8 - Il potere delle stelle (Isabel)
L'aria sembra farsi densa attorno a noi, carica di un silenzio imbarazzante ma anche elettrico, come se bastasse un solo movimento per scatenare qualcosa di irreversibile. La tensione aleggia tra noi, invisibile e palpabile allo stesso tempo, insinuandosi nello stomaco con una morsa sottile. Lui è lì, immobile e sicuro, mentre io cerco disperatamente di trovare un punto d'appoggio tra pensieri confusi e battiti accelerati. Il brusio distante della città si mescola al suono dei miei respiri incerti. E così resto lì, sola con Daniel, sentendomi come una pedina su una scacchiera di cui non conosco le regole.
«Sembra che la tua amica abbia grandi progetti per noi,» dice lui, un sorriso beffardo increspando le sue labbra.
«Non è stata una mia idea, ci tengo a chiarirlo in modo definitivo,» ribatto, incrociando le braccia.
«Oh, davvero? Mi spezzi il cuore, credevo sul serio che tu non riuscissi più a fare a meno di me. Dopotutto, sei ancora qui.»
Il suo tono è così insopportabilmente presuntuoso che non riesco a trattenere un sorriso, anche se so che non dovrei. «Non ti montare la testa, Harrison. L’unico motivo per cui sono qui è perché Claire ha deciso di giocare a fare Cupido.»
«Beh, almeno è più ottimista di te,» ribatte, infilando le mani in tasca.
Rimango in silenzio per un momento, fissando il marciapiede sotto i miei piedi. Le luci dei negozi chiusi si riflettono nelle pozzanghere lasciate da un temporale serale e fugace.
«Me ne torno in camera...»dico con un tono mellifluo, stanca di combattere per le mie aspettative.
«Buonanotte, rockstar.» Mi volto con un sorriso appena accennato, pronta a lasciarmi la serata alle spalle.
Ma prima che possa fare un passo, sento la sua mano afferrarmi con decisione.
«Aspetta.» La sua voce è bassa, quasi una preghiera, e quel contatto sulla mia pelle accende qualcosa che non vorrei sentire.
Il calore della sua presa mi scivola sottopelle, smuovendo emozioni che combatto con ogni fibra del mio essere. È una battaglia silenziosa ma feroce: non posso permettermi di cedere, non con lui. Mi volto lentamente, mantenendo uno sguardo che spero sia freddo quanto il ghiaccio.
«È un peccato tornare in camera,» dice con un sorriso che ha il potere di disarmare. «Guardaci, siamo tutti in tiro, la notte è ancora lunga... non dirmi che sei venuta fin qui per startene in albergo?»
Le sue parole galleggiano tra di noi, tentatrici. Resistere sarebbe facile se non fosse per la sua voce che sembra modellata apposta per abbattere le difese.
«Forse sono venuta fin qui solo per una buona dormita,» ribatto con tono leggero, cercando di riprendere il controllo.
«Ah sì? Dormiresti meglio se ti facessi compagnia,» ribatte con una sfacciataggine quasi affascinante.
Stringo leggermente gli occhi, mantenendo il gioco al suo livello. «Sei sempre così modesto?»
«Solo con chi merita.»
Sorrido nonostante tutto, consapevole che Daniel Harrison ha la capacità innata di rendere ogni situazione più pericolosa di quanto dovrebbe essere.
Daniel inclina la testa, gli occhi che brillano sotto le luci soffuse della notte. «Dai, facciamo almeno una passeggiata.»
Alzo un sopracciglio, fingendo di considerare la proposta. «Una passeggiata?» ripeto, come se fosse la richiesta più assurda del mondo.
«Prometto che non tenterò niente di sconveniente.»
«Ah, certo,» ironizzo. «E dovrei fidarmi del donnaiolo più sfacciato che abbia mai incontrato?»
«Non sono poi così male,» ribatte con un sorriso sghembo. «Posso essere un gentiluomo, sai?»
Mi mordo l'interno della guancia per non sorridere troppo. «Ne dubito.»
«Mettiami alla prova allora.» Mi tende la mano, il palmo aperto, una sfida silenziosa.
Sospiro, ma c'è qualcosa di disarmante nel suo modo di chiedere, come se sotto tutta quella sicurezza ci fosse un pizzico di vulnerabilità. Forse è questo che mi spinge a vacillare. Forse sono solo pazza.
«Non sono sicura che questa sia una buona idea,» dico infine, più a me stessa che a lui.
«Non lo è,» concorda. «Ma non per questo ci fermeremo, giusto?»
Lo guardo, sorpresa dalla sua risposta. C’è qualcosa in lui che non avevo notato prima: una leggerezza che sembra in contrasto con il suo atteggiamento sicuro. E forse è proprio questo a farmi abbassare la guardia.
«D’accordo, Harrison. Hai dieci minuti per dimostrarmi che non è stata una completa perdita di tempo.»
Lui sorride, e c’è una scintilla nei suoi occhi che mi fa temere di aver appena fatto un grosso errore.
Daniel non risponde subito, ma si avvicina di un passo, come se volesse studiare la mia espressione da una distanza più ravvicinata. Le luci fioche dei lampioni si riflettono nei suoi occhi, creando un gioco di ombre che rende il suo sguardo ancora più indecifrabile. Il rumore di un’auto in lontananza rompe il silenzio della notte, mentre l’aria fresca porta con sé l’odore di un'estate che sta per finire.
«Dieci minuti, eh?» ripete con un sorriso che sembra una sfida. «Vediamo cosa riesco a fare con così poco tempo.»
Inspiro lentamente, cercando di mantenere la calma. «Non trasformarlo in una competizione. Non mi impressionano gli sforzi disperati.»
«Non mi sembri una donna facilmente impressionabile, Isabel,» risponde, con quel tono calmo e basso che mi fa stringere i pugni. «E sai una cosa? Mi piace.»
Prima che possa replicare, si gira e inizia a camminare lungo il marciapiede, lasciandosi dietro una scia di silenzio interrotto solo dai suoi passi. Le sue mani sono infilate nelle tasche, e il suo portamento rilassato contrasta con la tensione che sento addosso. Esito per un istante, poi lo seguo, detestando la sensazione di essere stata trascinata in qualcosa che non posso controllare.
«Dove stiamo andando?» chiedo, rompendo la quiete.
«Pensavo di farmi guidare dall’ispirazione del momento,» risponde senza voltarsi. «Sai, vedere dove ci porta la notte.»
«Spero che almeno l'ispirazione sappia leggere una mappa,» ribatto, sollevando un sopracciglio.
Lui si ferma improvvisamente e si gira verso di me, un sorriso divertito che illumina il suo viso. «Sei sempre così tagliente, o è un atteggiamento che usi solo con me?»
Mi fermo a pochi passi da lui, incrociando le braccia. «Dipende dalla compagnia. In questo caso, direi che è colpa tua.»
Daniel ride, una risata profonda che sembra risuonare lungo la strada deserta. È la prima volta che lo sento ridere così, ed è quasi… disarmante. «Sai, potresti essere una delle persone più trasparenti che abbia mai incontrato.»
«O una delle più esasperanti,» aggiungo, cercando di non farmi distrarre dalla piega delle sue labbra che si curva in quel sorriso maledettamente sicuro di sé.
«Forse entrambe.»
Riprende a camminare, stavolta con un passo più lento, e io lo seguo, rassegnata. Il marciapiede si allunga davanti a noi, una striscia di cemento illuminata a tratti dai lampioni tremolanti. L’aria della sera è quasi elettrica, e il silenzio della città sembra amplificare il suono dei nostri passi.
«Com’è che Claire ti ha convinta a venire qui?» chiede improvvisamente, spezzando il silenzio.
Sospiro, pensando a quanto poco ci è voluto. «Diciamo che avevo bisogno di staccare. Cambiare aria, vedere qualcosa di diverso.»
«E invece hai trovato me,» commenta con un mezzo sorriso.
«Un vero colpo di fortuna,» ribatto, sarcastica.
«Se continui così, Isabel, potrei persino iniziare a pensare che ti sto simpatico.»
Lo fisso per un istante, cercando di decifrare se stia scherzando o meno, ma il suo viso è un enigma. «Non montarti la testa, Harrison. Non sono qui per te.»
«No? Eppure siamo qui, insieme, a camminare sotto le stelle. Sembra quasi il destino.»
Scuoto la testa, incredula. «Non credo nel destino. E tu?»
Lui si ferma di nuovo, voltandosi verso di me. Per un momento, c’è qualcosa di diverso nel suo sguardo, un’intensità che non rispecchia il suo solito atteggiamento. «Forse non ci credo neanche io. Ma credo nelle possibilità. E questa… questa potrebbe essere una di quelle.»
La sua risposta mi coglie alla sprovvista. C’è una sincerità nelle sue parole che non mi aspettavo, e questo mi mette a disagio. Non voglio che mi legga troppo a fondo, non voglio che pensi di avere accesso a quella parte di me che ho cercato di proteggere per così tanto tempo.
«Possibilità per cosa, esattamente?» chiedo, cercando di mantenere il tono distaccato.
Lui sorride, ma è un sorriso più morbido, quasi riflessivo. «Questo lo scoprirò nei prossimi…» Si guarda l’orologio. «Sette minuti e mezzo.»
Rido, nonostante me stessa. «Siamo quasi a metà del tuo tempo, Harrison. Meglio che tu faccia qualcosa di impressionante.»
«Oh, credimi, Isabel. Sto solo iniziando.»
E con questo, riprende a camminare, lasciandomi a chiedermi cosa diavolo abbia in mente. E, soprattutto, perché una parte di me non vede l’ora di scoprirlo.
