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Capitolo 1 parte 4

«Scusami tu!

Stavo controllando una notifica del cellulare e non ti ho visto arrivare, ma ora devo assolutamente andare sono in tremendo ritardo, spero abbia una buona giornata qui a New York!»

"Grande Sara, non devi essere così stronza e scortese con tutti, però ora devi muovere quel bel culetto che ti ritrovi! Tanto so già come andrà a finire, perderemo di sicuro quel volo. Ti ricordo che il lavoro è importante per il continuo della tua vita, cara" disse la mia coscienza.

Ma quello al posto di congedarmi continuò a fissarmi senza proferire nessuna parola, come se all’improvviso avesse dimenticato come si facesse a parlare.

Anzi, continuò a scrutarmi per più di un minuto dalla testa ai piedi, facendomi sentire nuda sotto al suo occhio scrutatore "Cosa aveva da guardare questo ora?

Mi stava seriamente facendo lo screening completo del mio corpo?"

"Quanto mi stanno sulle scatole le persone che ti fissano, mamma mia. È proprio da maleducati fare così" roteai gli occhi infastidita poi pensai: e se avessi avuto qualcosa in faccia?

Come per esempio il dentifricio?

No dai che vergogna, spero proprio di no, ho fatto tutto di corsa stamattina e non mi ero nemmeno riguardata allo specchio!

Non potevo perdere il mio tempo in quel modo, dovevo svignarmela subito.

«Ragazzina ma io non ti ho già vista da qualche parte? Il tuo viso mi sembra molto familiare, non posso di certo dimenticarmi di uno schianto del genere» mi chiese lui squadrandomi di nuovo dalla testa ai piedi.

"No, ti prego, queste tattiche da rimorchio anni '80 non mi colpiscono mica, razza di vecchiaccio maledetto dopo tutti quei film che ho visto con mia madre, non abboccherò di certo alle tue moine. Non potevo perdere del tempo con questo sconosciuto, da piccola mi avevano sempre detto di non fidarmi delle persone che attaccano bottone così facilmente. Potrebbero essere dei malintenzionati o qualche maniaco sessuale”

«Beh, penso di no... Io non ti ho mai visto in vita mia» comunque, mi sarei sicuramente ricordata di questo bel fusto che avevo davanti.

"Bene, allora quindi lasciami andare o solamente dieci minuti e trenta secondi di tempo per poter fare questo benedetto check-in e devo anche far imbarcare questa ingombrante valigia"

Coscienza: «Però è un bellissimo adone non credi pure tu? E non te lo hanno mai detto che sei infinitamente paranoica? Non potrebbe mai farti del male in un aeroporto super sorvegliato come questo e nemmeno può rapirti! E poi sembra essere un brav'uomo»

Trovai il mio tempo per osservarlo più attentamente, aveva i capelli lunghi e biondi che andavano fino alle spalle, dandogli quell'aria da surfista australiano. Gli occhi erano così profondi ed azzurri come il cielo che riuscivano ad incantare qualunque donna. Il suo fisico era da sogno anche se si poteva notare un filo di pancetta sotto quella maglia che a me personalmente non dispiaceva.

"Beh, sì hai ragione, non è per niente male. Sembra decisamente... appetitoso"

Il problema è che mi sembra un piuttosto anziano per me, ammisi. Se non fosse per quella pecca lui rientrava pienamente nei miei gusti in fatto di uomini.

Era effettivamente la prima volta che io e la mia coscienza eravamo effettivamente d'accordo su qualcosa, era un fatto da ricordare!

Qualcuno alle sue spalle disse il suo nome: Chris Newman, anzi...praticamente lo urlò ai quattro venti. Lo avevo già sentito da qualche parte quel nome ma non ricordavo però dove l'avessi effettivamente sentito.

"Ti ricordo che devi prendere un aereo, amica mia...Forza, hai già perso parecchio tempo dietro a questo omaccione. Devi sbrigarti non abbiamo tutto questo tempo" mi suggerì la mia coscienza ma non la ascoltai minimamente ero troppo occupata a pensare su dove l'avessi già sentito il nome di quel tipo.

Fino a quando la lampadina sulla mia testa finalmente si accese.

Era Chris Newman, il cestista, il quale io mi ero invaghita una decina di anni fa, quando io ero solamente un’adolescente. Lui era stata praticamente la mia prima cotta adolescenziale, come avevo fatto a dimenticarmene?

Collezionavo tutti i suoi poster e avevo pure una sua gigantografia fatta su misura che era però rimasta a casa di mio padre.

Spero che non me l'abbiano buttata, ci tenevo perché era un pezzo della mia adolescenza.

Ai tempi l'avrei protetta con gli artigli e con i denti, ci tenevo un sacco. Ci andavo pure a dormire con quella a momenti.

"Beh, che dire... era cresciuto davvero bene come uomo. Peccato che abbia lasciato la sua carriera sportiva nel basket così presto. Non avevo mai capito la sua scelta, anche perché era in forte ascesa come giocatore... forse si era stufato di correre dietro ad un pallone" pensai.

Da ragazzina andavo sempre a guardare le sue partite di basket con mio padre, quando era ancora il mio solito ed amorevole papà, una lacrima solitaria mi bagnò la guancia pensando a quei ricordi bellissimi ormai lontani ma li scacciai subito via, quell'uomo da ora in poi non meritava nemmeno un minimo dei miei pensieri.

E nemmeno meritava la mia sofferenza.

Spero che in futuro rimpiangerà il fatto di aver trascurato sua figlia in questo modo.

Nessun padre con un cuore rinuncerebbe alla sua famiglia.

In quei dieci anni tutto era cambiato, soprattutto quello che era il mio amato papà.

Istintivamente presi il braccio del mio idolo, visibilmente felice, non l'avevo mai visto da così vicino prima d'ora!

Non potevo perdere questa cosa per niente al mondo, avevo finalmente la possibilità di conoscerlo! Ora come ora, non mi importava di perdere il volo. Wellington era passata subito in secondo piano.

«Aspetta un attimo... ma tu sei Chris Newman, eri l'ala grande dei New York Knicks, sei il mio unico idolo da quando ero piccolina! Sei cambiato così tanto che non sono nemmeno riuscita a riconoscerti, però, complimenti hai preservato la tua incredibile bellezza! Dopo tutto questo tempo finalmente sono riuscita a conoscerti, ci sono rimasta un sacco male quando avevi deciso di mollare la tua carriera sportiva!» dissi euforica.

Lui fece una lieve smorfia, forse il motivo che lo avevo appena riconosciuto lo infastidiva. Non me lo ricordavo per niente così, quando giocava era sempre così amichevole e disponibile con i suoi fans.

«Scusami. Mi potresti gentilmente fare un autografo qua per favore? Durerà davvero pochissimo, non ti farò perdere del tempo prezioso. Chissà quanto sarai indaffarato con le tue nuove attività da uomo d'affari o qualunque attività sportiva tu stia facendo ora» gli chiesi frugando nel mio zaino porgendogli poi il taccuino con una penna con le mani che tremavano dall’emozione. Sembravo una tredicenne impazzita davanti al suo più grande idolo. Qualunque attività sportiva faccia è servita veramente ad irrobustire quel fisico erculeo, complimenti.

"Che figura di merda perché devo vivere dentro il corpo di questa qui? Poi ovviamente quando perderà il volo se la prenderà con me come sempre... io aprirei una piccola petizione per aiutare le piccole coscienze trascurate come me" disse la mia coscienza completamente atterrita. Ovviamente non la stetti ad ascoltare, ero abituata alle sue continue lamentele.

Lui li prese con malavoglia e fece una veloce firma sul mio taccuino simile più ad uno scarabocchio di un bambino che cercava per la prima volta di disegnare.

Al contrario delle mie aspettative, aveva veramente una grafia orribile, probabilmente nemmeno le galline saprebbero scrivere in quel modo.

Ora però, avrei custodito questo scarabocchio per sempre, proteggendolo come un pirata con un tesoro... la piccola me avrebbe invidiato moltissimo questo momento e avrebbe probabilmente provato in tutti i modi a rubarmelo dalle mani.

Ad un certo punto, qualcosa però mi pizzicò il collo, forse, era la collana che mi avevano regalato qualche mese prima. La spostai e me la sistemai sopra la canottiera che portavo, mettendo il ciondolo prezioso in bella vista. Mai una cosa che feci fosse stata così sbagliata, specialmente in quel momento. Non avrei dovuto farlo. Nello stesso tempo che mi mossi per sistemarmela meglio lui aveva seguito il mio movimento, restando attratto dal solco dei miei seni prosperosi. Poi ad un certo punto, i suoi occhi divennero sempre più cupi come se avesse ricevuto una sfuriata e mi prese il gomito con un inusuale violenza.

«Come hai fatto ad avere quell'amuleto che hai addosso? Chi te lo ha dato?» chiese quasi urlando vedendo la vena sulla sua tempia ingrossarsi sempre di più. Era preoccupante il fatto che il suo viso era diventato così rosso?

«Me l'ha regalato una ragazza un po' di tempo fa, perché è successo qualcosa di grave? Non è che quella ragazza che ho aiutato mi aveva regalato una cosa rubata a qualcun altro?» dissi un po' vaga e a bassa voce, facevo sempre attenzione a rispettare la privacy delle persone che ho conosciuto, non vorrei mai metterli in pericolo. Però ora quella in pericolo ero io. Mi stavo di nuovo mettendo nei guai?

Io non avevo mai rubato niente, era uno dei miei principi cardini. Quell’uomo doveva fidarsi di me.

Qualche mese fa ero stata in Lettonia per uno stage ed avevo ospitato una ragazza nel mio piccolo chalet che era stata la vecchia casa di mia mamma da nubile. L'avevo ereditata quando lei se n'era andata. E l'ho protetta a tutti i costi dato che mio padre la voleva subito vendere dopo la sua morte.

La ragazza stava cercando un rifugio per restare un paio di giorni, per riposarsi dal viaggio stressante poi sarebbe tornata di nuovo nel suo paese natale.

Alla fine, però venni a sapere dalle persone del mio villaggio che la ragazza era stata rapita e probabilmente uccisa da dei borseggiatori, perché nessuno aveva avuto più notizie sul suo conto.

«Quel ciondolo lo riconoscerei anche ad occhi chiusi, non mi posso proprio sbagliare. Era l'amuleto della mia famiglia e l'unica persona che ce l'aveva addosso con sé era la mia ragazza nonché la mia futura moglie che avrei dovuto sposare ben due settimane fa e che non abbiamo più notizie da mesi! Ecco perché sono a New York per cercare di rintracciarla in qualche modo. Mi spieghi come hai fatto ora ad avercelo tu addosso?»

«Mi dispiace ma tua moglie... è sfortunatamente morta. L'hanno uccisa dei borseggiatori a Ventspils, ti giuro che è stata una brutta notizia per la nostra cittadina. Non era mai successo. Solitamente Ventspils è una cittadina calorosa e pacifica ed i ladri si tenevano alla larga perché era solo abitata da contadini e da pescatori» glielo dissi con una nota triste e una smorfia sul viso.

«Non è possibile, sei una sporca bugiarda, l’avrai di sicuro uccisa tu per impadronirti di quell'amuleto che molto probabilmente costa di più di ogni tuo guadagno messi insieme. Razza di maledetta assassina! Sono sicuro che nemmeno esista quella cittadina che stai dicendo tu»

Mi sollevò tra le sue braccia senza fare minimamente nessuna fatica.

Aspetta ma cosa credeva di fare questo scimmione?

Ma questo uomo è veramente pazzo...

Non ho fatto niente io, questa è sequestro di persona bello e buono!

«Mettimi giù o chiamo la sicurezza, razza di scimmione. Inoltre, chiariamoci subito esiste quella cittadina, è il paese di mia mamma, cercala ora su Google Maps se non ci credi, così posso andare a prendere questo maledetto aereo!» urlai, cercando di scappare dalle sue grinfie, mentre le altre persone ci stavano fissando stupiti, gustandosi un po' la scena dato che era un po' inusuale assistere ad una cosa del genere in un luogo pubblico.

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