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8. Il sollievo e le tensioni

L’aria era ancora carica della tensione della notte, come se il casolare trattenesse il ricordo delle loro paure, del silenzio spezzato solo dai respiri trattenuti e dal battito accelerato dei loro cuori. Ora, con la luce dell’alba che filtrava dalle assi sconnesse, tutto sembrava più reale, più crudo.

Heda si lasciò andare contro il muro con un lungo respiro, chiudendo per un attimo gli occhi. Il sollievo la invase come un’onda improvvisa, ma il suo corpo era ancora teso, come se la paura fosse stata impressa nella sua pelle.

“Era ora.” mormorò, la voce carica della sua solita arroganza.

Solo chi la conosceva bene avrebbe potuto cogliere il peso della notte ancora impresso nel suo tono.

Dall’altro lato della stanza, Aiden non si mosse. Era ancora vigile, con le braccia incrociate sul petto, le spalle rilassate ma i muscoli tesi, come se fosse pronto a scattare in qualsiasi momento. Il suo sguardo passò lentamente sui volti delle guardie, analizzandoli con attenzione.

“Ci avete messo abbastanza!” la sua voce era tagliente, piena di quel veleno controllato che sapeva usare così bene “Un minuto in più e forse non ci avreste trovati vivi.”

Uno dei soldati abbassò lo sguardo, imbarazzato, mentre il capo delle guardie mantenne il controllo, ma fu Heda a rispondere per prima.

“Non esagerare, Silverthorn.” sbuffò, raddrizzandosi e spolverandosi i pantaloni con un gesto impaziente “Sei ancora qui, intero, e perfettamente capace di lamentarti, quindi direi che sei sopravvissuto benissimo.”

Aiden si voltò lentamente verso di lei, un sopracciglio alzato in un’espressione di puro divertimento mescolato a sfida. Il suo sguardo scivolò su di lei con la stessa lentezza esasperante con cui le sue labbra si piegarono in un sorriso quasi pigro.

“È divertente come riesci sempre a trovare qualcosa da dire, anche quando dovresti solo ringraziare di essere ancora viva.”

Heda si voltò di scatto, il suo sguardo che bruciava di irritazione.

“Ah, quindi ora sei tu a dirmi cosa devo fare?”

La tensione tra loro si accese di nuovo, come una scintilla che riaccende il fuoco sotto la cenere. Ogni fibra del corpo di Heda gridava sfida, e Aiden la osservò con la solita calma esasperante, come se la sua irritazione fosse solo un gioco per lui.

Le guardie si scambiarono occhiate imbarazzate, chiaramente fuori posto nel mezzo del loro scontro. Erano lì per proteggerli, non per assistere a una battaglia che non aveva bisogno di armi per essere letale.

Fu il capo delle guardie a interrompere il momento, la sua voce autoritaria tagliò l’aria come una lama.

“Basta così. Siete entrambi salvi, e questo è ciò che conta. Ma è il momento di separarvi. Non possiamo rischiare che vi troviate nello stesso luogo insieme per troppo tempo.”

Un silenzio improvviso cadde nella stanza.

Due gruppi di guardie si mossero in avanti, uno verso Heda e l’altro verso Aiden.

Heda si irrigidì.

Il suo respiro si bloccò per un attimo, mentre il peso di quelle parole la colpiva come un pugno.

Separati.

La parola risuonò nella sua mente con un senso di inquietudine che non si aspettava.

Si girò di scatto, il suo sguardo era una lama affilata che si conficcò negli occhi del capo delle guardie.

“Aspettate, chi ha deciso che dobbiamo essere separati?” la sua voce era ferma, decisa “Non mi lascerò portare via da voi senza una spiegazione.”

Il capo delle guardie mantenne il suo tono calmo ma inflessibile.

“Non è una decisione vostra, signorina Montclair.” rispose, il suo sguardo fermo e privo di esitazione “Le vostre famiglie hanno ordinato che foste portati via immediatamente. Separatamente.”

Heda strinse i pugni, un’ombra di frustrazione attraversò il suo viso.

La sua famiglia.

Sempre a prendere decisioni per lei, sempre a controllare ogni sua mossa.

Dietro di lei, Aiden osservava la scena con un sorrisetto divertito. Non diceva nulla, ma il bagliore compiaciuto nei suoi occhi era più eloquente di mille parole.

“Sembra che non sempre ottieni ciò che vuoi, Montclair.”

Heda si voltò di scatto verso di lui, lanciandogli uno sguardo assassino.

“Stai zitto, Aiden!” sibilò, la rabbia nella sua voce non mascherava del tutto qualcos’altro. Un’emozione che non voleva analizzare.

Ma lui la guardava in quel modo, quello sguardo sfacciato e intenso che sembrava volerla scomporre pezzo per pezzo, scoprire ogni sua reazione.

Le guardie si avvicinarono per separarli. Le mani su di lei erano ferme ma non aggressive, eppure sentì un brivido di fastidio per l’idea di essere trascinata via.

Aiden rimase immobile mentre veniva circondato dal suo gruppo di uomini, ma i suoi occhi rimasero incatenati ai suoi fino all’ultimo istante.

Uno sguardo lungo, teso, pieno di qualcosa che entrambi fingevano di non vedere.

Era una sfida?

Era addio?

O era qualcos’altro?

Heda non riuscì a distogliere lo sguardo finché le guardie non la strattonarono leggermente per farla avanzare.

Aiden si girò nello stesso momento, quasi come se entrambi avessero atteso fino all’ultimo per imprimersi nell’anima quell’istante.

E poi…

Senza un’altra parola, senza un altro sguardo, vennero separati.

Le loro figure scomparvero in direzioni opposte, lasciando dietro di loro solo un casolare vuoto.

Ma l’aria attorno a quel rifugio, l’aria che ancora sapeva di paura, di tensione, di parole non dette… era ancora carica della tempesta lasciata dal loro passaggio.

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