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Candace
Sono al lavoro e cerco di distrarmi il più possibile. Mi immergo completamente nei casi che mi assegnano, anche se so che è solo una scusa per non pensare a Bryley. Ogni volta che qualcuno mi chiede qualcosa, rispondo in modo meccanico, senza davvero elaborare le parole. Il volto di Bryley continua a emergere nella mia mente, come un'ombra che non riesco a scacciare. I suoi occhi, il modo in cui mi guardava prima di andarsene... è tutto ancora così vivido.
Accetto senza esitazione di seguire un caso difficile oggi. Mi aggrappo a questo incarico come se fosse una scialuppa di salvataggio, l'unica cosa che può tenermi a galla in questo mare di pensieri che mi sta soffocando. Ogni tanto sento il cellulare vibrare in tasca, ma non ho il coraggio di guardarlo. So che non è Bryley. So che non ci sarà nessun messaggio da lui, e ogni volta che ci penso, il dolore si riacutizza, come una ferita che non smette di sanguinare.
Quando finalmente arriva la pausa pranzo, non sono nemmeno sicura di avere fame. Non ho dormito bene, e i miei pensieri sono ancora troppo confusi. Sto per restare in ospedale e cercare di lavorare su qualche altra pratica quando Murray si avvicina con quel suo sguardo malizioso.
«Ehi, vieni a mangiare fuori? Sta per arrivare anche Ravindra».
Vorrei dirgli di no, che non ho voglia di mangiare, che l'unica cosa che desidero è tornare a casa, nascondermi sotto le coperte e dimenticare per un po' tutto questo dolore. Ma la sua insistenza, il modo in cui mi guarda, mi fa cedere. So che non accetterà un no come risposta, e forse stare con loro mi farà bene.
«Va bene, vengo».
Dico alla fine, cercando di sembrare più convinta di quanto mi senta realmente.
Quando Ravindra ci raggiunge, vedo subito la sua espressione cambiare. Lei è sempre stata brava a leggere le persone, soprattutto me. Ci conosciamo da così tanto tempo che a volte è come se potesse vedere dentro la mia anima con un solo sguardo. La vedo che mi osserva attentamente, e Murray, accanto a lei, le fa segno di non chiedere nulla, ma so che non servirà a fermarla.
«Uccido Bryley!»
Esclama Ravindra, con la solita determinazione che la contraddistingue.
«Ti ha fatto piangere lui?»
Abbasso lo sguardo, incapace di rispondere subito. Le lacrime minacciano di tornare, ma non voglio piangere di nuovo. Ho pianto abbastanza negli ultimi giorni, e non voglio sembrare ancora più debole di quanto già mi sento.
«Ma che diamine è successo, Candace?»
Insiste Ravindra, la sua voce piena di preoccupazione.
«Perché non mi hai chiamato? Cavoli, Candace, sono la tua migliore amica».
La sua preoccupazione mi tocca, mi fa sentire in colpa. So che avrei dovuto chiamarla, ma non volevo farla preoccupare, non volevo scaricarle addosso tutto questo caos che mi sta consumando.
«Non volevo farti preoccupare».
Dico infine, la voce che mi esce quasi in un sussurro.
«Ma...»
Inizia Ravindra, ma Murray la interrompe, cercando di alleggerire la situazione.
«Che dite se pranziamo?»
Dice con la sua solita spavalderia.
«Io ho fame!»
Ravindra lo guarda con una finta aria di disapprovazione, ma so che anche lei sta cercando di distogliere l'attenzione dalla mia tristezza.
«Tu hai sempre fame, Murray!»
Non posso fare a meno di ridacchiare. È una risata stanca, ma è comunque una risata, e sento un po' del peso che mi opprime sollevarsi, anche se solo per un istante.
«Almeno ho fatto ridere la principessa!»
Esclama Murray con un sorriso trionfante, come se fosse l'unico suo scopo nella vita.
Il sole è pallido oggi, e il cielo è coperto da un leggero strato di nuvole che sembra riflettere il mio umore. Ci sediamo su una panchina poco lontano dall'ospedale, e Murray inizia subito a raccontare una delle sue solite storie assurde, qualcosa su un paziente che ha detto di essere stato rapito dagli alieni.
Non riesco a seguire davvero quello che dice, ma il suo tono esagerato e le battute ridicole che aggiunge alla fine di ogni frase riescono a strapparmi qualche altro sorriso. È come se cercasse di riempire il silenzio, di allontanare la pesantezza che mi porto dentro, e per questo gli sono grata.
Ravindra, nel frattempo, mi guarda di sottecchi, come se stesse cercando il momento giusto per riportare la conversazione su di me. So che non ha dimenticato, e so che vuole parlarmi, capire cosa mi sta succedendo, ma per ora sembra accettare il tentativo di Murray di distrarmi.
«Murray, sai che gli alieni non ti rapirebbero mai, vero?»
Commenta Ravindra a un certo punto, alzando un sopracciglio.
«Sanno che sei troppo irritante anche per loro».
Murray finge di essere offeso, ma poi scoppia a ridere.
«Ehi, sarei il più divertente tra i rapiti, e tu lo sai!»
«Divertente? O insopportabile?»
Ribatte Ravindra con un sorriso, dando una spintarella a Murray.
«Insopportabile solo per quelli che non apprezzano il mio senso dell'umorismo superiore».
Replica lui, con aria di sfida.
Non posso fare a meno di ridere ancora, e in quel momento, seduta lì con loro, con Murray che continua a fare battute sceme e Ravindra che lo prende in giro, mi sento quasi normale. Quasi. Ma poi la realtà torna a farsi sentire, come un'onda che mi travolge all'improvviso.
Mi rendo conto che, per quanto mi facciano ridere, per quanto cerchino di farmi sentire meglio, c'è una parte di me che rimane sempre al mulino, lì dove so che Bryley è ancora chiuso. E non posso fare a meno di chiedermi cosa stia facendo adesso, se anche lui stia pensando a me, se anche lui stia soffrendo quanto soffro io.
«Candace, ci sei?»
La voce di Ravindra mi riporta alla realtà, e mi accorgo che mi ero persa di nuovo nei miei pensieri.
«Sì, scusate».
Mormoro.
Murray e Ravindra si scambiano uno sguardo, e so che stanno cercando di capire come aiutarmi, ma non c'è niente che possano fare. Questa è una cosa che devo risolvere io, e non so nemmeno da dove cominciare.
Murray sorride.
«Ehi, sai cosa? Dopo il turno dovremmo andare a prenderci una birra, tutti insieme. Come ai vecchi tempi. Cosa ne dite?»
Ravindra lo guarda e poi mi guarda, aspettando la mia reazione. Non ho voglia di uscire, non ho voglia di fare nulla, ma vedo nei loro occhi quanto ci tengano, quanto vogliano aiutarmi.
«Vediamo come va la giornata».
Rispondo infine, cercando di non chiudermi troppo.
Murray sembra accontentarsi di questa risposta, e riprende a parlare di qualche altra storia assurda, continuando a cercare di farmi ridere. E per un po', riesco a dimenticare tutto il dolore, riesco a sentirmi di nuovo un po' più leggera, anche se so che è solo temporaneo.
