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CAPITOLO 2

KYLA

«Se proprio vuoi portartela dietro, guidi tu».

Austin prese le chiavi lanciate da Jayden in un lampo, poi corse ad aprirmi la portiera della macchina e mi aiutò a salire.

Percepivo la sua gentilezza e sapevo che era stato costretto a portarmi. Sapevo che nessuno dei due mi voleva, ma apprezzavo che almeno uno dei due provasse ad essere gentile con me.

«Potevi anche metterti qualcos’altro. Frequentiamo locali rispettabili, noi, e mi sembra che tu abbia un armadio pieno di vestiti».

Guardai il pantalone che avevo indossato insieme alla canotta bianca. Faceva davvero caldo e non pensavo di dover andare in un locale “rispettabile” dopo il suo ingresso nella mia camera.

Tirai su i capelli con un laccetto che avevo preso dal portagioie che avevano accuratamente scelto per la toeletta in camera. Austin mi guardò per un secondo dallo specchietto, mi fece un sorriso un po' imbarazzato e poi prestò attenzione alla strada.

Sentivo che era davvero dispiaciuto per me, ma sapevo perfettamente che se avesse potuto scegliere, di certo non avrebbe portato me in quel locale.

E ne fui certa appena lo vidi.

Da fuori sembrava un locale rispettabile proprio come aveva detto Jayden, ma all’interno era tutto fuorché elegante. Donne mezze nude stavano ballando su dei cubi e degli uomini seduti, le guardavano sbavando e lanciando qualche dollaro.

Avevo visto un film del genere una volta, ma non ricordai il nome in quel momento.

Un uomo alto e possente venne verso di noi, salutò Jayden e ci portò in quello che doveva essere il loro posto abituale. Mi sentivo inappropriata e Daniel non sapeva affatto che avrei preferito starmene su quel letto morbido a dormire piuttosto che vedere quello che stavo vedendo.

«Allora piccola ragazzina, che ne dici di un cocktail?». Mi guardò e mi fece un sorriso sghembo. «Mmmh meglio di no…magra come sei la nostra serata potrebbe finire all’istante».

Fu interrotto da una donna bellissima, che aveva il suo stesso colore degli occhi. Un seno in bella vista e delle calze aperte sui glutei. «Jay, che piacere averti di nuovo qui. Cosa vi porto?».

Non mi aveva neanche notato.

Austin optò per una birra, doveva guidare per riportarci a casa dopo e non poteva bere più di tanto. Jayden ordinò una bottiglia di whisky e solo quando lui si rivolse a me, anche la donna mi vide.

«Oh, lei deve essere la famosa…».

Scoppiarono a ridere, mentre Austin cercò di rassicurarmi con un sorriso.

«Non sapevo che tuo padre ne avesse scelta una così per il futuro erede dello Stato intero».

«Bè lui crede che la sposerò, ma sappiamo tutti che non lo farò».

Avevo bisogno di acqua. L’ambiente non mi metteva a mio agio, e avrei preferito starmene seduta con quegli uomini che sbavavano piuttosto che restare ad ascoltare loro mentre mi prendevano in giro.

«Cosa ti porto?».

«Acqua». Disse Austin. «Eh, Dalia». La fermò prima che lei potesse girare i tacchi altissimi che portava per andarsene.

«Tu qui ci lavori, dovresti rispettare i clienti. Se non lo farai, sarò io a fare un reclamo. Ti ricordo che questo locale è di mio zio e presto diventerà mio».

Mi aveva appena difesa?

«Cosa ti prende?». Disse Jayden quando la bella donna se ne andò sbalordita da quelle parole.

«Non credo sia giusto quello che stai facendo e te lo dico. Qui comando io Jay, tu hai tutto quello che vuoi, almeno qui dentro sono io a dettare le regole».

Sembravano tutti guardare solo Jayden, parlare solo con lui, volere solo le sue attenzioni ma in quel posto che tanto stavo odiando, se Austin avesse alzato la mano per dettare legge, tutti avrebbero dovuto rispettarla.

Bevvi l’acqua in un sorso solo. E la donna scomparve subito dopo aver portato le nostre cose.

«Se volete andarvene fate pure, io tornerò tra qualche ora».

Jayden ci lasciò così, ed io stavo sperando che il suo migliore amico si stufasse di starsene seduto a farmi da balia.

«Non hai intenzione di andartene vero?».

Scosse la testa in modo gentile. «Jay è davvero complicato, quando non guida si riduce uno straccio. Non voglio che gli succeda qualcosa».

Annuii. Poteva difendermi, ma non poteva scegliermi. Ovviamente.

«Devo…ecco io dovrei…».

Austin si offrì di accompagnarmi, ma i bagni non erano molto lontani da quel tavolo ed io volevo stare un po' da sola. D’altronde che cosa poteva succedere ad una come me?

Mi infilai nel primo bagno che trovai vuoto, stare sola era quello che volevo ma l’ansia fece posto a tutto il resto quando, chiusa dentro, sentii delle voci maschili provenire dalla porta accanto.

Stavo sperando che se ne andassero ma sembrava proprio che non ne avessero alcuna intenzione, così, in fretta, aprii la porta e feci per andarmene.

Pensavo ce ne fossero solo due, ma il terzo era appostato alla porta, stava sicuramente facendo da palo.

«Oh che cosa abbiamo qui? Una donzella nel bagno degli uomini?».

Cazzo. Per la fretta di tornare al tavolo con Austin neanche mi ero resa conto dell’omino sulla porta.

«Scott, Carter!!».

Gli altri due uscirono dal bagno ed io mi trovavo esattamente in mezzo a loro tre.

«Non ti ho mai vista in questo posto! Ti sei persa? Hai finito il turno?».

Il biondino si trovava ad un centimetro da me. Provò ad accarezzarmi il viso mentre parlava ma io mi scostati.

Disgusto. Il disgusto mi faceva contorcere lo stomaco e a diventare rosse erano le mie orecchie.

Non so per quale motivo il mio corpo reagisse in quel modo, ma io ormai conoscevo ogni lato di me.

Il palo, dopo aver scansato l’amico, mi fece indietreggiare fino a sbattere contro il muro. «Sei schizzinosa per caso? Abbiamo dei soldi, possiamo pagarti».

L’ultimo, che aveva i capelli neri come la cenere, si leccò le labbra e mi fece vedere una mazzetta di soldi. Che poi avvicinò contro il mio viso.

Le loro mani ormai si trovavano sul mio corpo ed io, che non avevo mai reagito a nulla, neanche agli schiaffi, alle cinghiate, ai pugni di mio padre, rimasi immobile. Il mio cervello si era bloccato, i miei muscoli si erano bloccati e l’unica cosa a cui riuscii a pensare era “finirà”.

«Scott. Che piacere vederti!».

Una voce familiare li fece girare all’improvviso. Austin sarebbe sicuramente venuto a cercarmi prima o poi, ma lui aveva fatto prima. Non so in che modo, ma Jayden era proprio davanti ai miei occhi.

Abbassai la maglietta quando i suoi occhi si posarono sul mio ventre scoperto.

«Se non ve ne andate immediatamente, credo proprio che non riuscirete ad uscire da questo locale vivi».

Potevano vincere, erano tre contro uno, eppure era bastata quella frase per farli correre via. La famiglia Murray aveva un gran bel potere in città, anche io ne avevo sentito parlare ma non avevo mai prestato molte attenzioni a quanto dicevano, perché sapere che c’erano persone così felici e così ricche, non faceva altro che deprimermi ancora di più.

Quando restammo soli, l’unica cosa che Jayden fece, fu lavarsi le mani.

Austin corse da noi poco dopo, sicuramente aveva visto quei tre uscire e aveva pensato che ci stessi mettendo davvero tanto.

«Jay, Kyla. Pensavo, ecco io…».

«Pensavi bene. Quei tre la stavano toccando. Ho sentito le loro voci dal bagno delle donne».

Lo guardammo un po' sorpresi.

«Come stai? Ti hanno fatto del male?».

Scossi la testa quando Austin si avvicinò a me e la mia reazione di allontanarmi gli fece capire che non era un bel momento per starmi addosso.

«Ora tu, ragazzina, mi devi spiegare cosa cazzo ci facevi nel bagno degli uomini». Jayden aveva gli occhi rossi dalla rabbia.

Abbassai lo sguardo e le mie mani diventarono carbone ardente. Mi stavo arrabbiando perché avrei dovuto ringraziarlo, eppure tutto in me avrebbe voluto gridargli che era solo un coglione.

«Jay calmati, sembra…».

«La devi smettere ok? Non ha due anni, può benissimo difendersi da sola».

Aveva ragione. Non sapevo farlo, non riuscivo a farlo.

«Non ho visto il simbolo sulla porta, sono entrata e basta».

I due mi guardarono, e ottenni proprio l’effetto che volevo. Jayden non poteva continuare a trattare Austin in quel modo, ma se non avessi parlato, Austin avrebbe continuato a cercare di difendermi e non volevo farli discutere oltre.

Andammo via in quel momento. Senza parlare fin quasi a casa.

«Che cazzo! Non ti bastava avermi rovinato la giornata, tu dovevi anche rovinarmi la serata e la mia cazzo di scopata!».

Non risposi. Qualsiasi cosa avessi detto avrei solo peggiorato le cose.

«Kyla, sei sicura di stare bene?». Annuii, ma lui voleva esserne davvero certo. «Ti…ti hanno fatto del male?».

Scossi la testa.

«Avrei dovuto lasciarti con loro, magari saresti cresciuta in un batter d’occhio questa notte».

Feci mezzo sorriso ad Austin senza degnare di uno sguardo quel coglione di Jayden, che aveva appena detto che avrebbe preferito farmi stuprare per avere la serata che voleva.

Mi diressi verso casa, non pensando che le chiavi le aveva lui, non di certo io.

Aspettai che i due si salutassero, senza voltarmi.

«Ecco signorina, può finalmente entrare e riposare nel grande ricco letto messo a sua disposizione».

Mi stava ancora deridendo e la rabbia stava aumentando.

Entrai prima di lui, dato che mi aveva aperto la porta e che mi aveva fatto un inchino a mo’ di gioco.

Ricordarsi esattamente dove dovessi andare non era facile, così indugiai un attimo non appena finite le scale. Lui mi raggiunse e si avvicinò al mio orecchio.

«Certo che devi proprio essere strana! Non hai neanche aperto mezza bocca per difenderti dalle mie parole. Come pensi che io possa stare con una ragazzina che accetta di tutto?».

Delle lacrime scesero sul mio viso e i suoi occhi, nel vederle, diventarono cupi.

«Oh, piangi».

Strinsi i pugni e feci per andarmene, ma lui mi fermò prendendo una mia mano e lasciandomela subito dopo.

«Bruci ragazzina».

Lo guardai ancora piangendo. «Mi dispiace, mi dispiace se ti sto creando problemi. Non avrei voluto. Puoi dire tutto quello che vuoi, credo di averne passate di peggio. Non avrai mai la soddisfazione di una mia risposta».

Corsi verso la porta ma lui mi raggiunse anche lì. Provai ad aprire prima del suo arrivo ma la chiave aveva dei difetti, proprio come li aveva se la chiudevo dall’interno.

Posò le sue mani vicino al mio viso. Era dietro di me. E se la rabbia stava infuocando le mie mani, la sua vicinanza mi stava facendo bruciare anche il viso.

«Ragazzina, vattene prima che la situazione peggiori. Non ti voglio qui!».

Mi girai, solo un secondo. Un secondo che sembrò durare un’eternità. Ci guardammo.

I suoi occhi chiari, i miei occhi nocciola.

Non avevamo nulla in comune, ed io probabilmente non sarei mai stata la donna della sua vita, ma dannazione! Era perfetto.

Entrai senza parlare, chiusi la porta e corsi in bagno.

La doccia fredda più bella della mia vita.

***

JAYDEN

Scesi in cucina durante la notte, non riuscivo a prendere sonno. C’era qualcosa che aveva detto quella ragazzina che aveva attirato la mia attenzione.

Le avevo toccato la mano, bruciava.

Le avevo fissato gli occhi, bruciavano.

Aveva passato di peggio. Le mie parole non l’avevano scalfita, per quanta rabbia potesse avere nei miei confronti per come mi ero comportato, non aveva detto nulla. Odiavo che non avesse risposto alle mie parole, odiavo che non reagisse, chiunque lo avrebbe fatto, anche il ragazzino più timido della scuola.

C’era qualcosa che non sapevo di lei.

Mio padre mi aveva detto che il cognome di sua madre era uno dei cognomi più rispettati in Arabia, che tutto quello che aveva suo padre era in realtà della famiglia di sua madre e che, anche se lui aveva perso praticamente ogni cosa, quella ragazzina rimaneva la sua ultima speranza di fare affari con un magnate arabo.

Mi aveva detto che erano parenti, Kyla e il magnate, e che lui non sapeva neanche dove fosse finita. Suo padre aveva preso le sue cose e si era traferiti in America. Una nuova moglie, un nuovo fratello.

I debiti lo avevano sopraffatto a tal punto che il suo prestigio finì, ma mio padre, se avesse ottenuto quel matrimonio, avrebbe estinto ogni suo debito.

Era quella la motivazione per cui lui la voleva così tanto.

La nostra azienda, già marchio Americano da decenni, non aveva bisogno di ulteriori collaborazioni, eppure, l’Arabia Saudita, rappresentava il futuro e avere una nostra società nel loro paese, avrebbe significato ricchezza eterna anche per i miei pronipoti.

Non avevo neanche aspettato di farlo finire di parlare, non avrei mai sposato nessuno in quel modo. Non avrei accettato di mettere quell’anello al dito neanche se fosse scesa la Dea della bellezza. Tutto quello che sognavo, era poter lavorare di giorno e divertirmi di sera.

Mio padre stava bevendo dell’acqua quella notte, proprio come stavo per fare io.

«Come è andata la serata?».

Sbuffai ridendo, pensando a quello che era successo. «Oh caro papà, sai come è fatto il locale dello zio di Austin, non è per tutti».

Si girò a guardarmi con gli occhi sgranati. «Avresti dovuto evitare di portarla lì».

Alzai il bicchiere verso di lui, come a fare un brindisi. «Bè troppo tardi. Si è messa nei guai nell’arco di due ore e ho dovuto portarla via, nulla di grave, non preoccuparti. Sta dormendo ora».

Bevvi dell’acqua mentre vidi sospirare mio padre.

«Non potresti solo essere più gentile?».

Scossi la testa. «Mi stai costringendo a fare una cosa che non voglio. Stai minacciando di togliermi tutto se non la sposo al ritorno della mamma. Come posso trattare bene quella ragazzina?».

Lo fermai prima che potesse rispondermi. «Deve essere stato facile per lei accettare. Passa da una famiglia mediocre alla nostra. Soldi dovunque, camere triple con bagno, qualsiasi cosa lei vorrà, le sarà data. Credi che sia dura pensare ad una vita in casa Murray?».

Prima di tornare a letto, finii il discorso. «Per me invece non è così facile. Ho già tutto, ma vuoi che prenda lei in sposa solo per i tuoi comodi. L’hai vista? Come puoi anche solo pensare che potrei sposarla?».

Kyla comparve dalla porta, proprio accanto a me. Non l’avevo sentita, non avevo sentito i suoi passi per le scale. Sembrava un fantasma e quella sembrava una riunione notturna di famiglia.

Volevo solo dell’acqua, ma mi ero ritrovato a fare discorsi impegnativi che non volevo fare, non più, non a quell’ora.

Aveva sentito ogni cosa, sicuramente le mie ultime parole. La vidi sorridere con imbarazzo a mio padre, forse perché lui la stava guardando dispiaciuto, e, come sempre, non mi disse nulla, non rispose e neanche mi aveva guardato.

«Kyla, devi scusarci».

Lei scosse la testa. «Signor Daniel, ho solo un po' di sete».

Bevve un sorso di acqua e se ne andò così come era arrivata.

«Non sai chi è quella ragazza, non la conosci e non conosci la sua vita. Dovresti avere più rispetto delle persone Jay, non ti abbiamo cresciuto così io e la mamma».

Alla fine rimasi solo a fissare la cucina. A pensare che tutti la difendevano e nessuno cercava almeno di capire me e di capire il perché mi stessi comportando in quel modo. L’indifferenza di tutti verso di me, mi spingeva solo ad odiarla di più.

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