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Capitolo 5

Fottutamente sua.

Stiamo pranzando e Matteo racconta le vicende di lui e Riccardo quando erano molto piccoli.

Il modo in cui raccontava mi faceva un sacco ridere.

Entrambi si prendono molto in giro nelle storie che raccontano, ma senza offendere l’uno o l’altro.

Piangevo da quando mi facevano sorridere e quasi mi ha fatto bene al cuore.

«Tu hai sorelle Matilde?» Mi chiede Enea.

«Sì, studiano tutte all’estero ma non siamo molto legate» La situazione si è un po’ smorzata.

Mi mancano un sacco.

Finito il pranzo stavo pulendo i piatti e Riccardo li stava asciugando.

«Stai bene?» Chiede preoccupato per me.

Non rispondo perché onestamente non lo so.

«Ti va un giro in bicicletta?» Io lo guardo.

«Me lo stai chiedendo o imponendo?» Lui ride, sorriso a trentadue denti.

Ovviamente mi sta obbligando.

Gli è venuta la brillante idea di andare a fare un giro tra i boschi in bicicletta.

L’idea è molto divertente, quando ero piccola andavo spesso in bicicletta.

Non è faticoso, ma neanche tanto rilassante.

Stavo osservando il cielo e gli alberi a naso in su, abbasso la testa e noto uno scoiattolo nel viottolo del bosco, come situazione comica inchiodo, frenando di colpo ma perdendo il controllo della bicicletta.

Inizio a rotolare sotto una scarpata e rotolo e rotolo giù.

«Matilde!»Urla Riccardo, grazie a dio un albero blocca la mia discesa.

Ho picchiato più volte anche la testa, mi fa male tutto ovunque, la mia pelle brucia ed è piena di graffi.

«Stai bene?» Urla in cima alla scarpata

«Non molto!» Urlo.

Sto per piangere, mi fa male tutto e ovunque.,

«Resta lì vengo a prenderti!»Urla ancora, la caviglia mi fa malissimo, la sento pulsare e le mie braccia iniziano a sanguinare, “quello scoiattolo di merda”

«Come se potessi andare da qualche parte!» Urlo.

Provo ad alzarmi, le mie costole fanno malissimo e anche la mia testa.

La tocco e nella mia mano c’è del sangue.

«Ti sembra il momento di fare del sarcasmo?» Urla ancora lui.

“Ti sembra il momento di fare del sarcasmo?” Dico tra me e me facendogli il verso.

Scese giù e io ero in piedi, ma tutta rotta.

«Vieni!» Mi porge la mano e inizia a tirarmi su, afferrandomi anche dal sedere.

«Perdonami!» Dice.

Oh beh, ha una palpata di culo molto forte, non mi dispiace.

Finalmente tra una palpata di culo e l’altra, mi trascina fino in cima.

«Devo portarti in ospedale!» Dice.

«Sto bene. Sono solo un po' sbucciata. Portami solo a casa, tranquillo». Mi alzo in piedi e ci avviamo piano piano alla casa.

Zoppicavo e man mano che proseguivamo la mia testa perdeva sangue.

«Io chiamo una ambulanza Matilde!» Arriviamo alla casa.

«No,non ci voglio andare!» Mi arrabbio e entro in casa.

Lui sbuffa e entra con me.

Enea e Matteo sono andati in città a fare spese.

Entrata in casa mi siedo sulla poltrona in salotto.

Riccardo corre in bagno a prendere la cassetta del pronto soccorso.

«Devi toglierti i pantaloni e la maglia» Io lo guardo.

«No che non devo» Non voglio spogliarmi davanti a lui.

«Devo medicarti Matilde, tranquilla!» D’accordo, gli faccio il cenno di voltarsi.

Lui si gira di spalle, portandosi la mano sulla testa.

«Posso adesso?»

Mi tolgo i pantaloni e prendo una coperta che sta sul divano, mi copro lasciando solo la gamba rotta scoperta.

«Fatto!» Si volta verso di me sbuffando e iniziando a medicarmi.

«Ahi!!» Urlo agitandomi.

Afferra il mio piede e blocca la mia gamba in mezzo alle sue.

Medica la mia coscia e il ginocchio.

Io continuo a agitarmi, brucia.

«Sta buona, accidenti!» Fascia il mio ginocchio e poi medica la mia testa.

«Non hai bisogno di punti è solo un graffio superficiale!» Mette un cerotto anche lì.

«Sicura di stare bene?» Annuisco.

«Si, sto bene» Anche se mi fa male tutto e ovunque.

Mi alzo in piedi, inciampo sulla coperta, perdo l'equilibrio e cado su di lui.

«Sei proprio imbranata oggi!» Sfiora miei capelli, mettendomi dritta.

«Mi pare che la brillante idea di andare in bicicletta oggi sia stata tua!» Rispondo scontrosa.

«In bicicletta si impara ad andarci da piccoli!»È stata colpa di uno scoiattolo!

Lo spingo via e tutta dolorante e zoppicante vado a vestirmi.

«Hai proprio un bel culo lo sai?»Alzo il dito medio mandandolo a quel paese.

Inizio a salire le scale, una a una, con “ahi, cazzo che dolore, Ah” a ogni scalino.

Riccardo appare alle mie spalle prendendomi in braccio, ma non stava andando verso la mia camera, stava andando verso la sua camera da letto.

«Riccardo, no!» Lui mi mette giù.

Provo a allontanarmi, ma mi spinge dentro la stanza.

«Ti prego, fammi uscire!» Provo a scivolare via sotto la sua presa, ma mi afferra bloccandomi al muro.

La porta della sua camera da letto si chiude.

Inizia a baciarmi il collo, le sue labbra e i suoi baci caldi, invadono il mio collo.

Soffrivo con il dolore alle costole, ma quel Riccardo no, si trasformò in "Riccardo non smettere".

E poco prima che iniziasse a baciare le mie labbra, sento sbattere la porta di casa.

«Piccioncini dove siete?» Matteo grida dal piano di sotto.

Io torno con i piedi per terra.

Il mio cuore batte a mille.

«Come quando eravamo bambini!» Sbuffa lui.

Io riesco a scivolare via dalla sua presa.

«Forse è meglio così!» Scappo via nella mia stanza, scontrandomi con Matteo nel corridoio, mi ci chiudo dentro.

Chiudo per un instante gli occhi e toccai con le dita le mie labbra.

Stavamo per baciarci,le sue mani addosso a me, le sue labbra addosso a me, le voglio ancora.

Mi manca il respiro.

Resto chiusa per tutto il tempo nella stanza, a fissare il vuoto.

Solo verso ora di cena decido di uscire.

Dopo essermi vestita e preso un antidolorifico, esco dalla stanza.

La casa è invasa da una dolce melodia.

Zoppicando mi avvicino alla cucina ed è apparecchiato solo per due!

«Non cenano Matteo ed Enea?» Chiedo.

«No, sono tornati in città, Matteo ha avuto del lavoro improvviso, quindi siamo solo io e te!» Fantastico! Non ci voleva.

Mi siedo toccandomi le costole.

«Stai bene? sei sicura che non vuoi andare al pronto soccorso?» Io annuisco.

Si china verso di me toccandomi con le dita un fianco.

Stavo per piangere dal dolore.

«Non sembrano rotte, solo indolenzite» Fanno malissimo.

«Sei un medico ora?» Lo prendo in giro.

«Giocavo a football, ho avuto molte volte le costole rotte» Ora mi spiego il suo fisico scolpito.

«Ti va di parlare di ciò che è successo oggi?» Dice lui mettendosi a sedere.

«Di cosa? Di cosa dobbiamo parlare? Non è successo niente!» sono dolorante e lui voleva ancora parlare o provarci con me.

«Cosa ti è successo? Cosa ti spinge a non voler amare o stare con qualcuno?» Scuoto la testa.

«Niente, ho sempre avuto delusioni d'amore, chi non ne ha una? Tu mi spaventi Riccardo!» Lui mi fissa in modo al quanto inquietante.

«Ti spavento?» Era divertito?

«Beh, tu sai quello che vuoi, io no!»sorrido e do un morso al delizioso spezzatino che aveva preparato.

«Perché io voglio te!» Sorride, il suo sorrisetto inquietante.

«Ma io non sono sicura, è questo il punto!» Lui mi stringe la mano!

«Voi donne non siete mai sicure di niente, ciò non mi turba!» Scoppio a ridere.

«Mangiamo?» Dico.

«Si certo!» Non gli avevo dato una risposta e non mi fece pressione.

Il ritorno a casa il giorno dopo è tutto molto silenzioso, dopo cena mi ero chiusa in camera, soffrivo moltonper la cadutae lui credo si era rifugiato nella sua.n

Non parliamo e non ridiamo, mi riaccompagna fino alla porta.

«Allora vado, ci vediamo a lavoro!»Dice più freddo dell’inverno.

«Ciao!» Rientro in casa, come se stessi fuggendo da un killer.

Appena entrata, lo spio dalla finestra, lui resta un po' lì a guardare la porta, crede stia aspettando che io apra.

Non so cosa mi prende, l'amore per me è sempre stato un gioco, nulla di che, non mi ricordo nulla manco della mia ultima relazione.

Ma quando sto accanto a lui, tutto diventa strano, io sono strana, intorno a lui ci sono mille tempeste, a volte anche qualche saetta.

Mi rintano a dormire nella mia stanza, ho bisogno di dormire svegliarmi e stare bene.

Scivolo delicatamente sotto le coperte, facendomi abbracciare dal mio piumone.

Mi sveglio di soprassalto sentendo dei rumori provenire dal piano di sotto, mi alzo di colpo, prendo il candelabro sopra il tavolino lungo il corridoio e scendendo piano piano vado verso la cucina, il frigorifero è aperto e qualcuno ci trufola dentro.

Lo stavo per picchiare con il mio candelabro, quando la sagoma di Riccardo mi si presenta davanti.

«A buona sera!» Dice, mentre io urlo per lo spavento.

«Cosa ci fai qui?» Poso il candelabro, glielo stavo per spaccare in testa.

«Ho suonato e non aprivi, così sono entrato, controllato se ci fossi, ho visto che dormivi e ti sto preparando la cena!» Camminava per la mia cucina avanti e indietro, io lo seguivo per la cucina.

Incrocio le braccia.

«Si e come hai fatto a entrare?»Chiedo e lui mi indica un mazzo di chiavi sul bancone della cucina.

«Ne ho una copia!» Mi porto le mani alla faccia.

«Perché?» Dico nervosa.

«In caso ti succedesse qualcosa, mi preoccupo lo sai!» Il colmo, con lui sono caduta sotto una scarpata e ora vuole proteggermi?

«So difendermi da sola!» Urlo.

«Oh si, con quello sicuramente!»Indicando il candelabro.

«Ero pronta a spaccartelo in testa o a spaccarti la testa!» Sono agitata e nervosa.

«Hai fame?» Io ho sempre fame quando sono nervosa.

«Vieni allora ,siediti!» Mi trascina mettendomi seduta.

«Comincio a prendere il gusto di qualcuno che cucina per me» Lui mi guarda malissimo.

«Mangia e zitta!» Scoppio a ridere.

Mi è passata l’incazzatura.

«Stai bene? Le tue costole?» Mi tocco il fianco.

«Ancora dolorante!» Si sente in colpa, glielo leggo negli occhi.

Finito di cenare mi alzo in piedi.

«Ti va del gelato?» Ne ho una vaschetta in congelatore.

«Si certo!» Prendo la vaschetta dal congelatore, chiudo lo sportello e mi volto, lui è lì davanti a me.

«Posso passare?» lui dice di no con la testa.

Prende la vaschetta del gelato e l'appoggia sulla cucina.

«Sii mia Matilde, non te ne pentirai, davvero!» Sfiora con il pollice le mie labbra.

Io appoggio la mia mano sul suo braccio.

«Non sarò mai la tua bambola Riccardo, questo lo sai vero?» La mia paura è proprio quella, diventare uno sfizio.

«Oh tesoro, sarai molto di più che il mio semplice giocattolino!» Io spalanco la bocca.

«Sto scherzando Matilde!» dice chiudendomi la bocca.

«Appena oserai farmi del male, ti strapperò il cuore a morsi!» A questa mia frase lui si precipita sulle mie labbra, bloccandomi al frigorifero, mi afferra in braccio a lui, gettandomi sul divano.

Solitamente a letto avevo io il pieno controllo di ogni cosa, stavolta era diverso, è lui che mi dice con uno sguardo cosa fare.

Sento le sue mani accarezzare il mio corpo, sbottonare il mio reggiseno e sfilare i miei pantaloni.

Lancia i pantaloni in un angolo della sala, resta in boxer, scivolo con la mano dal petto al suo pene dentro i boxer.

«Cazzo!» Impreca lui, io fermo la mia mano da dentro i suoi boxer.

«Tutto okay?» Chiedo.

«Prendi i miei pantaloni, guarda nella tasca destra, sul sedere!» Mi alzo, lui si siede comodo sul divano, ammirando il mio sedere.

Io mi chino, mostrandogli tutto il mio sedere, prendo dalla tasca una bustina di profilattico.

«Questa?» Chiedo.

Mi avvicino, lui mi afferra per il sedere, mettendomi seduta su di lui.

«Alzati in piedi sul divano e tirati giù le mutandine!» Senza esitare lo faccio, le lanciai indietro sul pavimento.

Mi afferrò di nuovo per il sedere, portandomi sulla sua bocca, i miei ginocchi erano saldi alla spalliera del divano, in piedi davanti a lui, con la bocca in mezzo alle mie gambe.

Ansimai, ansimai parecchio, il bastardo ci sapeva fare, aggiunse anche le dita, ci sapeva fare anche con quelle.

Poi di colpo mi ritrovo di nuovo seduta su di lui, apro gli occhi.

Prende la mia mano.

Prende la bustina la stringevo ancora.

Indossò il contenuto, e dolcemente entrò dentro di me, io lo accolsi a pieno, distendendomi poi completamente sul divano.  

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