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Bryley
Sono passati tre giorni, e in ognuno di questi tre giorni mi sono chiuso qui, nella stanza del mulino. Fuori, il mondo continua a girare, ma dentro queste mura sembra che il tempo si sia fermato. Mi siedo sul letto, fissando il soffitto, cercando di trovare un senso in tutto questo caos che mi riempie la testa. Se non ci fosse Callahan a tenermi sotto controllo, a ricordarmi che non posso andare in giro a spaccare tutto, probabilmente sarei già fuori a far danni. La rabbia che provo è una bestia che graffia dentro di me, e ogni volta che il cellulare suona, ogni volta che vedo un messaggio di Candace, quella bestia si agita ancora di più. Non rispondo, non posso rispondere. Eppure, ogni messaggio che ignoro mi fa sentire un po' più una merda. Mi sento un traditore, perché so che non ho creduto a Candace, non come avrei dovuto. Invece ho lasciato che Rohan si insinuasse tra noi, ho lasciato che le sue parole mi facessero dubitare di lei. Di Candace. E questo mi uccide.
Mi passo una mano tra i capelli, cercando di trovare un po' di chiarezza in mezzo a questo disordine mentale. Vorrei avere la forza di chiamarla, di spiegarle tutto, ma ogni volta che prendo il telefono, ogni volta che mi preparo a comporre il suo numero, qualcosa mi ferma. Che diavolo dovrei dirle? Che sono uno stronzo per non averle creduto? Che ho lasciato che la mia insicurezza prendesse il sopravvento? O peggio, che in fondo ho creduto a Rohan? No, non posso farlo. Non posso chiamarla e scaricarle addosso tutto questo.
Callahan, che fino ad ora è rimasto in silenzio, mi osserva mentre cerchiamo di sistemare i tavoli fuori dal mulino. È un lavoro che facciamo insieme spesso, una routine che mi ha sempre calmato. Ma oggi non funziona. La mia mente è altrove, e Callahan lo sa. Lo sente.
Alla fine, rompe il silenzio, parlando con quella sua voce calma, come se stesse analizzando un problema matematico.
«Sei sicuro che stare lontano da Candace sia la cosa giusta?»
Vorrei dire di no. Vorrei dire che non sono sicuro di niente in questo momento, ma la mia bocca si muove prima che il cervello possa fermarla.
«Più sto lontano, meglio è. Così non la faccio soffrire».
Callahan si ferma, lasciando cadere con calma un altro tavolo al suo posto. Mi guarda con quel suo sguardo penetrante, come se volesse scavare dentro di me per trovare la verità.
«Se lo dici te...»
Risponde, ma nel suo tono c'è un dubbio che mi mette a disagio.
Sospiro, abbassando lo sguardo. So cosa sta pensando. Sa che sto fuggendo. So che dovrei essere lì fuori, a combattere per Candace, per noi, ma invece sono qui, a nascondermi come un vigliacco. Vorrei chiamarla. Vorrei davvero. Ma che cazzo posso dirle? Che l'amo? Certo, è la verità. Che sono uno stupido? Anche questo è vero. Potrei chiederle di raggiungermi qui, al mulino, lontano da tutto e tutti. Ma come posso? Come posso chiedere a Candace di isolarsi? Da mamma e da papà? Da Ravindra e Murray? Non posso chiedere tanto.
Mentre penso a tutte queste cose, vedo Callahan che si avvicina a me, con quel suo solito sguardo di comprensione.
«Bryley».
Dice, posando una mano sulla mia spalla.
«Non puoi continuare a scappare. Lo sai, vero?»
Annuisco, anche se le parole faticano a uscire.
«Lo so, Callahan. Ma... cosa dovrei fare? Ho incasinato tutto. Non posso tornare da Candace e far finta che non sia successo niente».
Callahan mi guarda, e vedo la comprensione nei suoi occhi.
«Non puoi fare finta di niente, questo è sicuro. Ma non puoi nemmeno lasciarla lì, da sola, a cercare di capire perché sei scappato. Se c'è una cosa che ho imparato nella vita, Bryley, è che le persone che amiamo meritano di sapere la verità. Anche quando è difficile. Anche quando potrebbe far male».
Sospiro, sentendo il peso di quelle parole. Lo so che ha ragione, lo so che dovrei tornare da Candace, che dovrei parlare con lei, spiegarmi. Ma la paura mi blocca. E se Candace non volesse più vedermi? Se, dopo tutto questo, fosse troppo tardi per sistemare le cose?
Callahan sembra leggermi nel pensiero.
«Non puoi sapere cosa succederà finché non ci provi, Bryley. Candace è forte, lo sai meglio di me. Ma anche i più forti hanno bisogno di sapere di non essere soli. E adesso, lei è sola».
Quelle parole colpiscono nel segno. Candace è sola. E io l'ho lasciata così. Una parte di me vuole correre da lei in questo momento, abbracciarla, dirle che tutto si sistemerà. Ma un'altra parte, quella che ha paura di essere respinta, mi trattiene.
«Non so se riesco a farlo».
Ammetto a bassa voce, come se dire quelle parole ad alta voce le rendesse più reali.
Callahan mi guarda per un lungo momento, poi sospira, scuotendo la testa.
«Non devi essere perfetto, Bryley. Devi solo essere sincero. Candace non vuole un eroe, vuole te. E l'unico modo per sistemare le cose è smettere di nasconderti».
Guardo il telefono che tengo tra le mani, il pollice che scorre sulle notifiche non lette. Potrei chiamarla adesso. Potrei dirle tutto. Ma cosa succederebbe se Candace non volesse parlarmi? Se fosse troppo arrabbiata, troppo ferita per ascoltarmi?
«Che diavolo dovrei dirle, Callahan?»
Chiedo, la voce che trema leggermente.
Callahan sorride, un sorriso triste ma pieno di affetto.
«Dille la verità. Dille quello che provi, senza filtri. Se c'è una cosa che Candace merita, è la verità, anche se fa paura».
Sento il cuore battere più forte nel petto. Vorrei chiamarla, vorrei davvero. Ma ogni volta che sono sul punto di farlo, qualcosa mi blocca. Non posso smettere di pensare a Rohan, a quello che ha detto, a quello che potrebbe fare. E se Candace non mi perdonasse per non averle creduto? Se non riuscisse a superare tutto questo?
Mi passo una mano tra i capelli, frustrato da me stesso, dalla mia incapacità di fare la cosa giusta.
«Cazzo, Callahan... Non so nemmeno da dove cominciare».
Callahan mi guarda, e nei suoi occhi vedo una determinazione che mi sorprende.
«Inizia dal principio, Bryley. Chiama Candace. Non importa cosa dirai, l'importante è che lo fai. Il resto lo scoprirete insieme».
Resto lì, a fissare il telefono, le parole di Callahan che riecheggiano nella mia mente. Devo chiamarla. Devo parlare con lei. Ma la paura mi blocca ancora, come una catena che mi tiene legato al suolo. E mentre resto lì, combattendo con me stesso, mi rendo conto di una cosa: sto rischiando di perdere Candace. Di perderla per sempre.
E non posso permetterlo. Non posso perdere la cosa più importante della mia vita. Ma allora perché è così dannatamente difficile fare quella chiamata?
