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Capitolo 4

Emma portò la sua auto fuori dal garage e quando imboccò la rampa diretta all’esterno restò costernata.

Una fitta nebbia le si parò innanzi avvolgendo nel suo nulla qualsiasi cosa nel raggio di cinquanta metri, “Cristo!” imprecò all’interno del suo abitacolo, eppure non s’arrese, nonostante la scarsa visibilità e le difficoltà che avrebbe certamente avuto nel trovare quel posto, spinse l’acceleratore diretta verso la statale in direzione di Berlino.

Scosse il capo e pensò che ogniqualvolta prendeva una decisione improvvisa, gli ostacoli sembravano ergersi davanti a lei per impedirle di avanzare.

Ma quella stramaledetta nebbia non le avrebbe fatto cambiare idea.

Il Prestige distava circa venti chilometri dal suo appartamento, ma con quella coltre densa e quasi solida, ci avrebbe messo un’eternità.

Pazienza, il tempo era una cosa che non le mancava e nessuno si sarebbe preoccupato per lei.

Aveva perduto i genitori uno dopo l’altro a distanza di tre anni e non aveva altri parenti conosciuti.

Né fratelli né sorelle avevano mai popolato la sua vita; pertanto, la solitudine l’aveva raggiunta quando non aveva ancora compiuto i venticinque anni.

L’unica sua fortuna era stata quella di trovarsi un lavoro ben pagato, fare lo chef le piaceva e la passione per la cucina l’aveva sempre ripagata dalle delusioni passate che aveva confezionato senza nemmeno accorgersi.

Cucinava splendidamente ed espletava il suo lavoro con la massima cura e precisione, se avesse perduto anche quello sarebbe stato meglio gettarsi da un ponte.

Emma svoltò faticosamente in direzione di Berlino e s’accorse di aver preso un cordolo con la ruota.

Sussultò ma non si fermò, superando la paura di non farcela ad arrivare.

Le scarpe col tacco dodici non l’aiutavano per niente, era stata una stupida a non prenderne un paio di scorta solo per guidare, ma aveva deciso con tanta rapidità da non pensare più a nulla se non a uscire dal suo appartamento in fretta e furia.

Se non l’avesse fatto probabilmente sarebbe già stata sotto le coperte con quel dannato libro erotico.

Improvvisamente una sagoma assomigliante ad un’auto le comparve sul ciglio della strada, sferzò con decisione e si portò quasi sull’altra carreggiata.

Resosi conto di aver superato la riga della mezzadria, ritornò dalla sua parte della strada sterzando nuovamente in senso opposto e fu in quel momento che notò un uomo di spalle che stava camminando a passo svelto.

Per un attimo non le sfiorò nemmeno di aiutare quello sconosciuto, che sicuramente aveva subito un guasto alla macchina, ma poi la sua coscienza premette, scatenandole un senso di colpa per quella omissione di soccorso.

Rallentò e si accostò sul ciglio aspettando che l’uomo la raggiungesse.

Lo scorse immediatamente e per una attimo le sembrò che avesse accelerato il passo, quando l’uomo si accostò all’auto Emma aprì il vetro elettrico, invitando quello sconosciuto a parlare con lei

“Le serve un passaggio?” chiese, l’uomo si chinò, la guardò incredulo e rispose, “Sarebbe un miracolo se lei mi aiutasse a raggiungere Berlino” rispose schietto.

“Ci sto andando, e la sua macchina?” chiese Emma, “Manderò qualcuno a prenderla” ribatté lo sconosciuto, “Allora salga pure” annunciò la donna.

L’uomo aprì la portiera e si accomodò sul sedile di fianco, ancora disorientato per un soccorso fuori dall’ordinario.

Cosa ci faceva una donna tutta sola in una notte simile, e per di più vestita e truccata così pesantemente? All’inizio sospettò che fosse una prostituta, ma poi quello che la donna pronunciò, gli fece comprendere di aver preso un abbaglio.

“Mi chiamo Emma e spero tanto che lei non sia un serial killer” esclamò, ripartendo a velocità moderata.

“Nessun serial killer, Emma, solo un uomo sfortunato in una serata imprevedibile. Mi chiamo Massimilian Von Strauss, ma può chiamarmi Max se le viene più facile” rispose.

“Max mi piace di più” dichiarò, la voce di Emma si vece più distesa e calma.

“Cosa le è successo?” continuò lei, cercando di concentrarsi sulla strada, la nebbia era peggiorata e la visibilità si era davvero fatta critica.

Lui si accorse della difficoltà e, quasi timoroso di non arrivare sano e salvo a destinazione, replicò secco “Un guasto alla macchina, ma… la prego accosti e mi permetta di guidare. Conosco molto bene questa strada e desidero ricambiare la sua cortesia” propose, leggermente preoccupato.

Emma pensò che non sarebbe stata una cattiva idea seguire i suoi consigli, così, improvvisamente, prese una decisione, si spostò sul ciglio e fermò l’auto di nuovo.

“Apprezzo molto la sua gentilezza, cominciavo a temere di non farcela” disse, quindi aprì la portiera e scese, lui fece altrettanto e dopo qualche secondo Max fu alla guida.

“Mi scusi se glielo chiedo ma… dove sta andando a quest’ora tutta sola?” domandò l’uomo, una volta sistematosi sul sedile.

Emma sospirò e decise di parlare, tanto valeva fare conoscenza, visto che l’uomo si era dimostrato così gentile, e poi, avendolo scrutato con la coda dell’occhio, si era accorta di quanto fosse elegante e curato nell’abbigliamento, e quanto il suo viso fosse di bell’aspetto.

Era bruno e le era sembrato che avesse gli occhi chiari.

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