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La veggente e il ponte tra i mondi

Kael sedeva su una roccia squadrata e osservava il tramonto distendersi davanti a lui. Dalla cima del monte Yairs il panorama era unico: persino le Terre Grigie, da lassù, sembravano un luogo meraviglioso, pitturate da sfumature di rosso e arancio che facevano dimenticare la loro aspra realtà.

— Quando le cose si vedono dall’alto, tutto appare diverso, non è così? Persino i problemi sembrano più piccoli. — La vecchia saggia si era avvicinata senza che lui se ne accorgesse, la sua presenza leggera come la brezza che accarezzava la montagna.

— Sì, è vero. Posso chiederti il tuo nome? —

— Puoi. Sono Sansey, che nella nostra lingua significa “vento”, ma tutti mi chiamano Jeya, “colei che sa vedere oltre”. —

— E sai davvero vedere oltre? —

Jeya si sedette accanto a lui. Anche lei si perse nella bellezza del tramonto rosso fuoco. Quel silenzio non pesava, non turbava il cuore di Kael. Dopo una settimana trascorsa a fuggire come una preda, finalmente poteva rilassarsi. Un attimo di tregua. Un respiro di pace. L'aria era fresca e pulita, e per la prima volta da giorni, Kael sentì le spalle allentare la tensione, un'illusione di sicurezza che accoglieva con avidità.

— È bello, il silenzio. A volte aiuta a schiarire i dubbi, altre li amplifica, e certe volte può persino urlare più del rumore stesso. Ma per chi fugge… il silenzio può essere una cura. —

Kael trovava che Jeya fosse davvero una donna di grande sapienza. Le sue parole erano come un balsamo, lenitive e al tempo stesso dense di significato. Sentiva che con lei avrebbe potuto trovare le risposte che gli sfuggivano.

— Quando potremo procedere con il rituale? —

— Il rituale ti strapperà ciò che sei. Nasconderà la tua essenza. Sei sicuro di volerlo? Potrei invece guidarti, aiutarti. Insegnarti a domare il tuo potere. A nasconderlo. —

Lo guardò. I suoi occhi erano limpidi, ma pieni di ombre che avevano visto troppo.

— Vorrei fare il rituale. —

Kael si alzò, e nel movimento il frammento d’ambra gli scivolò dalla tunica. Cadde a terra con un suono sordo. Era screziato d’oro, con incisa la figura di un occhio chiuso attraversato da una linea che terminava in tre cime rovesciate.

Jeya lo raccolse con delicatezza, esaminandolo.

— Dunque i tuoi poteri sono già così sviluppati? — mormorò Jeya, colpita.

— Questo è un sigillo… un frammento giunto a te attraverso il mondo astrale. Viene dalla Terra dei Morti, ma solo attraverso il legame tra spiriti. Se tuo padre te l’ha dato nel sogno, allora sei già connesso. Significa che il tuo sangue ha aperto il passaggio. Non sei solo un Ghail. Sei un ponte vivente tra i mondi.

Questo oggetto ti terrà al sicuro. Nasconderà il tuo potere… e anche il simbolo che sta iniziando ad apparire sulla tua pelle. Non dovrai mai perderlo. Mai.

Kael riprese il frammento tra le dita. Tremava, il peso di quelle parole, il destino che gli gravava sulle spalle, lo rendevano incredibilmente fragile.

— Aiutami ad alzarmi. —

Jeya si aggrappò al suo braccio e si mise in piedi con un gemito.

— Allora il rituale non lo faremo? —

— No. Ti insegnerò qualcosa di molto più prezioso. Un rituale ci sarà, ma non ora. Questa notte raggiungimi nella mia tenda. Ti insegnerò a domare i tuoi sogni. Possono essere pericolosi... se non sai guidarli. —

Jeya si allontanò lasciandolo solo, mentre il sole spariva oltre l’orizzonte. Kael fissava il cielo che si faceva scuro. Una voce sussurrava dentro di lui: “Madre... quanto vorrei che tu fossi qui.” Il dolore per la sua perdita era inspiegabile. Come si può spiegare a un albero privato delle radici che può ancora vivere? Lui era quell’albero. E lei, le sue radici. Sapeva che ne avrebbe create di nuove, ma sua madre sarebbe sempre rimasta dentro di lui. Era l’unica certezza che gli restava. Il suo ricordo era un calore confortante, un faro in un mare di incertezze.

Si incamminò lentamente verso il centro dell’accampamento nomade. Le carovane formavano un cerchio protettivo. Al centro, un grande falò ardeva, e i nomadi vi si erano già raccolti attorno. Lo accolsero con sorrisi e saluti calorosi. Kael rispose, lieto di trovarsi in mezzo a persone vive, allegre. Per la prima volta da giorni, si sentì meno solo, circondato da un calore umano che aveva quasi dimenticato.

Durante la cena, raccontarono storie antiche e leggende perdute.

— Jeya, perché non racconti tu una storia? — chiese Taleb, l’uomo dal volto dipinto.

— Va bene, ma lasciatemi pensare a quale. —

Il crepitio del fuoco rese l’attesa sospesa e carica di magia. Poi Jeya iniziò.

— Si narra che, prima ancora che i Derh nascessero dalla Notte e i Tuac sorgessero dalla Luce, il mondo fosse uno solo. Non esistevano confini, e tutto era retto da un’unica armonia: l’Anêth. Ma quella perfezione era fragile come vetro, e nel cuore più profondo della Terra, dove né Sole né Luna osavano penetrare, qualcosa si agitava. —

Il fuoco parve piegarsi verso di lei, come ad ascoltare.

— Il suo nome era Nehzrul. L’Imperituro. Colui che non ha volto. Non apparteneva né alla Luce né all’Ombra. Era nato dallo squilibrio. Dall’eccesso. Dalla voracità. E quando l’equilibrio si ruppe, Nehzrul aprì un occhio… e il mondo tremò. Fu allora che nacque l’Ughun. Non come albero, ma come sigillo vivente. Radice tra i mondi. Custode della soglia. Gli Antichi, padri dei Derh e dei Tuac, sacrificarono se stessi fondendosi con l’Ughun. Nacque così il Patto dei Due Flussi, che separò giorno e notte. Luce e ombra. —

La voce di Jeya si fece un sussurro, ma la sua intensità riempì il silenzio della notte, catturando l'attenzione di tutti, incluso Kael, che sentì ogni parola risuonare nel suo stesso sangue.

— Ma la profezia è chiara: "Quando sangue di Luce e Ombra scorrerà nello stesso cuore, e due ali spezzate si toccheranno, allora il Primo Crepuscolo tornerà. E Nehzrul si sveglierà.

Solo un Ghail, un Ibrido, può spezzare il Patto. Non per volontà, ma per la forza che porta in sé. Ogni volta che un Tuac ama un Derh… l’equilibrio trema. Ogni volta che l’Ughun piange rugiada rossa… Nehzrul si avvicina." —

Jeya tacque.

Nessuno parlò.

Quel silenzio non era solo rispetto. Era timore. La leggenda del Primo Crepuscolo non era solo storia. Era memoria. Era avvertimento. E Kael, più di ogni altro, sentiva il peso di quella profezia incisa nel suo stesso essere.

— Ma… che storia è questa? — chiese Kael, incapace di trattenersi, la mente un turbine di domande che imploravano risposte.

— Molto ti è stato nascosto, ragazzo. Ma avrai tempo per sapere. Ora vieni con me. —

Jeya si alzò. Kael la seguì in silenzio. La carovana della veggente era carica di amuleti e talismani. Alcuni vibravano di energia, altri sembravano sussurrare. Al centro del pavimento era tracciato un grande cerchio con una stella, circondata da candele.

— Sdraiati qui. —

Kael obbedì.

— Ora chiudi gli occhi. —

Lo fece. E fu catapultato in un mondo fatto di terra e polvere, luci e ombre. Un luogo etereo e sconfinato, dove la realtà si fondeva con il sogno.

— Dove sono? —

— Nel Regno degli Spiriti. Non è ancora la Terra dei Morti, ma uno dei Piani Astrali intermedi. Da qui puoi accedere a verità che altrove restano nascoste. Ma stai attento. L’Astrale è vivo. E sa riconoscere ciò che gli appartiene. — Jeya non parlava con la voce. Parlava nel pensiero. Lo condusse a un cancello oscuro, da cui fuoriusciva una nebbia densa. “Oltre questa soglia c’è il Mondo dei Morti. Ogni porta può condurti dove vuoi. Ma stai attento. Se ti perdi… non tornerai più.”

“Ho capito.” Kael si avvicinò al cancello, ma Jeya lo fermò. “Non ancora. Prima devi comprendere il potere. Siediti al centro e medita. Poi dimmi cosa senti.” Kael si sedette. Per mezz’ora non sentì nulla. Poi, tutto cambiò.

L’aria divenne densa. I rumori sparirono. Sentì una vibrazione sottile scorrergli nelle vene, una risonanza che proveniva da oltre il velo della realtà. Vedeva e sentiva tutto senza muoversi.

Vide la fanciulla dagli occhi lilla prepararsi, prendere una borsa, salire su un cavallo. Una determinazione ferrea le illuminava il viso.

“Devo trovare il ragazzo dagli occhi d’ambra.”

Era lei. Lo stava cercando. “Sono qui.” pensò. E lei si voltò, come se l’avesse sentito, uno sguardo etereo, carico di una speranza che gli toccò l'anima.

Poi tutto svanì. Kael riaprì gli occhi, sudato e tremante.

— Hai compreso? — chiese Jeya.

— Jeya, il Regno degli Spiriti… si può raggiungere solo in sogno? —

— No. Chi sviluppa questo potere può accedervi anche da sveglio. Ma non è senza rischi. L’Astrale è un luogo potente. Pochi possono entrarvi, e ancor meno riescono a tornare. Tu… tu sei diverso. Hai luce e ombra in te. Un sangue misto può camminare in entrambi i mondi. —

— Ma… mi sembrava che quel luogo mi chiamasse. Che volesse tenermi con sé. —

— È il pericolo. Devi sempre ricordare la strada del ritorno. O ti perderai per sempre. Ora vai.

Si alzò e tornò alla sua carovana. Il cielo era pieno di stelle.

Il suo cuore batteva forte. “Mi sta cercando,” pensò. “Ci troveremo. Vedrai. E quando accadrà… nulla sarà più come prima.”

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