Capitolo 3
Non appena raggiunsi Lakeside sostai ad un distributore per riempire la macchina di benzina, spensi il motore e attesi che qualcuno venisse a servirmi.
Passò qualche minuto e un giovane ragazzo, unto d’olio dalla testa ai piedi, comparve dietro la pompa.
“Quanto?” domandò sporgendosi verso di me.
“Il pieno” risposi senza guardarlo in viso.
Lui lo fece e quando ebbe finito si avvicinò per incassare gli 80 dollari.
Decisi di fissare il mio sguardo su di lui, quindi chiesi “Qual è la strada per il Ranch dei McGragor?”
“Vai diritto per un chilometro, poi gira a destra. Pochi minuti e te lo trovi di fronte.”
“Grazie” dissi mettendogli in mano il denaro.
“Chiedi di Shone, è lui che si occupa di tutto” aggiunse tutto d’un tratto.
Lo guardai stupito, il ragazzo ammiccò poi disse “La sua specialità è quella di trovarti una ragazza, se hai bisogno di compagnia.”
Restai con mezza bocca aperta, immaginavo che lo sport preferito dei cowboy fosse fottere e allevare vacche, ma non pensavo minimamente che fossero a questo punto.
“Okay...lo terrò a mente” risposi forzando un sorriso; quindi, accesi il motore e partii seguendo le indicazioni.
Svoltai nella direzione indicatomi e iniziai a risalire un piccolo colle fino a quando non mi apparve davanti quello spettacolo mozzafiato.
Il ranch era enorme.
Tutt’intorno, la recinzione in pali di castagno delimitava la struttura centrale, mentre sulla destra il maneggio, ben curato, mostrava una costruzione ampia dove probabilmente alloggiavano i cavalli.
La distesa da pascolo era a perdita d’occhio.
Parcheggiai nello spiazzo e scesi passandomi un fazzoletto sulla fronte.
Faceva un caldo infernale.
Una voce alle spalle mi raggiunse.
“Stafford?” mi voltai, era un uomo anziano affiancato da un mandriano piuttosto alto.
“Sì, James Stafford” risposi allungando la mano.
Il vecchio ricambiò il gesto stringendola come un ossesso.
“Sono Eddy McGregor, andiamo dentro, sarai assetato.”
“Grazie” dissi osservando di sottecchi il mandriano che mi aveva scrutato con diffidenza.
“Lui è Shone” aggiunse il vecchio.
‘Eccolo lì il famoso Shone, quello che ti aiuta a fottere’ pensai, mentre fissavo lo sguardo sul suo viso nascosto da quel maledetto cappello, sperando che me lo mostrasse.
Allungò la mano, lo tolse e mi guardò.
“Piacere” disse con una voce profonda e roca, soffocai l’emozione inattesa che mi procurò il contatto con la sua pelle e mi concentrai nel mantenere la calma e la lucidità, questo era un posto pericoloso per uno come me, non potevo mostrarmi per quello che ero.
“Il piacere è mio” risposi stringendogli la mano con forza.
Lessi stupore nei suoi occhi e una strana luce gli attraversò lo sguardo, era appena impercettibile, ma io la notai.
“Venite, andiamo a bere qualcosa di fresco, poi parleremo” disse il vecchio.
Seguimmo entrambi l’uomo fino all’ingresso della grande casa.
Giunti sulla veranda ci accomodammo sulle poltroncine in vimini bianco; quindi, Eddy chiamò a gran voce il nome di una donna.
“Grace!”
Non passò che un attimo e una giovane fanciulla apparve con un vassoio e tre bicchieri
“Cosa vi porto” chiese timidamente.
“Tre birre” ordinò il vecchio “belle fresche, tesoro” aggiunse.
“Sì nonno, arrivano subito.”
Rilassai le spalle e la schiena, perlomeno non ero finito in un covo di puttanieri.
“L’anno prossimo finirà il college e finalmente si trasferirà a Phoenix per fare l’università” disse con un piglio d’orgoglio.
Sorrisi senza aggiungere nulla, poi finalmente Eddy affrontò l’argomento per il quale avevo fatto così tanta strada.
“Ho due tori da monta magnifici James! Ben mi ha detto che te ne intendi vero?”
“E’ così” risposi secco.
“Quando vuoi vederli?”
“Anche subito Eddy.”
“Okay, beviamo poi Shone ti farà strada.”
Quell’affermazione mi mise in ansia. Non avrei voluto restare solo con quel mandriano, la sua presenza rischiava di sgretolare la mia maschera, ma non potevo farci niente.
Parlammo per un'altra mezz’ora, Eddy mi spiegò quali fossero i suoi obiettivi nel caso i due tori fossero stati idonei alla riproduzione, poi finalmente mi liberò dalla sua chiacchiera.
“Andate” ordinò “vi aspetto qui, non desidero venire, non mi piacciono gli esami.”
“D’accordo” risposi alzandomi dopo che Shone mi anticipò di qualche secondo.
Percorremmo il tragitto dietro il maneggio in perfetto silenzio, poi prima di entrare nell’apposita stalla destinata ai tori Shone disse “Come sta Ben?”
Restai sorpreso.
“Lo conosci?”
“Sì, fin da quando era un ragazzo.”
“Ah! Beh...lui sta bene, ha sposato mia sorella Lucy qualche anno fa.”
“Lo so” aggiunse “e salutalo da parte mia quando torni.”
“Consideralo già fatto” risposi studiando i suoi lineamenti.
Aveva un viso attraente e magnifico, due occhi azzurri come il cielo terso e un naso diritto e ben fatto. Le sue labbra carnose sembravano stonare con la durezza del suo ovale, ma l’armonia che si creava nell’insieme gli restituiva un’immagine di forte impatto.
“Vieni, i tori sono davvero magnifici” disse distogliendo lo sguardo.
Lo seguii all’interno, mi avvicinai ai due esemplari e rimasi folgorato.
Avevano una mole impressionante.
Notai la muscolatura forte e massiccia, i testicoli grossi e gonfi e il pene turgido di una dimensione esagerata.
“Wow” esclamai allargando le braccia.
“Avete propria della roba interessante qui” aggiunsi cercando di trattenere il tono concitato della voce.
Accadeva spesso che si alzasse di qualche ottava quando mi lasciavo andare, esternando le mie emozioni.
“Credi che il vecchio abbia una speranza?” chiese Shone sinceramente.
“No, non un speranza, una certezza!”
Il mandriano sorrise tutto d’un tratto.
Non avrebbe dovuto farlo!
Mi spostai sconvolto e presi metri di distanza dal suo corpo, l’erezione era troppo visibile perché potessi nasconderla.
Cazzo, era un pezzo che non mi succedeva, da quando…
” Che ti prende?” chiese lui incuriosito quel tanto da indurmi a deglutire dalla rabbia.
“Sto bene, è il fottuto caldo, a volte mi fa girare la testa.”
“Usciamo all’aria e andiamo a dare la buona notizia al vecchio. Domani potrai fare il tuo lavoro.”
Era proprio una buona idea.
“Sì”, dissi soltanto e seguii la sua ombra allontanarsi, mentre tentavo di rallentare i battiti furiosi del mio cuore che sembrava scoppiarmi nel petto.
Finalmente diedi la buona notizia a Eddy e lui mi accompagnò nella stanza degli ospiti, dove avrei potuto rinfrescarmi e riposarmi un po’.
“Stasera si festeggia, scendiamo in paese, offro io la cena e tu sei l’ospite d’onore” disse all’improvviso, restai a bocca asciutta, ma non riuscii a non distogliere gli occhi da quel vecchio che sembrava sprizzare felicità da ogni poro della sua pellaccia.
“Okay” replicai stanco.
“Alle otto” aggiunse, poi sparì oltre la scalinata di quella enorme casa che sembrava la riproduzione di Reata, la famosa dimora di Liz Taylor e Rock Hudson ne ‘Il Gigante” dove Shone, tranne nella stazza, poteva benissimo competere col bellissimo James Dean.
