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5 - A cena con l'allupato

La camera è immersa in una luce calda, morbida, quella che solo un tramonto estivo riesce a regalare. I raggi filtrano attraverso le tende leggere, danzando sul pavimento di legno con sfumature dorate. Mi piace osservare questo gioco di colori, anche se mi ricorda quanto a volte la bellezza sia effimera. Proprio come Isabel.

Mi passo una mano tra i capelli ancora umidi dalla doccia, osservando il mio riflesso nello specchio dell'armadio. Le gocce d’acqua scivolano lungo il petto, mentre con un asciugamano cerco di asciugarle. Ho uno sguardo stanco, ma c’è una scintilla nei miei occhi nocciola, un’ironia che sembra non spegnersi mai. A trentatré anni, penso di avere ancora un bell’aspetto, o almeno è quello che mi ripetono i fan. Non che mi importi davvero, o forse sì?!

Scelgo una camicia bianca, leggera, con il primo bottone aperto, e un paio di pantaloni in lino scuro. Non voglio sembrare troppo formale, ma neanche uno che si trascura; per quanto io stia alloggiando in un hotel esclusivo e molto attendo ad assicurare una certa riservatezza, i paparazzi potrebbero nascondersi nell'ombra e di certo non voglio farmi cogliere impreparato. Quando sei costantemente sotto i riflettori, anche nei momenti di pausa, c’è sempre qualcuno pronto a giudicarti.

Mi affaccio al balcone e lascio che l’aria della sera mi investa. L’odore del mare è intenso, quasi inebriante. Il sottofondo è un mix di risate lontane, bicchieri che tintinnano e il fruscio delle onde che si infrangono sulla riva. È una serata perfetta per rilassarsi, o almeno così dovrebbe essere, se non fosse per quella costante inquietudine che mi accompagna ormai da ieri sera.

Isabel.

Non riesco a toglierla dalla testa. Ogni volta che provo a distrarmi, qualcosa mi riporta a lei. La sua voce tagliente, i suoi occhi scuri che sembrano sempre sapere più di quello che dicono. È come una ferita che non riesce a guarire, ma che continuo a toccare.

Decido di non pensarci, almeno per ora. Il mio stomaco reclama attenzione, e il ristorante dell’hotel sembra essere l’opzione migliore visto che i miei compagni sembrano essersi dileguati. Prima di uscire dalla stanza, do un’ultima occhiata allo specchio, sistemandomi il colletto della camicia. Non è vanità, è solo abitudine.

Scendendo le scale, l’atmosfera cambia. L’hotel è un tripudio di luci soffuse, voci basse e profumi invitanti. Il ristorante si apre su una veranda affacciata sul mare, con tavoli disposti in modo che ogni ospite possa godere della vista. Le candele tremolano sui tavoli, e il suono di un pianoforte in sottofondo rende tutto quasi magico.

Mi accomodo in un angolo della veranda, un posto perfetto per osservare senza essere troppo in vista. Il cameriere arriva subito con il menù e un calice di vino bianco. Mi lascia scegliere con calma, ma la mia attenzione è già altrove.

Il ristorante non è affollato, ma le poche persone presenti sembrano essere immerse nelle loro conversazioni.

La giornata è stata lunga, e la sala del ristorante, illuminata da una luce calda e soffusa, sembra un’oasi perfetta per staccare un attimo. I camerieri si muovono con eleganza tra i tavoli, e l’odore invitante di piatti ricercati mescolato al profumo tenue dei fiori freschi sui tavoli riempie l’aria.

Apro il menù, ma le righe scritte sembrano danzare davanti ai miei occhi stanchi. Nulla mi attira davvero. Ho fame, certo, ma non di cibo. La mia mente vaga, fino a quando un movimento alla mia destra cattura la mia attenzione.

Alzo lo sguardo e vedo Claire, una delle ballerine del team di Gregory, il coreografo che ha partecipato allo spettacolo di ieri. La osservo sistemarsi al tavolo accanto al mio. I suoi capelli biondi ondeggiano quando si sporge per togliere la giacca. Perfetto. La serata potrebbe improvvisamente prendere una piega più interessante. Niente è meglio di un chiodo scaccia chiodo.

«Claire!» la chiamo, un sorriso accennato sulle labbra.

Lei si gira, sorpresa, ma il suo viso si illumina subito in un sorriso caloroso. «Daniel! Che piacere vederti!» esclama.

«Complimenti per ieri sera. Hai spaccato sul palco,» dico, sinceramente.

«Grazie! Anche tu sei stato fantastico, come sempre,» risponde, arrossendo appena.

I miei occhi la studiano per un momento, ma poi mi sporgo, deciso a non lasciarmi sfuggire l’occasione. «Perché non ti unisci a me? Sembri sola, e questo è un peccato in un posto  così suggestivo.»

«Oh, grazie, ma in realtà sto aspettando una mia amica,» dice, con un leggero imbarazzo.

Prima che possa rispondere, un movimento nella sala attira tutta la mia attenzione. La vedo subito, alta, elegante, con quell’aria di chi non passa inosservata nemmeno volendo. Isabel.

Indossa un abitino nero che le scende morbido sui fianchi, accompagnato da tacchi che sembrano quasi sfidare le leggi della fisica. La stoffa segue i suoi movimenti con una grazia che mi lascia senza fiato. Ogni volta che la vedo, mi sembra più bella della precedente, un’illusione che mi perseguita.

Claire la nota e le fa cenno di avvicinarsi. «Eccola! È lei che sto aspettando,» dice con entusiasmo, ignara della tensione che improvvisamente si diffonde nell’aria intorno a me.

Isabel si avvicina, lo sguardo che vaga tra i tavoli come se stesse valutando il posto con un senso di superiorità. Quando ci incrociamo, per un attimo, ho la sensazione che tutto intorno a noi si fermi.

Poi mi nota e si blocca, un lieve disgusto sembra attraversarle il viso con una smorfia.

Appena raggiunge il tavolo, inclina leggermente la testa verso Claire e dice, con un tono che trasuda il solito sarcasmo: «Davvero questo è il miglior tavolo che hai trovato? O forse tutti gli altri erano già occupati, e ci siamo accontentate di un posto con vista sull’allupato di turno?»

Colpito e affondato.

Claire la guarda con un’espressione perplessa, appena un po' in imbarazzo, ignorando volutamente la punta velenosa. «Ma Isabel, questo tavolo è perfetto! E poi, guarda, siamo accanto a Daniel! Lo conosci, vero?"

Lei sbuffa, lasciando cadere la borsa con un gesto distratto sulla sedia accanto alla sua. «Vagamente.»

Ignorando la provocazione, mi alzo e le tendo la mano, cercando di mantenere un minimo di cortesia. «Piacere, Isabel.»

Lei mi fissa, gli occhi che scintillano di sfida, prima di rispondere con un sorriso glaciale e una voce canzonatoria. «Incantata.» Non fa il minimo gesto per stringermi la mano, e io ritiro la mia lentamente, cercando di non perdere la calma.

Claire, ignara della tensione palpabile, ridacchia. «Beh, visto che siamo tutti qui, perché non ci uniamo? Daniel, siediti con noi! Tranquillo, Isabel non morde, non troppo almeno.»

Lo sguardo di Isabel si accende, e posso quasi sentire le sue parole prima che le pronunci: un sonoro "no." Ma le taglio la strada. Mi alzo e mi accomodo alla loro tavola senza dare tempo a nessuno di opporsi.

Il cameriere arriva con i menù extra, e il silenzio si fa imbarazzante mentre sfogliamo le pagine. Claire, con il suo solito entusiasmo, rompe il ghiaccio. «Ragazzi, perché siete così silenziosi? Isabel, tu cosa ordini? Io non so decidermi, tutto sembra così buono!»

«Tu non sai deciderti mai,» risponde Isabel, senza nemmeno alzare lo sguardo. «Ma immagino che finirai con la solita insalata, per poi divorare metà del mio piatto.»

Claire ridacchia, accettando la frecciata con un sorriso. «Sai che hai ragione? Allora, per me un’insalata, e Isabel, decidi tu per il resto. Così mangerò qualcosa dal tuo piatto con meno sensi di colpa.»

Non riesco a trattenere una risata. Isabel si volta verso di me, il suo sguardo è una lama affilata. "L«Trovi divertente qualcosa, Daniel?»

«Solo te,» rispondo, spingendomi oltre il limite.

La sua bocca si piega in un sorriso che non raggiunge gli occhi. «Oh, sono felice di essere la tua fonte d’intrattenimento, allora.»

Mentre parliamo, il cameriere porta i nostri piatti, e la conversazione scivola su toni più leggeri. Ma ogni volta che i nostri sguardi si incrociano, l’aria tra noi sembra vibrare di tensione. Isabel è come un enigma, un libro chiuso con una copertina irresistibile. E io so che voglio leggerlo tutto, anche se il rischio è bruciarmi le mani.

Il primo boccone della mia cena mi sembra quasi insapore. Non perché il cibo non sia buono, ma perché la mia attenzione è tutta su Isabel. Lei taglia il suo pesce spada con calma, senza mai incrociare davvero il mio sguardo. Eppure, ogni tanto i suoi occhi si spostano verso di me, come per assicurarsi che io non mi stia divertendo troppo a infastidirla.

Claire, al contrario, non smette di parlare. Sta descrivendo un numero di danza che vorrebbe proporre a Gregory, ma sembra essere l’unica a prestare attenzione alle sue parole. Isabel si limita a fare piccoli cenni ogni tanto, come se fosse un’abitudine automatica, mentre io mi ritrovo a osservare ogni suo gesto.

«Daniel,» mi chiama Claire, riportandomi alla conversazione. «Non trovi che sarebbe un’idea fantastica? Magari potresti anche cantare durante l’esibizione, sarebbe epico!»

«Epico, sì,» rispondo, senza sapere davvero di cosa stia parlando.

Isabel alza lo sguardo, e il suo sorriso sarcastico si fa strada lentamente sulle sue labbra. «Epico, davvero? Non sapevo che fossi un esperto di coreografie, Daniel.»

«Non lo sono,» ammetto con un sorriso, «ma so riconoscere un’idea interessante quando la sento.»

«Interessante,» ripete lei, posando la forchetta con un movimento lento e deliberato. «È la parola che usi quando non stai ascoltando, vero?»

Il colpo è preciso, ma non lascio che mi colpisca troppo. Alzo le mani in segno di resa. «Hai scoperto il mio segreto.»

Claire ride, senza cogliere il sottile gioco tra di noi. «Siete troppo divertenti, voi due! È la prima volta che vedo Isabel così brillante a cena. »

«Brillante? Io?» Isabel la guarda con un’espressione divertita, poi si volta verso di me. «Non credo che Daniel sarebbe d’accordo.»

«Sei molto più brillante di quanto voglia ammettere,» rispondo, il mio tono più serio di quanto intendessi.

Per un attimo, il sarcasmo scompare dai suoi occhi, sostituito da qualcosa di più vulnerabile. Ma è solo un attimo. Poi si ritrae, come se avesse abbassato la guardia per errore.

«Claire,»dice all’improvviso, cambiando argomento. «Sei sicura che Gregory accetterà questa tua idea? Non mi sembra il tipo da lasciarsi impressionare facilmente.»

«Non è vero! Gregory è sempre stato aperto alle mie proposte,» ribatte Claire, con un’energia contagiosa.

Osservo Isabel mentre ascolta la sua amica. La sua espressione è più rilassata, ma c'è qualcosa in lei, una sorta di muro invisibile, che sembra tenere a distanza tutto e tutti.

Quando il cameriere arriva per sparecchiare, Isabel si appoggia allo schienale della sedia, il bicchiere di vino tra le dita. Lo fa roteare leggermente, osservando il liquido rosso come se contenesse tutte le risposte che sta cercando.

«Allora, Daniel,» dice all’improvviso, fissandomi. «Quanto tempo pensi di rimanere qui?»

La domanda mi coglie di sorpresa. Non tanto per il contenuto, quanto per il tono: un misto di curiosità e sfida.

«Non lo so,»rispondo. «Forse il tempo necessario per scoprire qualcosa di interessante.»

«Interessante,»ripete, inclinando leggermente la testa. «Sembra essere la tua parola preferita stasera.»

Mi appoggio allo schienale, incrociando le braccia. «Solo quando descrive qualcosa che non riesco a capire del tutto.»

Lei mi fissa, e per un momento, il resto della sala sembra svanire. È come se ci fosse un filo invisibile che ci collega, una tensione che entrambi cerchiamo di ignorare ma che è impossibile non sentire.

Claire, ignara della dinamica che si sta creando, sbadiglia leggermente e si alza. «Credo che per me sia ora di andare. Domani sarà una giornata lunga.»

Isabel si alza subito dopo di lei, il suo bicchiere ancora mezzo pieno. «Io ti accompagno,»dice, senza guardarmi.

«Non c’è fretta,» dico, alzandomi anche io. «Possiamo finire il vino insieme.»

«Non bevo mai con gli allupati,» risponde lei, lasciandomi un sorriso tagliente mentre si allontana con Claire.

Rimango al tavolo, il bicchiere in mano e un sorriso sulle labbra. Isabel può anche cercare di tenermi a distanza, ma io so già che non mi fermerò. C’è qualcosa in lei, qualcosa di misterioso e pericoloso, che mi attrae come una calamita. E non importa quanto ci proverà, non riuscirà a liberarsi di me tanto facilmente

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