3 Capitolo
Sento qualcosa che vibra con insistenza, creando un rumore alquanto fastidioso e destandomi dal mio amato sonno.
Mi rigiro fra le coperte mugugnando e stropicciandomi gli occhi stanca, voltando a guardare nella direzione da cui proviene il rumore.
E' il mio cellulare che squilla, ma non ricordo di aver messo la sveglia, anche perché ancora devo fare l'iscrizione a scuola e sarebbe inutile mettere la sveglia alle sette del mattino.
«Ma chi chiama alle sette del mattino?»
Mi lamento e alzo gli occhi al cielo rispondendo alla chiamata, senza nemmeno vedere di chi si tratta.
«Cosa c'è?»
Chiedo con gli occhi che mi si chiudono per il sonno, mettendo la testa sotto il cuscino.
«Aiutami ti prego, non lasciarmi sola adesso!
E' un'emergenza, aiuto!»
Urla per telefono facendomi sobbalzare, mentre alzo la testa di scatto ed il cuscino che avevo sulla testa cade a terra .
«Che succede?»
Chiedo con tono preoccupato mettendomi a sedere, mentre mi massaggio il punto dolorante.
«Non c'è tempo per spiegare!
E' una vera e propria emergenza, corri!»
«Arrivo!»
Mi alzo di corsa dal letto ed infilo le ciabatte a casaccio, correndo per le scale come una pazza e con il rischio di rompermi una gamba.
Mia zia fa per dire qualcosa, ma non fa in tempo che sono già uscita fuori ed ho chiuso la porta alle mie spalle.
Fortunatamente Kenia abita due case più avanti, quindi non ci metto molto ad arrivare a casa sua.
Arrivo davanti alla porta e quando sto per suonare il campanello la porta si apre di scatto, trovando lei sulla soglia.
Senza darmi il tempo di parlare o fare mi afferra per il polso trascinandomi in camera sua, chiudendo poi la porta alle sue spalle facendo un gran fracasso.
«Mi spieghi cosa succede?!
Mi dici qual è questa emergenza?!»
Chiedo sentendo l'agitazione scorrere nelle mie vene, con il cuore a mille ed il fiatone per la corsa fatta fino ad adesso.
«Sono indecisa fra questi due completi e non so quale mettere oggi.
Mi aiuti a scegliere?»
Chiede con un sorriso stampato sul volto, indicando i due completi sul letto.
Okay Alexa, cerca di mantenere la calma, non ucciderla.
In fondo ti ha svegliato alle sette di mattina e fatta correre in pigiama come una pazza solo perché non sapeva cosa mettere oggi, non c'è motivo di ucciderla!
«Tu mi hai svegliato alle sete di mattina, fatta correre come una pazza fino a casa tua in pigiama, con la preoccupazione addosso e tu adesso mi dici che questa grande emergenza riguarda cosa tu devi indossare oggi e che ti serviva il mio aiuto solo perché eri indecisa?!
Sei fuori di testa o cosa?!»
Mi viene la voglia di prenderla per il collo e strangolarla, ma accantono l'idea non volendo fare un giro in prigione, anche perché non mi va di vedere mio padre.
«Sì, quindi quale metto?»
Chiede ancora indicandoli e guardandomi nella speranza che le dia il suo consiglio d'emergenza, mentre io la guardo scioccata e sorpresa del fatto che non ha capito che ci manca poco che la uccido.
«Il primo e adesso che abbiamo risolto la tua "grande emergenza", io me ne torno a letto»
Vado verso la porta, ma mi ferma per un polso prima che possa solo sfiorare il pomello.
«Oh no signorinella, tu vai a casa a prepararti e vieni con me a fare un giro, perché non intendo passare una così bella giornata in casa, quindi ti aspetto sotto casa tua fra trenta minuti.
Se non sei pronta ti porto in giro in pigiama e fidati, ne sono capace»
«Tanto sono già uscita in pigiama»
Borbotto facendo spallucce, incrociando le braccia sotto il seno e sentendo il sonno che sta per stendermi completamente.
«Quindi vieni così?
Perfetto, allora dammi dieci minuti e usciamo»
«No no, vado a prepararmi»
Alzo le mani in segno di resa e sbuffo andando verso la porta, borbottando cose incomprensibili.
Esco e vado verso le scale stropicciandomi gli occhi, quando sbatto contro qualcosa o... meglio qualcuno.
Alzo lo sguardo intontita e incontro quei occhi blu che hanno il potere di incantarmi, gli stessi occhi della persona che mi sta altamente sulle palle.
Axel.
«Sta un po' più attento idiota!»
Dico rialzandomi in modo goffo, massaggiandomi il sedere dolorante a causa della botta presa contro il pavimento.
«Non è colpa mia se una nana non guarda dove mette i piedi»
«Certo, perché tu sai dove metti i piedi.
Tua madre ti ha insegnato a guardare dove cammini o hai il cervello che va a rilento come i ritardati?»
Chiedo con tono acido e cercando di ucciderlo con lo sguardo, mentre mi alzo da terra.
«Io guardo avanti non giù.
Sei tu che sei troppo bassa»
Mi beffeggia posando una mano sul mio capo, scompigliandomi i capelli come se fossi il suo cane.
Che schifo!
Non so cosa mi trattenga dal prenderlo a cazzotti o dal togliergli la possibilità di riprodursi e maledico il mio autocontrollo che funziona quando non dovrebbe farlo.
Se la crede così tanto questo coso che nemmeno si accorge di essere ridicolo, ma in fondo i maschi non sanno fare nient'altro che questo.
«Sei tu che sei idiota.
Ogni tanto usa quel porta pranzo che ti ritrovi, non dico sempre, ma qualche volta usalo oppure hai paura di consumarlo troppo?»
Gli domando con tono ironico, mentre lui scuote il capo divertito ed io alzo gli occhi al cielo.
Mi rendo conto che sto solo perdendo tempo a parlare con uno come lui e lo sorpasso, dirigendomi verso le scale per andare a casa mia, ma a fermarmi è la sua voce.
«Vuoi un massaggio al sedere bella bimba, così ti si passa tutta la bua?»
Chiede con tono divertito, lasciandosi scappare anche qualche risata, mentre batto il piede a terra e infuriata torno verso di lui, dandogli un pugno sul petto che sembra solo avergli fatto il solletico.
Vedo i suoi occhi farsi improvvisamente scuri ed è in quel momento che capisco di aver esagerato, ma capisco anche che è ora di darsela a gambe.
Non gli do il tempo di dire nulla che esco di corsa, andando verso la porta che mi separa dalla mia tranquillità.
Prendo le chiavi nascoste sotto il tappetino all'ingresso e le inserisco nella serratura, quando un bigliettino attaccato alla porta attira la mia attenzione.
E' di mia zia Sabina, in cui mi ha lasciato scritto che lei e Jennifer sono uscite a fare compere.
Lo stacco dalla porta e lo accartoccio, buttandolo a terra come se fosse carta straccia.
Sto per aprire la porta di casa, quando avverto una presenza alle mie spalle e mi volto spaventata, trovandolo di nuovo qui.
«Ma non ti arrendi mai, cosa vuoi ancora?
E' meglio se te ne vai, non ho proprio voglia di mettermi a discutere con te Axel»
Cerco di liberare il mio polso dalla sua stretta, ma ottenendo gli stessi risultati che ottengo quando faccio le equazioni: zero.
«Perché sei così acida e fredda nei miei confronti?»
Dice avvicinandosi pericolosamente a me, mentre cerco di indietreggiare, ma il polso imprigionato nella sua presa me lo impedisce.
E adesso, cosa gli dico?
Di certo non posso raccontargli tutto il mio passato o sarebbe una catastrofe, perché nessuno deve sapere di me, nessuno!
«Hai pure il coraggio di chiedermelo?
Sei insopportabile e un'orribile persona!»
Dico tirandogli un pugno sul petto, ma a questo mio gesto mi prende per i polsi e mi sbatte contro il tronco dell'albero.
«Cosa fai, lasciami!»
Il mio cuore batte all'impazzata per la paura, mentre il mio cervello comanda il mio corpo che cerca di liberarsi dalle sue strette, ma senza successo.
Rafforza la presa e schiaccia il mio corpo con il suo, impedendomi qualsiasi movimento e facendomi trasalire.
«Non credo che sia questa le verità, quindi parla»
Mi ordina con tono autoritario, credendo che i suoi ordini abbiano effetto su di me, ma si sbaglia di grosso.
«Perché vuoi sapere di me?»
Chiedo curiosa e confusa allo stesso tempo, sentendomi stanca nel lottare contro di lui.
«Perché voglio aiutarti»
Dice ed i nostri sguardi si scontrano, sentendo dei brividi percorrermi la spina dorsale e la pelle d'oca nascere lungo il mio corpo.
Lui vuole aiutarmi, ma sono benissimo che nessuno può farlo e che nessuno può cancellare il mio passato, come so bene il fatto che lui vuole solo scoparmi, ma non mi lascerò ingannare tanto facilmente come crede lui.
«Nessuno può aiutarmi»
Mormoro e di scatto alzo con forza il ginocchio, colpendolo dove non batte mai il sole.
Si piega in due e geme dal dolore rumorosamente, mentre dal mio canto approfitto della situazione per liberarmi di lui e apro velocemente la porta di casa.
Mi ci fiondo dentro e senza perdere nemmeno un secondo la chiudo velocemente a chiave, per poi appoggiarmi ad essa e tiro un sospiro di sollievo.
Subito vengo avvolta da un senso di tranquillità, il quale non è destinato a durare tanto visto che sobbalzo non appena un pugno si abbatte sulla porta, facendola tremare leggermente.
«Alexa apri la porta o la sfondo!
Non ho finito di parlare!»
Dice aldilà della porta, battendo un altro pugno.
«Peccato che io non abbia più voglia di ascoltarti, vai via!»
Seguono attimi di silenzio dove nessuno dei due parla e sobbalzo quando lo sento dare un pungo sulla porta, ma il silenzio che ne segue mi fa intuire che se ne sia andato via
**
Busso alla porta dando delle testate, mentre con le mani mi reggo il pacco dolorante con le mani.
Sarà anche magrolina e bassetta, ma tira forte la piccoletta.
«Chi è?»
Chiede Kenia con tono curioso, da dietro la porta.
«Andiamo, lo sai chi sono!»
Dico gemendo dal dolore e quasi non mi reggo più in piedi.
«Allora puoi restare anche fuori»
La sento ridere e allontanarsi dalla porta, facendo arrivare il mio nervosismo alle stelle.
«Andiamo apri!
E' un'emergenza!»
Dico con voce dolorante, ma senza ricevere risposta.
Grande stronza del cazzo, gliela farò vedere io più tardi!
«Chi è?»
Chiede stavolta Josè con lo stesso tono che ha usato la sorella prima.
«Coglione sono io!»
Apre la porta ed entro zoppicando nel suo salotto, mentre lui mi guarda trattenendo delle risate.
«Ti sei fatto male?»
Chiede con tono fintamente confuso, trattenendo a stento una risata.
«Se non la smetti di ridere ti tiro un ceffone così forte da farti rigirare la faccia, è chiaro?»
Mi siedo sul divano e gemo dal dolore, massaggiandomi il pacco dolorante.
«Vado a prenderti del ghiaccio»
«Per fortuna che ci sei arrivato con il cervello da gallina in calore che ti ritrovi»
Prende il ghiaccio dal freezer e torna in sala porgendomelo dentro ad una busta trasparente.
Mi tolgo i pantaloni e prendo la busta con il ghiaccio posandolo sul punto dolorante, sentendo subito una sensazione di sollievo che si propaga in tutto il corpo.
«Come ti sei fatto male?»
«Tutta colpa di quella piccola canaglia di Alexa.
Ho cercato solamente di scoprire cosa nasconde, perché secondo me qualcosa nasconde»
Dico con tono pensieroso, spostando il ghiaccio dal mio pacco.
«Tipo?»
Chiede Josè con tono curioso, accomodandosi accanto a me sul divano.
«Non lo so, qualche segreto nascosto e io voglio sapere di cosa si tratta.
Una volta saputo il suo segreto, la ricatterò con esso e me la porterò a letto»
«Nei tuoi sogni forse»
Dice Kenia sfottendomi, mentre scende le scale reggendomi al corrimano.
«A sognare sarà lei forse.
Sognerà quella scopata tutte le notti»
«Oppure sarai tu a sognartela, visto che lei non cederà.
Non so se ci hai fatto caso, ma lei non è come quelle zoccole che ti fai»
«Ma potrebbe diventarlo»
Ghigno leccandomi le labbra, al solo pensiero di assaggiare la sua pelle morbida.
«Sei un verme schifoso!
Proprio come quel coglione di...»
«Non nominarlo nemmeno!»
Urla all'improvviso Josè, alzandosi in piedi infuriato e guardandola allo stesso modo.
«Sai che c'è?»
Chiede con tono retorico, afferrando il cellulare e le chiavi di casa.
«Non resterò qui a discutere con te per colpa di un grande coglione»
«Dove vai?»
Le domanda con tono confuso, andandole dietro fino ad arrivare alla porta.
«Esco e ti basta sapere questo»
Dice con tono acido senza degnarlo di uno sguardo e sempre rimanendo di spalle esce di casa, sbattendo la porta violentemente
«Ha il ciclo o cosa?»
Chiedo con tono confuso, indicandola con il dito.
«Sinceramente non lo so»
Sospira sprofondando nel divano, mentre accende la televisione alla ricerca di qualcosa da vedere.
**
Appena scendiamo dalla metro andiamo verso l'uscita della stazione, ma un paio di braccia prendono me e Kenia, sbattendoci contro il muro e facendoci cadere a terra
Si avvicinano a passi lenti, accerchiandoci completamente e credono di intimorirmi, ma non sanno quanto si sbagliano.
Dal mio canto mi alzo in piedi guardandolo dritto negli occhi, mentre Kenia cade al loro cospetto con il corpo cosparso di brividi.
«Ma bene bene bene, cosa abbiamo qui?
Due belle pupe tutte per noi»
Ghigna insieme al suo amico, il quale si lecca le labbra squadrandomi da capo a piedi.
«Sapete cosa succede alle ragazze che osano sfidarmi?»
Chiede in tono minaccioso, avvicinandosi di un altro passo schifoso e credendo di farmi paura, ma si sbaglia.
«Tranquilla bambola, non ti farò prostituire.
Tu starai con noi alla base a servire me e tutta la mia banda, mentre la dolce e piccola Kenia andrà incontro alla morte»
A quella frase Kenia scoppia a piangere, mentre l'altro ragazzo la tiene ferma per le braccia, impedendole qualsiasi mossa.
Si avvicina poggiando le sue luride mani sui mie fianchi, attirandomi contro il suo corpo.
I nostri corpi aderiscono come delle ventose e subito sento la sua erezione sulla mia intimità.
Quel contatto riesce a farmi trasalire dal disgusto e mi viene l'impulso di togliermelo di dosso il prima possibile.
Calma Alexa, ricorda quello che devi fare, non andare nel panico proprio in questo momento.
«Mi piace il tuo caratterino piccante e per non parlare del tuo corpo, così formoso e che grida di fotterlo fino a tarda notte.
Sei una bomba, ma quello che esploderà sarò io se non ti scopo subito»
Mi bacia il collo dolcemente, per poi morderlo lasciandomi il segno, facendomi gemere dal dolore.
«Ci sarà da divertirsi»
Afferra un lembo della mia maglia e inizia a giocarci, facendo su e giù.
Sta per andare oltre quando all'improvviso gli tiro una ginocchiata alle parti basse, così forte da fargli mollare la presa sui miei fianchi.
Cade a terra e impreca per il dolore, mentre mi avvicino all'altro ragazzo per riservargli lo stesso trattamento, ma non faccio in tempo a compiere un solo passo che lui scappa subito via.
Prendo Kenia per un polso e corriamo via, mescolandoci fra la folla di persone per far perdere le nostre tracce.
