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CAPITOLO 1

PRIMA PARTE

Quella casa era dannatamente enorme, con un giardino immenso, una piscina che sembrava come una di quelle che di tanto in tanto vedevo sui giornali che lasciavano sul vialetto.

Mio padre aveva comprato una casa modesta in America, non era piccola ma non era nulla in confronto a quella dove avrei vissuto.

«Io mi chiamo Daniel, sono il padre di Jayden. Sembri preoccupata».

Il suo sorriso mi mise a disagio, perché io non potevo ricambiare. Se fossi preoccupata? Ovvio che sì, nonostante tutto quello che avevo dovuto sopportare per quei 15 anni fosse stato qualcosa di inverosimile.

«Jayden ci sta aspettando».

Mi aprì la porta della macchina, e mi aiutò a scendere, dato che quell’auto era molto alta ed io molto esile.

Pensai per un secondo che probabilmente non voleva che scendendo mi si rompesse qualche osso.

Non avevo detto nessuna parola, non riuscivo a dire nulla che fosse sensato o che potesse smorzare i miei pensieri sul fatto che avrei sposato un uomo che non conoscevo e che sicuramente non era proprio felice della cosa.

All’ingresso, tutte in fila, c’erano delle persone vestite di nero e bianco. Le donne portavano una gonna lunga fino al ginocchio, mentre gli uomini avevano tutti una camicia bianca con una giacca nera.

Rimasero sbalorditi anche loro nel guardarmi entrare.

«Loro lavorano qui, per la mia famiglia. Quindi lavoreranno anche per te, da oggi».

Annuii. Nonostante la mia testa vagava sul pensiero che fino a pochi secondi prima, io svolgevo esattamente lo stesso lavoro, ma per la mia di famiglia.

«Lei è Leyla». Indicò una donna, che fu pronta a sorridermi. «Per qualsiasi cosa potrai sempre chiamare lei».

«Sarà un piacere, signorina». Sorrideva ancora.

Poi seguii Daniel in un corridoio, e il salone che mi si presentò davanti, mi colpì a tal punto da non rendermi conto neanche della presenza di un altro uomo.

Rimasi a fissare i soffitti altissimi, i lampadari giganteschi e qualsiasi dettaglio che rendeva quella stanza perfetta.

«Kyla, lui è Jayden».

Solo quando Daniel mi parlò, fui in grado di abbassare lo sguardo verso quei divani in pelle e fu lì che il mio cuore esplose per la prima volta.

Mandai giù della saliva quando lo vidi avvicinarsi e qualsiasi cosa balenasse nella mia mente, sparì, di colpo.

«Tu sei Kyla». Il suo corpo era troppo vicino al mio.

«Sei diventata rossa, ti sto mettendo a disagio?».

Stava giocando con me? Avevo sempre avuto quel problema. La mia pelle era un vero disastro, mostrava esattamente ogni mio pensiero. Se mi arrabbiavo, erano le mani a diventare rosse, se mi vergognavo, a diventare rosso era il mio collo, e se provavo imbarazzo, era il viso ad esplodere.

«Jayden, dalle un po' di tempo».

Lui sorrise, mentre con quei suoi occhi ghiaccio come il padre, continuava a fissarmi. Poi scosse la testa e si girò verso suo padre.

«Come? Mi costringi a sposarla e devo anche metterla a suo agio?».

Stava provando rabbia, riconoscevo quel tono della voce, era così simile al mio.

«Per favore, lei non c’entra nulla».

Abbassai lo sguardo. Non voleva sposarmi, ma sembrava fosse costretto e nulla di buono ne sarebbe uscito fuori se le cose non fossero cambiate.

Come avrei potuto fargli cambiare idea? Come poteva una come me, far cambiare idea ad uno come lui.

«Mi dispiace».

Si girarono di nuovo entrambi verso di me. Lui sembrò ancora più arrabbiato, Daniel tirò un sospiro di sollievo. Forse pensava che io fossi muta, o che non riuscissi a parlare, così le mie parole lo calmarono.

«Oh, ma guarda papà, la ragazzina parla anche!».

Sospirai anche io, tenendo gli occhi rivolti verso il pavimento.

Poi lui, con l’indice della sua mano, prese con forza il mio mento e mi costrinse a guardarlo. «Non sposerò mai una come te!».

Provai a togliermi dalla sua presa ma lui aveva ancora una cosa da dire. «Ma forse potremmo fare altro, almeno potresti farmi divertire, che ne dici?».

Suo padre venne in mio soccorso allontanando il figlio e chiedendo scusa da parte sua.

Lo vidi andare via, e poi, con Leyla, andai in quella che doveva essere la mia camera.

«Signorina Kyla, sta bene?».

Si vedeva così tanto che in realtà non stavo proprio saltando di gioia?

«Sì, mi scuso».

Scosse la testa. «Qui starai bene, Daniel è davvero gentile e il signorino Jayden…bè lui bisogna saperlo prendere».

Annuii come se avessi capito come fare. Non sapevo neanche come parlare, figuriamoci come “saper prendere” un uomo.

«La ringrazio».

Lasciò degli asciugami sul letto e venne verso di me. «Dammi del tu per favore, se hai bisogno di qualsiasi cosa non esitare a chiamarmi. Ti ho già preparato il bagno, e quelli». Disse indicando gli asciugamani. « Sono puliti, puoi usarli».

Prima di chiudere la porta mi sorrise ancora. «Nell’armadio troverai di tutto, il signor Daniel ha comprato qualsiasi cosa, e tutto della tua taglia».

Non feci in tempo a fare un mezzo sorriso anche io che lei chiuse la porta.

Il bagno era enorme, l’acqua nella vasca era calda e piena di petali di rose. Provai ad aprire un bagnoschiuma e rischiai di rovesciarlo tutto a terra. Il profumo che emanavo dopo quel bagno, era così intenso che, avvolta da quell’asciugamano in cotone morbidissimo, cascai nel sonno più profondo.

***

JAYDEN

Dopo aver fatto tre riunioni al posto di mio padre, che pensava solo a farmi sposare per i suoi affari, decisi che era arrivato il momento di tornare a casa, cenare e poi andare nel solito club con Austin, il mio migliore amico. L’unico amico che avessi, l’unica persona di cui mi fidassi.

Austin però aveva saputo da mio padre che Kyla era finalmente approdata a villa Murray, così, parcheggiata l’auto, notai senza sorpresa che stava fumando una sigaretta sugli scalini d’ingresso.

«Sai che mia madre odia trovare i mozziconi davanti il portone».

Lui rise. «Quando tornerà tua madre, questi mozziconi saranno spariti».

Ce ne erano un paio, doveva essere lì da una mezz’ora ma aveva deciso di aspettarmi prima di entrare.

Mio padre lo accolse come accoglieva me quando ero bambino; lo abbracciò forte e gli porse subito un bicchiere di whisky. Odiavo quando faceva così, perché mi escludeva per farmi capire che avevo sbagliato qualcosa.

Non avrei mai accettato quel fottuto matrimonio. Non volevo sposarmi, avevo ancora parecchie cose da fare, ma non avrei mai sposato lei, che sembrava una dodicenne mai cresciuta nonostante avesse solo qualche anno in meno a me.

«Jayden, almeno vai a chiamarla per la cena».

Fu quella l’unica cosa che mi disse prima di sparire in sala da pranzo.

Slacciai la cravatta, lasciandola cadere mentre salivo al secondo piano. Provai a bussare a quella porta abbastanza a lungo e qualcosa mi disse che dovevo entrare perché se le fosse successo qualcosa, mio padre mi avrebbe tolto i viveri.

Forzai l’apertura della porta con una spinta, quella stanza aveva ancora la porta antica che aveva fatto mettere mia nonna. Era l’unica stanza che avevamo deciso di lasciare proprio com’era, perché il ricordo di mia nonna non svanisse.

La trovai sul letto, con indosso solo l’accappatoio.

Sembrò così piccola che per un attimo provai tenerezza.

«Kyla, devi svegliarti».

Lo dissi tre volte, prima di scuoterla per capire se fosse ancora viva.

Quando finalmente aprì gli occhi, lo spavento quasi non la fece cadere dal letto. Fui pronto a prenderla e a tirarla su.

Il suo viso esplose ancora di rosso. Dovevo davvero metterla in imbarazzo e i suoi sfoghi ai miei gesti, mi davano piacere. Avrei potuto divertirmi davvero con una come lei. Così pura, così ingenua…

«La cena è pronta, ma se vuoi farmi godere per qualche minuto, possiamo andare più tardi».

Mi allontanò scendendo dal letto e cercando di coprire il più possibile, il pezzo delle gambe rimasto scoperto.

«Tranquilla piccola Kyla, sei così bassa e magra che l’accappatoio copre tutto quello che deve coprire». Mi avvicinai a lei, emanava un calore indescrivibile. Stava davvero andando a fuoco.

Presi la cinta del suo accappatoio e l’avvicinai a me. «Ma sappi che non ho alcun piacere a vedere nuda una come te».

La lasciai lì, incredula e prima di uscire dissi. «Se vuoi mangiare, mio padre ci aspetta».

Scesi in sala da pranzo, allargando le braccia. «Ho fatto il mio dovere padre, ma ho fame e noi due». Indicai Austin. «Abbiamo davvero degli impegni per questa sera».

Mio padre mi sorrise come quando sapeva di potermi rovinare i piani. «Mangeremo quando ci sarà anche Kyla».

Pensai che ci avrebbe messo un secolo. Tutte le donne per una cena si preparavano al massimo, sceglievano l’abito migliore e si truccavano per sembrare più belle, ma lei…lei non conosceva queste usanze, lei sembrava essere uscita da una prigione.

«Kyla, come stai?».

Austin rimase a fissarla per un po', prima che mio padre li presentasse. Sembrava catturato da quella ragazzina, forse perché non aveva mai visto un essere simile.

«Sono il migliore amico del tuo futuro marito».

Lei lo guardò, ma il suo viso, ormai candido come quella mattina, non prese fuoco. Il suo corpo parlava per lei?

«Jayden è burbero, ma un cuore ce l’ha, bisogna solo…».

«Saperlo prendere». Fu lei a finire la frase di Austin e quasi se ne pentì quando tutti i nostri occhi si rivolsero a lei.

«Mi dispiace, non volevo dire…».

Sbuffai. «Smettila di fare la finta santarellina. Non riuscirai mai a conquistare uno come me, in ogni caso smettila anche di scusarti per tutto, mi stai dando fastidio».

Provò a dire qualcosa, ma si fermò subito. Probabilmente stava per scusarsi di nuovo per qualcosa che non aveva fatto.

«Perché la stai trattando così». Austin era l’unico sincero con me, oltre a mio padre, che però si divertiva a fare il superiore con me e quindi io non lo prendevo mai in considerazione.

Odiavo però essere messo in un angolo davanti a degli sconosciuti e lei lo era, lei sarebbe rimasta per sempre una sconosciuta.

«Fatti gli affari tuoi Austin, vorrei mangiare».

La cena fu breve, nessuno sembrava aver voglia di mangiare quelle cose che la signorina Hanna cucinava insieme a Leyla in maniera perfetta ed io mi rallegrai, perché la mia serata in quella casa stava per terminare.

«Austin». Mio padre rivolse il suo miglior sorriso al mio migliore amico. «Dove andate stasera?».

I suoi occhi avevano una luce particolare, sapevo dove stava arrivando.

«Non ci pensare nemmeno papà».

Lei non aveva capito, ma io non l’avrei mai portata con me. Avrei preso una donna qualsiasi e l’avrei portata anche nei bagni, piuttosto che rimanere a secco quella sera.

«Ti andrebbe di portare Kyla con voi?».

Kyla sgranò gli occhi, Austin bevve un po' di vino ed io mi alzai di scatto dal tavolo.

«Sono molto stanca signor Daniel, non serve che…». Aveva appena detto una cosa intelligente eppure mio padre stava scuotendo la testa.

«Austin ti porterà a casa presto».

Annuii. «Bene, se proprio deve venire anche lei, non me ne assumerò la responsabilità».

Allargai le braccia.

Austin non gli avrebbe mai detto di no e lei non sarebbe stata capace di imporsi. Nulla sembrava poter andare peggio di quella giornata.

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