4 - L'impulsività di Daniel
Mi passo una mano tra i capelli, la mente in fermento. Poi, senza pensarci, agisco. È un istante. Non le do il tempo di reagire. Mi giro verso di lei, la afferro per la vita, sollevandola con facilità.
«Che diavolo stai facendo?!»esclama, ma la sua voce è un misto di rabbia e incredulità.
“Sto risolvendo un problema,» ribatto, il sorriso che non riesco a trattenere mentre la porto verso il bordo della piscina.
«Sei fuori di testa! Lasciami subito!» Si dimena, ma il suo corpo è leggero tra le mie braccia. Sento il calore della sua pelle contro la mia, il profumo leggero di crema solare al cocco che si mescola all’odore del cloro.
«Sei troppo tesa, Isabel. Devi rilassarti un po’,» le dico, consapevole che la sto provocando. E poi, senza un secondo di esitazione, mi tuffo con lei in acqua.
L’impatto è un’esplosione di freschezza. L’acqua ci avvolge, gelida, e per un momento tutto è silenzio. Quando riemergiamo, il suo viso è un mix perfetto di furia e incredulità.
«Ma sei completamente impazzito?!» urla, sputando acqua. Gli occhiali da sole, incredibilmente, sono ancora al loro posto, ma ora pendono storti sul naso.
«Tu sei fuori di testa! E se non sapessi nuotare, eh? E se avessi appena mangiato? O fossi incinta?!» Ogni parola è accompagnata da schizzi d’acqua mentre mi fissa con occhi che sembrano fiamme vive.
Trattengo a stento una risata. «Non sei incinta, giusto?»
«Non è questo il punto, idiota!» risponde, aggiustandosi gli occhiali con un gesto secco.
«Ah, quindi non lo sei.» Fingo sollievo, il sorriso che si allarga sul mio volto.
Isabel mi fulmina con lo sguardo, e per un attimo penso che stia per schiaffeggiarmi. Poi, però, qualcosa cambia. La vedo prendere un respiro profondo, come se stesse cercando di riacquistare il controllo. È incredibile come riesca a essere così composta anche in una situazione del genere.
«Sei insopportabile,» dice, e c’è un leggero tremolio nella sua voce, qualcosa che potrebbe essere divertimento, ma che si affretta a nascondere.
Prima che possa risponderle, si immerge. Sparisce sotto la superficie con una grazia sorprendente. Mi guardo intorno, confuso. Che diavolo sta facendo?
E poi succede. Una forza improvvisa mi afferra la caviglia e mi tira giù. Non ho nemmeno il tempo di reagire. L’acqua mi avvolge, e quando riemergo, Isabel è a pochi metri da me, il viso illuminato da un sorriso trionfante.
«Ben ti sta!» esclama, scuotendo i capelli che brillano sotto il sole.
Non posso lasciarle la vittoria. Non così facilmente. Inizio a schizzarle con tutta l’acqua che riesco a raccogliere, creando una cascata che la sommerge. Lei grida, ride, poi si unisce alla battaglia, trasformando la piscina in un campo di guerra.
Il suono di un fischietto ci interrompe. Un bagnino si avvicina, puntando il dito verso Isabel. «Signorina, deve indossare la cuffia. Se non lo fa, la prego di uscire immediatamente dall’acqua.»
Lei si blocca, mi lancia un’ultima occhiata carica di sfida e poi si arrende. Esce dall’acqua con la stessa grazia con cui si era immersa, raccoglie le sue cose e si dirige verso il bar.
Io rimango lì, galleggiando, con un sorriso che non riesco a cancellare. Non c’è dubbio: ha vinto lei.
Mi lascio trasportare dall'acqua per un attimo, osservando Isabel che si allontana. La sua camminata è sicura, anche se il bagnino l’ha appena umiliata. Non si guarda indietro nemmeno una volta. Quel suo modo di essere inaccessibile è… eccitante.
Mi tolgo l’acqua dagli occhi, scuotendo la testa. «Cosa diavolo mi sta succedendo?» mormoro a me stesso.
Esco dalla piscina, asciugandomi velocemente con l’asciugamano. Mi metto in piedi vicino al bar, dove lei è seduta, sorseggiando qualcosa da un bicchiere trasparente pieno di ghiaccio. Mi tenterebbe l’idea di avvicinarmi, ma so che mi ignorerebbe o, peggio, mi metterebbe in imbarazzo davanti a tutti. Non posso forzare la mano e risultare ancora più patetico.
«Buongiorno!» La voce di Caleb mi fa voltare di scatto. È lì, con due bottiglie di birra in mano, il sorriso di chi sa di essere in ritardo stampato in faccia.
«Alla buon'ora,» dico avvicinandolo.
«Finalmente ti fai vedere,» continuo, prendendo una delle bottiglie. «Pace fatta, immagino?» dice lui con un sorriso sornione.
«Che c'è? Hai qualcosa da farti perdonare?» dico facendo tintinnare le bottiglie.
Caleb alza le spalle, un gesto volutamente noncurante. «Ho pensato che la tua pazienza meritasse una ricompensa.»
Alzo la bottiglia in un gesto simbolico e la porto alle labbra. La birra è fredda, perfetta per il caldo soffocante della giornata. Caleb si siede accanto a me, e per un attimo restiamo in silenzio, osservando la piscina che si anima di bambini e famiglie.
«Allora, dov’eri ieri sera?» gli chiedo, cercando di sembrare indifferente. Non voglio sembrare offeso, ma la curiosità mi divora.
Caleb si appoggia allo schienale della sedia, un sorriso complice che gli si dipinge sul volto. «Ho incontrato una ragazza.»
Alzo un sopracciglio. «Una ragazza, eh? Mi hai mollato per una ragazza?»
«Non una qualsiasi,»ribatte, con quel tono che usa quando si sente superiore. «Era fantastica, Daniel. Non hai idea…»
«E allora racconta,» lo incalzo, cercando di mascherare l’irritazione.
Caleb si limita a scuotere la testa. «Non voglio entrare nei dettagli, ma è stata una serata incredibile.»
Rido. «Tu e le tue avventure. Non cambierai mai.»
Lui sorride, ma i suoi occhi vagano per un istante verso il bar, dove Isabel è ancora seduta. Sta parlando con la barista, il tono della sua voce basso ma deciso. Caleb la osserva per un attimo di troppo, e questo non mi piace.
«Non pensarci nemmeno,» lo avverto, prendendo un sorso dalla birra.
Caleb mi guarda, fingendosi confuso. «Di cosa parli?»
«Lei.» Indico con un cenno del capo Isabel, che ora si è alzata dal bancone e sta andando verso l’uscita. «Non è il tuo tipo.»
«Perché, il tuo sì?»ribatte, con un sorriso che mi irrita.
Non rispondo. Non so nemmeno io cosa provi per Isabel, ma so che non voglio che Caleb le si avvicini. Non è il tipo di ragazzo che può gestire una come lei, e onestamente non credo che Isabel abbia bisogno di un altro stronzo nella vita, fatta eccezione per me, si intende.
Quando torno a guardare verso il bar, Isabel è sparita. Per qualche ragione, questo mi lascia con un senso di vuoto che non riesco a spiegare.
Caleb continua a parlare della sua serata incredibile, ma la mia mente è altrove. I miei occhi si posano ogni tanto sul punto dove Isabel era seduta poco prima. Anche se non c’è più, è come se la sua presenza permeasse l’aria.
«Daniel? Mi ascolti?» Caleb mi interrompe, scuotendo la testa.
«Certo, certo,» rispondo distrattamente, anche se non ho sentito una parola.
Lui sospira, allungandosi sulla sdraio accanto alla mia. «Non capisco cosa ci trovi in lei. Voglio dire, sì, è carina. Ma sembra anche un bel problema. E tu non hai bisogno di altri grattacapi, amico.»
Non rispondo subito. Prendo un sorso dalla birra, lasciando che il gusto amaro mi calmi. «Non so cosa ci vedo in lei, Caleb. Forse è proprio perché non cerca di piacere. È… diversa.»
Caleb sbuffa. «Diversa? Questo è quello che tu dici sempre quando sei in difficoltà. E ogni volta finisce male.»
«Non è una gara, Caleb. Non sto cercando di conquistarla per forza.»
«Ah no?» Lui alza un sopracciglio, palesemente scettico. «Allora spiegami perché ti comporti come se fosse l’unica persona sulla Terra.»
Mi limito a scuotere la testa. «Lascia perdere, ok?»
Caleb fa spallucce, decidendo di non insistere, ma il suo sguardo mi segue mentre mi alzo e mi incammino verso il lato della piscina. Non so cosa mi spinga a muovermi, ma ho bisogno di distrarmi. Mi tuffo in acqua, il fresco che mi avvolge e allevia il calore soffocante della giornata.
Nuoto avanti e indietro per un po’, lasciando che il ritmo regolare dei miei movimenti calmi i miei pensieri. È solo quando mi fermo per riprendere fiato che noto una figura familiare sulla terrazza. Isabel è tornata.
È seduta su uno dei lettini più distanti, un libro aperto in grembo. Indossa degli occhiali da sole che nascondono i suoi occhi, ma riesco comunque a percepire il suo sguardo, vigile e attento, che scruta tutto intorno a lei.
Non riesco a resistere. Esco dall’acqua e mi asciugo rapidamente, avvicinandomi a lei con passo deciso.
«Stai scappando da qualcosa o qualcuno?» le chiedo, incurante della formalità.
Lei alza lentamente lo sguardo dal libro, abbassando leggermente gli occhiali. «Ero qui per rilassarmi, ma a quanto pare qualcuno non capisce il concetto di privacy.»
Sorrido. «Non è colpa mia se hai scelto il posto più in vista. E poi, siamo in una piscina. La privacy non è esattamente garantita.»
Lei chiude il libro con calma, appoggiandolo accanto a sé. «Devo dedurre che tu abbia un motivo per disturbarmi. O è solo il tuo ego che non sa quando fermarsi?»
Rido, scuotendo la testa. «Ti stai divertendo a mettere alla prova la mia pazienza, vero?»
«Solo se è così facile da testare,» ribatte con un sorriso enigmatico.
Mi siedo sul lettino accanto al suo, ignorando deliberatamente il suo sguardo di disapprovazione. «Ok, lasciamo perdere le battute. Cosa leggi di bello?»
Lei sospira, come se la mia presenza fosse un peso. «Un classico. Ma dubito che tu lo conosca.»
«Proviamo,» ribatto, curioso.
Isabel alza un sopracciglio, palesemente divertita. «Va bene. Cime tempestose di Emily Brontë.»
Annuisco, fingendo di essere impressionato. «Ah, la storia di amore e vendetta. Un po’ come noi, no?»
Lei ride, ma è un suono breve, quasi involontario. «Noi? Daniel, non c’è un ‘noi’. E non ci sarà mai.»
La sua risposta dovrebbe ferirmi, ma invece mi affascina ancora di più. C’è qualcosa in lei che mi spinge a voler scoprire di più, anche se ogni parola che dice sembra un avvertimento.
Prima che possa rispondere, il suo telefono vibra accanto a lei. Lo prende e legge rapidamente il messaggio, il suo sorriso scompare.
«Scusa, devo andare,» dice, alzandosi in fretta.
«Così presto? E il tuo libro?»
«Non ti riguarda.» Mi lancia un’ultima occhiata prima di andarsene, lasciandomi lì con più domande che risposte.
Torno al mio lettino, Caleb mi osserva con un sorrisetto sapiente.
«E allora? Come è andata?» mi chiede.
«Non è andata,»rispondo, finendo la birra.
«Te l’avevo detto, amico. Ma tu non ascolti mai.»
Ignoro il suo commento, preferendo rimanere in silenzio. Forse ha ragione. O forse no. Ma una cosa è certa: non riesco a togliermela dalla testa.
