualsiasi tipo di resistenza.

Uscimmo dalla stalla, aprimmo la pompa e ci lavammo le mani.

Shone mi allungò un asciugamano pulito senza alzare il viso, ma io fremevo e la pazienza venne meno.

“Come fai a conoscere Ben?”

Lui fece una smorfia, si tolse il cappello e mi guardò diritto nelle iridi.

“Alle superiori abbiamo passato una settimana a divertirci. E’ stato magnifico.”

Non era abbastanza, volevo più dettagli.

“E’ lui che ha voluto che venissi qui, vero?” Shone si fece nervoso, rimise in testa il cappello, e disse “No, sono stato io volerlo.”

Restai con la bocca spalancata e non riuscii a pronunciare parola.

“Vieni, camminiamo un po’” disse toccandomi il braccio, la scarica elettrica fu immediata e la conseguenza fu che lo seguii come un cagnolino.

Quando fummo abbastanza distanti iniziò a parlare.

“Dopo anni di silenzio Ben mi scrisse che si sposava. Ero felice per lui, aveva fatto la sua scelta.” Le sorprese non erano ancora finite per me, Ben! Chi l’avrebbe mai detto ?

“Avete avuto una relazione?”

“Sì, da ragazzi, ma a Ben piacevano anche le donne e quando incontrò Lucy, non ebbe alcun dubbio.”

“Ora capisco il motivo per cui ha accettato Paul.”

“Già, Ben è un uomo straordinario. Comunque m’invitò al suo matrimonio, fu lì che ti notai per la prima volta. Eri in compagnia di un uomo distinto e molto elegante, sembravate davvero felici. Ben mi disse che il tuo compagno si era trasferito da poco e che avevate deciso di iniziare una storia.”

La voce mi uscì da sola “Paul.”

Shone continuò “Passai una giornata meravigliosa, Lucy era fantastica, ma soprattutto lo eri tu James, non avevo smesso un solo attimo di guardarti, cercando d’imprimere nella memoria la tua immagine, in modo da serbarne il ricordo per lungo tempo. Mi piaceva come camminavi, come ti muovevi, ho amato subito le tue contraddizioni. Guidavi tu quel rapporto, ma era Paul che te lo permetteva e tu avevi occhi solo per lui.”

D’un tratto la sua voce si fece roca “Poi...seppi ciò che ti era accaduto e pur dispiacendomi per la morte di Paul, non riuscii a resistere e chiesi continuamente a Ben tue notizie. Lui mi disse che stavi male, che eri distrutto, e che gli sembrava che meditassi di ucciderti. Non seppi resistere, così gli chiesi di organizzare qualcosa, questo è tutto James!”

Le sue parole s’insediarono come mine pronte a scoppiare, sentii le gambe molli e per un attimo desiderai fuggire.

Shone mi guardò, i suoi occhi color del cielo mi lasciarono senza difese, eppure riuscii a parlare, ma quello che dissi, lasciò perplesso anche me.

“Cosa vuoi da me Shone? Vuoi fottermi, qui, all’istante?”

Perché lo avevo detto? Facevo lo stronzo e non sapevo neanche il perché, o forse si, forse avevo paura, paura di innamorarmi di nuovo.

Lui si ritrasse, quel gesto mi diede fastidio, allora non mi voleva?

Qualche istante e la sua voce mi arrivò come una frustata dolorosa

“No, non voglio una scopata James, io voglio una storia.”

Mi diede le spalle e si allontanò da me a grandi passi.

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