3 - Regina di ghiaccio -I
Il sole colpisce la superficie dell’acqua, creando riflessi iridescenti che mi distraggono per un istante; un breve attimo, poiché a minare la mia attenzione, ci pensa ancora lei... Isabel.
Continua a starsene sdraiata sul lettino accanto a me, il viso nascosto dietro a quegli enormi occhiali da sole che sembrano uno scudo. È come se dicesse: "Non avvicinarti."
Non so più cosa dire. Non è da me restare senza parole, ma con lei succede. Ha un’aura che disarma, una presenza che sfida. Ogni mia battuta sembra destinata a rimbalzare contro quel muro di sarcasmo che ha eretto intorno a sé. È impenetrabile.
Alla fine, decido di tentare un altro approccio. Mi siedo sul suo di lettino, proprio accanto a lei e butto lì una frase. «Non sembri una fan, devo dire. Non che la cosa mi dispiaccia, però è... insolita come cosa»
Si toglie completamente gli occhiali da sole, con estrema lentezza, fissandomi dritto negli occhi, come se volesse smascherarmi, scrutarmi fino in fondo all'anima. Mi perdo un secondo in quegli occhi da cerbiatta, ma le parole che sfuggono dalla sua bocca, sono tutt'altro che intriganti.
«Non sono una fan, no. Però sei famoso. E questo significa che sei abituato a ottenere tutto ciò che vuoi, vero?»
Rimango per un istante senza parole. Ancora. Di nuovo pronto a fare la figura del fesso.
La sua non è una domanda, è un'accusa mascherata da osservazione e, fa male.
«E se fosse così? Ti infastidirebbe?» ribatto con un tono che suona più provocatorio di quanto avessi intenzione. Devo fingere che non mi abbia scalfito, non posso dargliela vinta. Chi si crede di essere?
Isabel si inclina leggermente verso di me, il viso a pochi centimetri dal mio, il profumo languido che mi confonde i pensieri. Vuole sembrare scostante ma in realtà sembra lei la cacciatrice e io la preda.
«Non mi infastidisce. Mi annoia.»
La sua voce è bassa, quasi un sussurro, ma ogni parola ha il peso di un macigno. Rimango immobile, sorpreso dal suo coraggio e dalla mia reazione: un misto di ammirazione e decisamente tanta irritazione. Nessuno mi aveva mai trattato così, nessuno aveva mai osato, eppure, a lei lo concedo in un certo senso, perché mi sento...diverso.
«Annoia, eh?» dico, cercando di mantenere il controllo. «Beh, allora forse dovrei sforzarmi di sorprenderti. Non voglio certo annoiarti.»
Un sorrisetto sfiora le sue labbra, ma è più inviperito che divertito. «Dubito che tu ci riesca. Ti avranno detto mille volte che sei speciale, irresistibile, unico, ma così facendo hanno alterato la tua percezione della realtà. Non sono così impressionabile, mi dispiace e non fingerò di esserlo.»
Le sue parole mi colpiscono come un pugno allo stomaco. Quanta presunzione può esserci in un corpo esile come il suo?
«Ah, perché tu non hai un ego? Perché tu non hai mai pensato di essere al di sopra degli altri? Sembra quasi che tu me ne stia facendo una colpa. Guarda che non c'è niente di male ad avere una forte autostima.»
«Oh, ma io lo so di esserlo. Ne sono talmente tanto convinta che non ho bisogno di continue conferme. È questo che mi differenzia da persone come te.»
Si sistema gli occhiali con nonchalance, come se avesse appena fatto una dichiarazione ovvia e la questione fosse chiusa.
Stringo la mascella, combattuto tra l’irritazione e il desiderio di farla capitolare. «Sai, sei davvero acida.»
«Grazie. Ci tengo a lasciare un’impressione realistica.» Il suo tono è leggero, ma i suoi occhi brillano di sfida mentre mi guarda di sottecchi dietro le lenti.
«Se fossi qui a cercare la tua approvazione, sarebbe già un fallimento. Ma per fortuna, non me ne importa niente.»
«Devo dirtelo,» inizio, cercando di mantenere la calma mentre il suo atteggiamento continua a sfidarmi. «Tutta questa tua saccenza non ti sta dando molta gloria, se dovesse essere questo che speri di ottenere.»
Isabel non alza nemmeno lo sguardo. Sfoglia lentamente una pagina del libro che tiene in mano, le labbra appena incurvate in un sorrisetto di sufficienza. È come se fossi diventato un rumore di fondo, qualcosa che può ignorare senza alcuno sforzo.
Alla fine, con un tono dolcemente velenoso, risponde: «Ma ti rendi conto di quanto sei prevedibile? Davvero, potrei scrivere io stessa le tue battute, parola per parola.»
Inarco un sopracciglio, fingendo di non sentirmi un misero punto. «Prevedibile? Interessante. Scommetto che lo pensi di tutti quelli che ti dedicano più di trenta secondi.»
«Non proprio,» ribatte, chiudendo il libro con un gesto teatrale. «Solo di quelli che, come te, pensano che basti una faccia carina e qualche frase a effetto per ottenere ciò che vogliono. È quasi tenero.»
Stringo la mascella, ma mi costringo a non perdere il controllo. «Ah, quindi secondo te sono io il problema. E tu? La regina del sarcasmo che sta qui a smontare chiunque osi rivolgerle la parola?»
Lei inclina la testa, il sorriso ironico che si allarga leggermente. «Sai perché sei ancora qui? Perché sei invidioso. Io non devo sforzarmi così tanto per sembrare interessante. Tu, invece, hai costruito un intero personaggio attorno al concetto di 'guardatemi' che sensa non riesci a sopravvivere.»
Mi sporgo verso di lei, cercando di recuperare terreno, provando a metterla a disagio.
«Eppure sono qui, a cercare di parlare con te. Forse è proprio il tuo fascino 'naturale' a non funzionare come credi. Forse il personaggio l'hai costruito tu.»
Lei scoppia a ridere, un suono leggero e incredibilmente irritante. «Oh, povero te. Sei così abituato alle persone che pendono dalle tue labbra che non sai cosa fare quando qualcuno non si inchina ai tuoi piedi. Ti capisco, deve essere dura.»
«Grazie per la compassione,» ribatto, il sarcasmo che trasuda da ogni parola. «Ma se ti annoio così tanto, perché continui a parlarmi?»
Lei fa spallucce, riprendendo il libro come se avessi smesso di esistere. «Chiamala cortesia »
Mi passo una mano tra i capelli, combattuto tra l'irritazione sempre più massiccia e il tentativo di mostrarmi impassibile.
«E io che pensavo di avere a che fare con una persona normale. Chiaramente mi sbagliavo.»
«Normale? Oh no, non mi interessa essere normale,» replica, alzando lo sguardo con un lampo di malizia negli occhi. «Ma non ti preoccupare, il tuo ego troverà qualcuno disposto a coccolarlo. Non sarò io, però.»
Le sue parole sono una lama affilata, ma c'è qualcosa di incredibilmente irresistibile in quella sua indifferenza.
Stringo le mani a pugno per un istante, poi mi avvicino con un sorriso deciso. «Sai cosa? Credo che siamo molto più simili di quanto tu voglia ammettere.»
Isabel spalanca gli occhi con un’aria teatrale, portandosi platealmente una mano al cuore. «Oh, mio caro Daniel,» esclama, con la voce carica di un’ironica drammaticità. «Come siamo finiti con l’essere così simili? Non lo avrei mai immaginato. Forse è colpa mia... O forse tua? Dopotutto, sembri avere una lunga esperienza nel rovinare le cose.»
Mi ritrovo a sorridere nonostante tutto. È incredibile quanto riesca a provocarmi senza perdere mai il controllo. «Rovinare le cose? È questo che pensi di me? Credevo che la mia reputazione fosse migliore.»
«Reputazione? »domanda, inclinando leggermente la testa come se stesse riflettendo. «Ah, sì, quella del cantante irresistibile che fa strage di cuori e si dimentica persino i nomi. È un cliché affascinante, lo ammetto, ma ormai un po'... stantio.»
