Wells
Bailey
Quando arriviamo al parco, vedo subito James, appoggiato contro il nastro giallo che delimita la scena del crimine. Ha quell'aria scanzonata e infastidita che conosciamo tutti fin troppo bene. Non importa quanto sia seria la situazione, lui riesce sempre a trovare il modo di fare il sarcastico, come se stesse solo aspettando il momento giusto per una battuta. E non appena ci vede, non si lascia sfuggire l'occasione.
«Era ora che arrivaste, eh!»
Esclama, le braccia incrociate e un sorrisetto stampato in faccia. Gli lancio uno sguardo, sospirando leggermente. È la solita storia: James non perde mai occasione per prendere in giro chiunque.
Carter non si lascia certo intimidire. Si avvicina a lui con passo deciso, gli occhi che brillano di quella determinazione che adoro.
«Smettila, siamo in orario. Aggiornaci».
Dice, con un tono che non lascia spazio a repliche.
James alza le mani in segno di resa, ma il sorriso non scompare dalle sue labbra.
«Va bene, va bene. Allora, la vittima è stata colpita con un proiettile, sembra essere stata uccisa tra mezzanotte e le due. Un passante, che era in giro con il cane, l'ha trovata stamattina».
Fa una pausa, come se volesse lasciarci riflettere sulle informazioni, ma è chiaro che sta aspettando di vedere chi di noi farà la prossima domanda.
Mi gratto il mento, cercando di mettere insieme i pezzi nella mia testa. Un omicidio in un parco, di notte. Un colpo secco, preciso. Qualcosa non torna. Chi va in un parco a quell'ora senza un motivo? Doveva incontrare qualcuno, oppure è stato colto di sorpresa. O forse... sto pensando troppo. Come sempre.
«Come si chiama?»
Chiedo, cercando di mantenere il tono professionale. Serve un nome per iniziare a dare un volto alla vittima. James, però, mi fissa con un'espressione confusa per un attimo, poi sorride malizioso.
«Il cane?»
Risponde, e io capisco immediatamente che lo sta facendo di nuovo: cerca di sdrammatizzare, di alleggerire la situazione.
Carter scuote la testa con una smorfia, chiaramente stanca delle sue battute.
«Scemo, la vittima».
Lo corregge, il tono leggermente esasperato. James si gratta la testa, fingendo di essere distratto, ma so che è solo un gioco per lui.
«Ah, giusto! Si chiamava Wells».
Risponde finalmente, come se lo avesse appena ricordato.
Wells. Il nome non mi dice nulla, ma potrebbe essere chiunque. Chiunque può finire vittima in questa città, non importa chi sei o cosa fai. Però c'è qualcosa che non mi convince. Forse è la semplicità della scena, o il fatto che tutto sembra troppo pulito.
«Cellulare o dettagli utili?»
Chiede Carter, tornando subito sul pezzo. Lei non si perde in chiacchiere, non lascia che i dettagli sfuggano. È una delle cose che apprezzo di lei sul lavoro: la sua mente non si ferma mai. È sempre avanti, sempre pronta a fare la prossima mossa.
James annuisce.
«Il cellulare l'abbiamo già raccolto, lo darò a Luna per farlo analizzare. Al momento, però, non ci sono altri dettagli che saltano all'occhio. Ora faccio portare il corpo in obitorio, e appena abbiamo qualcosa di più, vi farò sapere».
James si volta per dare qualche ordine agli agenti, ma non prima di lanciare un'altra delle sue solite battute.
«Ah, e Bailey... cerca di non farti abbattere dal cane del testimone, ok? Non vorrei dover fare rapporto anche su di te».
Sorride con aria provocatoria, e io mi limito a lanciargli un'occhiata di avvertimento. È sempre lo stesso. Ma in fondo è anche il suo modo di gestire la pressione, lo capisco. Lo facciamo tutti, in un modo o nell'altro. Ognuno di noi ha i suoi demoni.
«Perfetto».
Rispondo, ignorando la sua provocazione.
«Noi intanto parliamo con il testimone, poi ci aggiorniamo».
Carter annuisce accanto a me, già pronta a muoversi. Non c'è tempo da perdere.
Mi avvicino al signore Kane, che sta tenendo un pastore tedesco al guinzaglio. L'uomo sembra nervoso, e non posso dargli torto. Non è facile imbattersi in un cadavere durante una passeggiata mattutina. Il cane, è grande e muscoloso, con un'aria vigile. Mentre ci avviciniamo, noto subito come i suoi occhi siano fissi su di me, e non in modo amichevole.
«Salve, vorremmo farle qualche domanda, se non le dispiace».
Inizio, cercando di mantenere il tono calmo e rassicurante.
Kane annuisce, ma prima che possa parlare, mi interrompe per spiegarsi.
«Come ogni mattina porto fuori Rocky. Lo lascio sempre libero, sa... è abituato a correre qui al parco. Ma oggi ha iniziato ad abbaiare come un matto... Non l'ha mai fatto prima, sa? Lui è buono. Non farebbe male a una mosca».
Proprio mentre lo dice, il cane ringhia leggermente, fissandomi con occhi sospettosi. Non posso fare a meno di sorridere ironicamente.
«Buono, certo».
Mormoro tra me e me, notando il modo in cui Rocky si irrigidisce, come se non mi volesse troppo vicino al suo padrone. Non posso biasimarlo. È un cane fedele, e per lui io sono un estraneo.
Carter, accanto a me, mantiene la calma, come sempre. Fa un passo avanti e chiede con voce gentile, ma ferma: «Non ha visto altro? Qualcosa di sospetto? Qualcuno che non avrebbe dovuto essere qui?»
Il signor Kane scuote la testa con aria triste.
«No, nulla di particolare. Solo il solito silenzio del mattino. Quando Rocky ha iniziato ad abbaiare, sono corso a vedere, e l'ho trovato... lì. Era già troppo tardi».
Lo vedo tremare leggermente mentre racconta la scena. Deve essere stato terribile. Anche se ha l'aria di qualcuno che ha visto cose brutte nella vita, questa è un'esperienza che non si dimentica facilmente. Lo capisco, anche troppo bene.
Annuisco, cercando di essere il più comprensivo possibile.
«Va bene, grazie per il suo tempo».
Dico, con un legger inchino del capo.
«Se ricorda qualcosa di più, non esiti a contattarci».
L'uomo annuisce, chiaramente sollevato di potersi allontanare da quella conversazione. Mentre ci allontaniamo, noto che Carter è silenziosa, persa nei suoi pensieri. So cosa le sta passando per la testa. Sta cercando di mettere insieme i pezzi, di trovare un collegamento tra il testimone, il cane, la vittima, e quel parco tranquillo che è diventato una scena del crimine.
Mi avvicino a lei, cercando di spezzare la tensione.
«Ehi, pensi che Rocky mi stia ancora minacciando con quello sguardo?»
Chiedo, con un sorriso divertito. Carter mi guarda, un accenno di sorriso che cerca di affiorare sulle sue labbra.
«Probabilmente sì. Direi che non sei il suo tipo».
Risponde, lasciandosi finalmente andare a un piccolo sorriso.
«Beh, immagino che dovrò accettarlo. Non posso piacere a tutti, no?»
Replico con un tono teatrale, cercando di tirarla su di morale. La verità è che questa situazione è pesante, e lo so. Ma se posso farla ridere, anche solo per un momento, ne vale la pena.
James ci raggiunge, con le mani in tasca e lo sguardo divertito.
«Non posso credere che tu abbia paura di un cane, Bailey».
Dice con un sorriso malizioso.
«Vuoi che ti prenda un peluche per farti sentire meglio?»
Gli lancio un'occhiata di traverso.
«Non ho paura di Rocky. Solo che... preferisco mantenermi intatto, sai. Non vorrei rischiare di finire in obitorio prima del tempo».
James ride, scuotendo la testa.
«Ah, certo. Sempre pronto a trovare scuse, eh?»
Fa una pausa, guardandosi attorno come se volesse cambiare discorso.
«Comunque, avete ottenuto qualcosa dal testimone?»
«Nulla di utile, per ora».
Risponde Carter, tornando seria.
«Solo il cane che ha trovato la vittima. Nessun segno di movimenti strane o persone sospette o altro».
James annuisce lentamente, come se stesse riflettendo.
«Ok, beh, vediamo cosa esce fuori dalle analisi del cellulare. Magari Luna riesce a tirar fuori qualcosa di interessante».
Annuisco, guardandomi intorno. Il parco sembra così tranquillo, ma sotto quella calma superficiale c'è qualcosa di più oscuro. Lo sento. E so che anche Carter lo sente.
