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Carter

Appena varco la soglia della centrale, l'odore familiare di caffè stantio e carta si mescola con il brusio incessante dei telefoni e delle voci che rimbalzano da un ufficio all'altro. È un caos organizzato, un mondo che mi è fin troppo familiare. Nonostante tutto, mi piace questo posto. C'è un senso di sicurezza tra queste mura, un senso di ordine che mi aiuta a non perdere il controllo, anche quando le cose diventano più complicate del previsto. E oggi è una di quelle giornate.

Mi faccio strada attraverso le scrivanie affollate, cercando con lo sguardo Luna. Lei è già immersa nel suo lavoro, ovviamente. Lo schermo del suo computer è illuminato da una serie di grafici e dati che lei consulta con l'attenzione di un chirurgo in sala operatoria. Quando mi avvicino, la saluto con un sorriso, cercando di staccarla per un momento dal suo mondo tecnologico.

«Buongiorno, tesoro!»

Dico, appoggiandomi alla scrivania e incrociando le braccia. Mi diverte sempre darle questo soprannome, perché so quanto le piace atteggiarsi a dura, ma con me lascia che il lato affettuoso esca fuori.

Luna solleva lo sguardo, un sorriso rapido che si allarga subito sulle sue labbra.

«Carter! Bailey!»

Esclama, la sua energia contagiosa come sempre. Bailey si avvicina a sua volta, sempre con quell'aria seria, ma lo vedo che si rilassa un po' in presenza di Raven. Lei ha questo effetto su di noi.

«Novità?»

Chiede Bailey senza preamboli. È impaziente, lo capisco. Dopo ore al parco, ora abbiamo bisogno di qualcosa di concreto, una direzione chiara.

«Oh sì!»

Risponde Luna, sfoderando un'espressione soddisfatta, come se avesse appena trovato un ago in un pagliaio.

«Da quello che ho scoperto, la vittima doveva dare una grossa somma di denaro a qualcuno».

Fa una pausa, lasciando che l'informazione scivoli tra di noi.

Mi mordo il labbro, riflettendo.

«Quindi sotto sotto non era proprio il tipo perfetto, eh?»

Dico, una punta di amarezza nella voce. Non è mai come sembra. Dietro ogni faccia pulita c'è sempre qualcosa che non va.

Luna scuote la testa.

«Da quanto pare, no. Ma non ho ancora tutti i dettagli. Appena scopro altro, vi avviso».

Bailey annuisce, i suoi pensieri chiaramente già altrove.

«Nel frattempo».

Dice.

«Chiamiamo parenti e amici stretti. Magari qualcuno di loro sa qualcosa».

Annuisco anche io.

«D'accordo iniziamo da lì».

Lo so, è un lavoro noioso, ma è quello che dobbiamo fare.

Le ore successive sono lunghe e pesanti. Io e Bailey ci alterniamo, interrogando i genitori della vittima, poi gli amici. I genitori sembrano sinceri nel loro dolore, e ripetono continuamente quanto il loro figlio fosse un "bravo ragazzo», come se questo potesse magicamente cancellare il crimine che lo ha strappato alla vita. Non ci dicono niente di utile. La madre piange, il padre fissa il vuoto. Non riesco a smettere di pensare a quanto deve essere devastante perdere un figlio in questo modo. È una ferita che non si chiude mai.

Gli amici, o meglio, i pochi che ci sono, non sono di grande aiuto. Il primo che interroghiamo sembra quasi infastidito, come se non fosse così legato alla vittima. Parla in modo vago, troppo vago per i miei gusti. Finge di non sapere nulla, ma io e Bailey scambiamo uno sguardo: entrambi sappiamo riconoscere un bugiardo quando lo vediamo. Però non abbiamo abbastanza per spingerlo oltre.

Quando arriviamo al secondo, Jacob, mi sento esausta. Non solo fisicamente, ma mentalmente. L'interrogatorio dopo interrogatorio mi sta logorando. Bailey siede accanto a me, rigido ma paziente. È sempre stato bravo a tenere il controllo, anche quando la frustrazione cresce.

Jacob, a differenza del primo, sembra più disposto a collaborare, ma c'è qualcosa nei suoi occhi che mi fa pensare che non ci stia dicendo tutto. Tuttavia, risponde con calma.

«Da quello che so».

Inizia, le mani che si stringono nervosamente sulle ginocchia,

«Ultimamente era cambiato. Aveva iniziato a giocare online, a scommettere. Ma oltre questo non diceva molto».

Mi guarda, quasi come se cercasse di capire se stiamo credendo alla sua storia.

Bailey interviene, un sopracciglio alzato.

«Giocare online?»

Chiede, con quel tono scettico che usa sempre quando qualcosa non gli torna.

«Sai che tipo di giochi? Con chi giocava?»

Jacob scrolla le spalle.

«Non lo so esattamente, ma sembrava... preso capisci? Parlava di vittorie, di soldi che giravano. Ma non ha mai detto altro. Mi dispiace, non so davvero altro».

Lo guardo negli occhi e sento che è sincero, almeno in parte. Però c'è un vuoto nelle sue risposte, un vuoto che non riesco a riempire. Scommesse online? Non è un dettaglio trascurabile, ma perché non menzionarlo prima? Questo cambia le cose. Lo ringrazio comunque, mentre Bailey prende appunti, la penna che scorre veloce sul blocco.

«Grazie, Jacob».

Dico alla fine, cercando di nascondere la frustrazione nella mia voce. Questo caso è più complicato di quanto sembri.

«Se ricordi qualcos'altro, anche il più piccolo dettaglio, faccelo sapere».

Lui annuisce, ma non mi aspetto che ci contatti di nuovo.

Quando Jacob se ne va, io e Bailey restiamo in silenzio per un momento, entrambi persi nei nostri pensieri. Mi passo una mano tra i capelli, cercando di allentare la tensione. C'è qualcosa che mi sfugge, ma non riesco a capire cosa.

Bailey si volta verso di me, interrompendo il mio silenzio con una delle sue osservazioni ironiche.

«I giochi online sono la rovina della gente, te l'ho sempre detto».

Dice con una smorfia, cercando di alleggerire l'atmosfera.

«Già».

Rispondo, il mio cuore non è in quelle parole. È vero, il gioco d'azzardo rovina vite, ma in questo caso sento che c'è molto di più sotto la superficie. Una grossa somma di denaro in ballo. Un omicidio in un parco. E un uomo che apparentemente non aveva nemici, ma anche nessun amico stretto. Mi chiedo cosa nascondesse davvero Wells.

Bailey si alza, allungando le braccia sopra la testa per sciogliere i muscoli.

«L'importante è riuscire a chiudere il caso».

Dice, con la voce bassa ma decisa. È sempre così. Lui guarda al quadro generale, mentre io mi perdo nei dettagli.

«Già».

Ripeto, ma so che non sarà così semplice. Abbiamo troppe domande e ancora poche risposte. Mi avvicino alla finestra dell'ufficio, osservando fuori il traffico che scorre lento. Il sole si sta abbassando, le ombre si allungano, e la stanchezza inizia a farsi sentire. Ma non posso fermarmi. Non possiamo fermarci.

Dentro di me, sento crescere l'urgenza di risolvere questo caso, di dare giustizia a Wells, qualunque fosse la sua vita segreta. Non possiamo permetterci di sbagliare.

E mentre mi perdo nei miei pensieri, sento la presenza rassicurante di Bailey accanto a me, e mi rendo conto che, qualunque cosa succeda, almeno non sono sola in questa battaglia.

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