Testarda
Bailey
I cinque minuti di Carter sono, come al solito, mezz'ora. Non posso fare a meno di sorridere tra me e me mentre guardo l'orologio e conto i minuti che scorrono. Lei lo fa sempre. Cinque minuti diventano dieci, dieci diventano quindici, e così via, finché alla fine mi ritrovo a doverla chiamare di nuovo o aspettare pazientemente, come in questo momento.
Sospiro, afferrando le chiavi di casa dal tavolino in soggiorno. È un peccato non poter andare a fare colazione fuori oggi, ma il lavoro quando chiama, chiama. Lo so bene. E so anche che Carter lo sa altrettanto. Lei è sempre stata quella che vuole essere lì, in prima linea, e non è certo il tipo che si tira indietro, anche se a volte vorrei che lo facesse. Vorrei che si prendesse più cura di sé. Ma so anche che non sarebbe la Carter che amo se lo facesse. Non sarebbe lei se non fosse sempre pronta a buttarsi nelle situazioni più difficili, anche quando io cerco di tenerla al sicuro.
Luna ci ha chiamato, e quando lo fa, significa che c'è qualcosa di grosso. Lei non è il tipo che fa scattare l'allarme per una sciocchezza. E poi è una nostra collega, ma anche una delle nostre migliori amiche. Se ci chiama, ci fidiamo. Punto.
Sono in soggiorno, le chiavi in mano, tamburellando con le dita contro il metallo. Ogni tanto lancio uno sguardo verso le scale, aspettando che Carter scenda. Non posso farci niente, penso sempre che forse questa volta sarà più veloce. Ma chi sto prendendo in giro? Carter è fatta così, e probabilmente si è persa tra i suoi pensieri sotto la doccia o ha avuto qualche battaglia epica con i suoi capelli ribelli. Mi scappa un sorriso al pensiero. Adoro ogni cosa di lei, anche quando mi fa aspettare mezz'ora invece di cinque minuti. Non riesco a fare a meno di amarla, anche in quei momenti.
Finalmente sento dei passi leggeri sulle scale, e quando alzo lo sguardo la vedo apparire. È sempre un'immagine che mi lascia un po' senza fiato, anche dopo tutto questo tempo. Ha i capelli ancora leggermente umidi, e quegli occhi luminosi che sanno vedere oltre ogni maschera che indosso. È pronta.
«Eccomi, andiamo».
Dice, come se fosse stata puntuale. C'è un accenno di scusa nella sua voce, ma so che non è del tutto sincera. Sa perfettamente quanto mi ha fatto aspettare. La guardo negli occhi e lascio andare un altro sorriso. Come potrei mai arrabbiarmi con lei?
«Prendiamo un caffè per strada e ti aggiorno».
Rispondo, cercando di suonare rilassato, anche se dentro di me so che la situazione probabilmente è già complicata. Ci aspetta una lunga giornata, e lo sento nelle ossa.
Carter annuisce, non dice nulla. Sa che non possiamo perdere tempo, e c'è qualcosa nei suoi occhi che mi fa pensare che anche lei abbia già capito che questo caso non sarà semplice. Lei ha un sesto senso per queste cose, lo ha sempre avuto.
Usciamo di casa e saliamo in macchina. Mi siedo al posto di guida, mentre lei si sistema accanto a me. Avvio il motore, il ronzio familiare che mi dà una sorta di sicurezza. L'auto è un rifugio, uno spazio in cui posso pensare mentre guido, mentre il mondo scorre fuori dal finestrino.
«Allora».
Comincio, cercando di concentrarmi sul lavoro.
«Dovremo trovare già James sul posto».
James è uno dei migliori sul campo. Se c'è qualcosa da trovare, lui la troverà. È sempre così, anche se il suo atteggiamento da "mi fido solo di me stesso" a volte lo rende difficile da gestire. Ma è bravo, e questo è quello che conta.
«La vittima è un ragazzo sui trentacinque anni, nessun segno particolare. Luna ha già inviato le schede informative: sembra un ragazzo pulito, nessuna traccia di problemi o coinvolgimenti in cose losche».
Faccio una pausa, lasciando che queste informazioni affondino. Non c'è niente di più sospetto di una vittima apparentemente perfetta. Pulito come il sole? In genere significa che nasconde qualcosa di grosso.
Carter sospira leggermente accanto a me, e posso quasi sentire i suoi pensieri che si muovono, come ingranaggi ben oliati. Lei non si ferma mai.
«Mmm... una vittima quindi con qualche segreto».
Mormora, più per sé stessa che per me. È la stessa conclusione a cui sono arrivato anche io.
«Già».
Confermo, gettando uno sguardo rapido nella sua direzione prima di tornare a guardare la strada. Le sue braccia sono incrociate, e i suoi occhi fissano il finestrino, ma so che non sta guardando il paesaggio. Sta pensando, riflettendo su quello che potrebbe aspettarci al parco.
La conosco così bene che potrei dire esattamente cosa sta pensando in questo momento. Sta cercando di capire come può collegarsi tutto. Il ragazzo pulito, la scena del crimine al parco, la chiamata di Luna. La sua mente è già al lavoro, cercando un filo logico che potrebbe non esserci. Ma c'è anche qualcos'altro. Qualcosa di più profondo che riconosco subito.
«Se non ti senti sicura di venire».
Dico piano, cercando di non farla sembrare una critica o un avvertimento.
«Ti accompagno alla centrale».
Le mie parole sono morbide, perché non voglio farle pensare che non la consideri forte. So quanto odia sentirsi vulnerabile, ma so anche quanto sia dura per lei ultimamente. Dopo tutto quello che abbiamo passato, dopo l'incubo ricorrente che la tormenta da anni... ho visto cosa le fa.
Carter mi guarda, e per un attimo penso che possa davvero accettare. C'è una scintilla di esitazione nei suoi occhi, qualcosa che passa rapido come un lampo, ma poi la sua espressione cambia. Quella determinazione feroce prende il sopravvento, e la Carter che conosco bene è di nuovo lì, pronta a non tirarsi indietro.
«Andiamo al parco».
Risponde, ferma. Senza esitazioni questa volta.
Non mi sorprende. È Carter. Lei non scappa mai, nemmeno quando dovrebbe. Ma è anche per questo che la amo, perché non si arrende mai. Nemmeno di fronte ai suoi demoni, nemmeno quando ogni singola fibra del suo corpo le urla di fermarsi.
Annuisco, stringendo le mani sul volante. "Ok, come vuoi," rispondo semplicemente, cercando di non far trapelare la preoccupazione. È la sua scelta, e io la rispetto. Ma dentro di me non posso fare a meno di chiedermi se questa sia davvero la cosa giusta per lei. So cosa le passa per la testa, so quanto la stia logorando l'idea di una nuova scena del crimine, di una nuova vita spezzata.
Mentre guido, lancio qualche occhiata furtiva verso di lei. È assorta nei suoi pensieri, e io mi chiedo se dovrei insistere. Se dovrei dirle che ha il diritto di prendersi una pausa, di lasciarci gestire tutto il caos per una volta. Ma so che sarebbe inutile. Lei è fatta così. Preferirebbe cadere a pezzi che lasciare che gli altri si prendano cura delle cose al posto suo.
Mi mordo l'interno della guancia, concentrandomi sulla strada. La verità è che mi preoccupo per lei più di quanto non le dica. Ho paura che un giorno tutta questa tensione, tutto questo dolore, la spezzi davvero. Ma non posso costringerla a fermarsi. Tutto quello che posso fare è essere qui, al suo fianco, sperando di riuscire a proteggerla, almeno un po'.
Stiamo per arrivare al parco, ma la mia mente è ancora su di lei. Sul modo in cui si stringe le mani, quasi nervosa, anche se non lo ammetterebbe mai. Sul modo in cui i suoi occhi si perdono nel vuoto, lontani, come se stesse già cercando risposte che non abbiamo ancora trovato.
Sospirando, sposto di nuovo lo sguardo sulla strada davanti a noi. Forse oggi sarà diverso. Forse troveremo risposte più velocemente del solito. Ma c'è una parte di me che sa già che non sarà così facile.
