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Capitolo 6

Sofferenza.

Sdraiati e inermi nel divano, esausti e con il fiatone.

Era molto che non facevo del sesso così, mi sento sopra una nuvola.

Il suo corpo è caldo mi stringe forte a se.

Credevo volesse rimanere per la notte, ma poco prima di accovacciarmi addosso lui, si sfila da sotto di me e inizia a rivestirsi.

«Vai via?» Lui annuisce cercando le sue mutande e i suoi pantaloni.

«Si, devo vedermi con una persona sul tardi» Mi volto verso l’orologio, con chi mai deve incontrarsi a mezzanotte?

Indosso la mia maglietta, le mie costole hanno ricominciato a farmi male, l’effetto dell’antidolorifico è terminato.

Si avvicina a me, afferra il mio mento e lo tira su.

«Ti scrivo io piccola!» Quel "ti scrivo io", mi ha fatto terribilmente male.

«Si come no!» Bisbiglio.

«Come scusa?» Faccio finta di niente, sfoggio il mio miglior sorriso.

«Attenderò un tuo messaggio» Sorride, come fa a essere così tranquillo non lo so.

So benissimo che non mi scriverà mai, quello di prima era solo sesso.

Ovviamente come dubitarne è Riccardo Leone, la sua fama per lo più è dovuta al fatto che gli piace illudere le donne.

Le sue relazioni non sono mai durate molto; anche Matteo durante il pranzo il fine settimana aveva tirato la sua classica freccitina.

“Fai attenzione mia cara Matilde, quest’uomo ha spezzato più cuori di quanto pensi”

Lo accompagno alla porta, “Se mi bacia sulla fronte è stato solo sesso, se mi bacia sulle labbra allora tornerà da me”

Poco prima di uscire mi lascia un leggero bacio sulla fronte, accarezza la mia guancia e mi sussurra "a presto”.

Chiudo la porta, iniziando a piangere; mi sento cosi stupida.

Sono caduta nuovamente nelle braccia di chi mi ha usata e illusa.

Non è giusto però, non merito questo trattamento, perché gli uomini continuano a usarmi?

«Buongiorno signorina De santis!» Alaya mi si presenta a corsa, seguendomi dentro l'ascensore.

«Buongiorno Alaya, novità?» chiedo, ha il fiatone a mille.

«No, lei lo ha sentito?»Alaya è preoccupata nei miei confronti.

Durante le lunghe giornate di lavoro, dopo quello che è successo tra me e Riccardo; io e Alaya abbiamo legato moltissimo, creando un bellissimo rapporto di amicizia.

Le ho raccontato di Riccardo, anche perché era inevitabile farlo.

Mi ha beccata a piangere in bagno.

«No, sono due settimane che non si fa sentire, se mai dovesse farsi vedere giuro che lo uccido!» L’ho superata, si vede?

«Bene, perché c’è qualcuno di molto interessante che l’aspetta in ufficio!» Lei ammicca, mi fa l’occhiolino e mi da le spallate.

«Non è Riccardo?» La porta dell’ascensore si apre davanti a noi.

«No, ma ha ricevuto delle rose rosse questa mattina!» Lei continua a ammiccare.

Cammino subito verso il mio ufficio ed entro.

Le rose in effetti ci sono.

Si trovano adagiate sulla mia scrivania e sono anche molto belle.

Ma non vedo nessun uomo nel mio ufficio ad aspettarmi.

Scuoto le rose, sperando di far cadere un biglietto, non l’ho superata e ancora spero in Riccardo.

Alcuni petali cadono in terra, mi chino per raccoglierli e due piedi si presentano davanti a me.

Lentamente salgo con lo sguardo ed io conosco quella mascella scolpita.

«Che ci fai qui? Victor?» Torno su, drizzando la schiena.

«Hai addirittura un bagno privato?» Ride.

«Victor ti ho fatto una domanda, cosa ci fai qui?» Sono ancora incazzata con lui.

Nei miei vertiginosi tacchi faccio il giro, per sedermi nella mia poltrona.

«Ho saputo ora della tua fama. Solo pochi giorni fa; volevo congratularmi di persona con te!» Congratularsi con me? Non mi ha mai fatto un complimento, neanche quando mi facevo carina per lui.

«Grazie, prenditi le rose e vai via!»Prendo le rose e gliele lancio.

Victor alza un sopracciglio, fa il giro della mia scrivania e ci si siede sopra.

«Non ti sono mancato un po'?» Sfiora il mio viso e io lo schifo.

«No grazie» Lui tocca le rose e ne strappa un petalo.

«Non te le ho mandate io, chiunque ti conosca dovrebbe sapere che ti piacciono i girasoli» Si alza in piedi e si avvicina a me detro le mie spalle.

Sfiora il mio collo con le dita e con il petalo della rosa la scollatura del mio seno.

Mi vengono i brividi.

«Mi sei mancata lo sai?» Si avvicina al mio collo e inizia a baciarlo.

Quello è il mio punto debole e lui lo sa benissimo.

«Victor, se non è la mia fama a farti tornare da me, cosa è? Amore non credo considerando che mi hai lasciata dandomi della poveraccia» Torno in me, facendo un enorme sospiro.

Lui sbuffa ha capito di essere stato beccato.

«La mia azienda va a puttane, ho bisogno del tuo aiuto! Io c’ero quando tu avevi bisogno, ti ho aiutata!» Scoppio a ridere, ma a ridere forte.

Mi vengono quasi le lacrime agli occhi.

Poi smetto tornando seria e inizio a urlargli addosso, afferro anche le rose sulla scrivania.

«Mi chiedi di sposarti, dici di amarmi, mi fai organizzare un fottuto matrimonio e poi vuoi che ti aiuto? Hai idea dei soldi che ho perso io? Aiutata? Tu hai distrutto la mia vita» Lui cerca di schivare le enormi botte e le spine delle rose.

«Sparisci!» Urlo ancora.

Ci sono petali di rosa ovunque.

Smetto andando a aprire la porta,

Lui tutto rotto se ne esce con:

«comunque noto che non sono ben accetto. Ti capisco, sarò qui ancora per tre giorni, il numero è il solito, scrivimi se vuoi parlare un po'!» Lo spingo fuori della porta, mandandolo a fanculo.

Sbatto la porta e inizio a ripulire in terra.

Mentre raccolgo i petali noto che sotto la scrivania c’è un biglietto.

“Scusami.

-Riccardo”

C’è scritto nel biglietto.

Vaffanculo anche a Riccardo, vaffanculo.

Getto tutto nel cestino.

Sono furiosa.

«Chi era quello appena uscito?» Riccardo entra dentro il mio ufficio chiudendo la porta alle sue spalle.

Lentamente mi giro a guardarlo, fulminandolo con lo sguardo.

Oggi rischio di essere arrestata per duplice omicidio.

«E perché stai gettando quelle che erano le rose che ti ho comprato?» Bene le ha notate.

«Nessuno, tranquillo!» Lo ignoro tornando alla mia postazione, posso oggi lavorare senza rotture di scatole?

«Non sto tranquillo, sei mia o dimentichi?» Chiudo e apro gli occhi, mi si tappa la vena in testa un’altra volta.

«Tua?» dico sgranando gli occhi.

«Si mia! Qualcosa in contrario?» Lentamente mi alzo in piedi.

«Non ho capito bene, di chi è che sono?» Appoggio le mani alla scrivania.

«Matilde?» Lui nota il mio sguardo incazzoso.

«Mi scopi e sparisci per settimane» Sono esasperata, lo si percepisce nel mio tono di voce.

Inizio a camminare girandogli intorno.

«Mi dici che mi scrivi dopo aver scopato e non ti fai sentire, io no sono la tua fottuta bambola, non sono tua, non sono di nessuno ok!» Cerco di mantenere un tono calmo e pacato, ma il volume inizia a aumentare e anche i miei schiaffi nei suoi confronti.

Mi prudono le mani, lui si copre il volto mentre lo schiaffeggio.

Riesce a afferrarmele e a bloccarle.

«Ti vuoi calmare!» Calmare? Ma io gli spezzo le ossa a lui e quell’altro coglione.

Lo spingo via.

«Hai un motivo valido, dimmelo il motivo per il quale io debba calmarmi. Il motivo che giustifica il fatto che sei sparito?» Lui scuote la testa dicendo di no.

«Sì lo ho, ma non posso dirtelo!» Torno dritta con la schiena, mettendomi in ordine i vestiti.

«Allora sparisci Riccardo, io ti avevo avvertito!» Lui afferra le mie guance.

«Ti prego, ti dirò il motivo, ma non ora. Non è il momento, non voglio ferirti. Non c'è stato giorno in cui non ho pensato a te. Credimi, volevo chiamarti o scriverti. Non ho potuto!» Tolgo le sue mani dal mio volto.

«Cercami appena troverai il coraggio!» Resta per un attimo a fissarmi negli occhi, stava per dire qualcosa ma se ne va via arrabbiato, sbattendo la porta del mio ufficio.

Non ne voglio più sapere di uomini, non ne voglio più.

Mi chino sul pavimento nuovamente per levare gli ultimi pezzi delle rose e le mie ginocchia cedono.

Cado sul pavimento a piangere.

Sono stanca e distrutta e sempre più sola.

Qualcuno di voi ha mai ascoltato Beethoven, Moonlight.

Nei momenti più bui in cui sto male è un tocca sana per me, mi rilassa, mi ricorda quando facevo danza classica sei o sette anni fa.

Ricordo di aver preso lezioni di piano solo per imparare a suonarla.

Non riuscendo più a lavorare torno a casa, la mia testa sta ancora fissa lì in Victor che vuole usarmi come un oggetto nuovamente e Riccardo che mi ha utilizzata abbastanza.

Entrata in casa guardo il pianoforte, l'avevo in Italia, me lo sono fatto spedire qualche settimana fa.

Alzo il coperchio dei tasti e li sfioro con i polpastrelli, chissà se mi ricordo ancora come si fa!

Prendo lo spartito di Moonlight e pigio il primo tasto della prima nota, chiudo gli occhi e solo la prima nota mi ha dato un leggero brivido addosso, ricomincio da capo.

Sento i tasti del pianoforte scorrere sulle mie dita, nota per nota.

Chiudo gli occhi e mi lascio trasportare da quella melodia soave.

Il suono più triste al mondo, eppure mi fa sentire così rilassata.

Questa melodia mi fa pensare a quando ero piccola, alla me bambina che correva nei prati verdi in fiore; nei prati in fiore a primavera.

Alla sensazione calore che ti da il sole quando ti bacia la pelle.

Avete presente quando siete lì in spiaggia a prendere il sole e sentite quella enorme vampata calda di calore che parte dalla punta dei piedi, fino a l’ultimo capello sulla testa.

Mi fa sentire così.

Moonlight mi fa pensare alle giornate di sole primaverili.

Apro gli occhi e vedo una sagoma davanti a me, mi spavento e smetto di suonare.

Appena riesco a mettere a fuoco, mi rendo conto che è Riccardo.

«Accidenti!» Da quanto tempo è lì.

«Scusami non volevo spaventarti!» E invece lo ha fatto.

«Da quanto tempo sei lì?» Mi porto le mani al petto, come fa mia madre.

«Abbastanza da vederti ipnotizzata nella musica» Chiudo il pianoforte e mi alzo in piedi.

«Vuoi qualcosa da bere?» Ho bisogno di alcol e non voglio certamente berlo da sola.

«Si grazie!» Bene! Vado verso la mia vetrinetta e tiro fuori una buona bottiglia di vino.

Lo vedo seguirmi con lo sguardo, mentre mi reco in cucina a stappare la bottiglia.

«Ti fermi a cena?» Verso il vino nei bicchieri e gliene porto una.

«Si, questo significa che mi hai perdonato?» Lo guardo dritto negli occhi.

«No! Ti sto dando una possibilità di dirmi tutta la verità ti ascolto, ora o mai più!» Lui accetta il calice di vino e ne beve un sorso.

«Mi hanno arrestato!» Giustamente il vino veritas.

«Come?» Credo di non aver capito.

«Dopo essermene andato via da te, Matteo mi ha chiamato...» Lo invito a seguirmi sul divano.

Ho bisogno di mettermi seduta se deve raccontarmi tutto quanto.

«Ci siamo fermati un un locale, abbiamo bevuto una cosa insieme; mentre stavamo ragionando al tavolino per i fatti nostri, un tizio ha cominciato a fare il gradasso e così l'ho picchiato. Sono stato cinque notti in una cella. Il tizio invece è finito in ospedale e appena si è svegliato ha dichiarato che non fosse colpa mia. Ha detto che avesse iniziato lui e che io mi sono soltanto difeso. Ti sono stato lontano solo perché avevo qualche livido facciale visibile.» Alza la manica della camicia e aveva una fascia, le sue nocche ancora hanno i segni della violenza.

«Mi hanno rilasciato e ho pagato io le spese mediche del tizio. Nonostante è stato lui a volermi sfregiare con una bottiglia rotta!» Beve il suo vino mentre io me ne verso un altro po’.

«Non ti ho fatto sapere niente perché non volevo che pensassi che io fossi un mostro» Non lo avrei mai pensato, si è solo difeso da una quasi aggressione.

«Ma lo conoscevi?» Lui scuote le spalle.

«Non lo so, ma lui a quanto pare si. Nominava mio padre e qualcosa sui suoi affari. Aveva molti nemici in giro.» Mi getto sulle braccia.

Mi sento così in colpa, l’ho aggredito anche io senza sapere che gli era successo qualcosa di grave.

«Ti ho trattato malissimo!» Lui mi stringe a sua volta.

«Non devi, è colpa mia, sono sparito e non ti ho detto niente. Non volevo pensassi fossi un animale o una bestia!» Ha un tono arrabbiato.

«Solo perché hai picchiato un tizio che ti infastidiva? Voleva sfregiarti con una bottiglia, ti stavi solo difendendo» Lui accarezza il mio volto, mi bacia sulla fronte ancora.

«Ti giuro guarda, se non fosse stato per Matteo non so come sarebbe finita! Mi sei mancata moltissimo!» Poi mi bacia sulle labbra, quelle meravigliose labbra al sapor di vino.

Potrei diventarne dipendente.

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