Capitolo 4 Mi stavi solo lanciando uno sguardo risentito?
Arabella non aveva molto da fare. Dopo aver finito, chiamò un taxi e partì con la valigia, ignorando le maledizioni e i tentativi della madre di trattenerla.
Arrivò a Villa Tavica verso le sette e rimase spaesata.
Sebastiano non le aveva inviato né l’indirizzo preciso né il codice di accesso, come promesso.
Arabella pensò che se ne fosse dimenticato.
Senza un suo numero di telefono, non le restava che aspettare all’ingresso.
Anche se la sera calava, il caldo di agosto era ancora opprimente. Sempre più frustrata, Arabella considerò di recarsi al Gruppo Bartolone per cercarlo, ma sapeva che con il suo basso status non avrebbe avuto alcuna possibilità di vedere il formidabile amministratore delegato.
Dopo un’ora di attesa, una Rolls-Royce nera si avvicinò lentamente all’ingresso della villa.
Dopo tanto tempo accovacciata, Arabella faticava a rialzarsi con le gambe intorpidite. Salutò in fretta, chiamando: "Signor Bartolone, signor Bartolone…".
Sentendo la sua voce, Sebastiano arrestò l’auto.
Si mostrò leggermente sorpreso nel vederla a terra.
"Perché sei qui?"
Arabella, furiosa dentro di sé, non osò darlo a vedere. Si sforzò di sorridere mentre si alzava piano, sorreggendosi al muro.
"Signor Bartolone, non mi ha mandato l’indirizzo esatto né il codice. Dove altro avrei potuto andare?"
"Mi dispiace, avevo una riunione e me ne sono dimenticato", spiegò Sebastiano. Poi la invitò a salire.
"A proposito, mi stavi lanciando un’occhiata risentita?"
Arabella non osò lamentarsi: si morse la lingua e caricò la valigia in macchina. Dopo appena due minuti di tragitto, arrivarono davanti a una villa indipendente.
Lo seguì all’interno, mentre lui le comunicava il codice d’accesso aprendo la porta.
Il soggiorno era arredato con uno stile minimalista dai toni freddi, ma ogni dettaglio trasudava lusso.
"Tu starai nella stanza a sinistra, al secondo piano. La mia camera e il mio studio sono sulla destra. Non entrare senza permesso e non spostare nulla."
"Capito, signor Bartolone." Arabella annuì. C’erano molte regole, ma rispetto alla vita con la madre e Fabiano, preferiva di gran lunga questa. Anche se Sebastiano era rigido, almeno offriva stabilità.
Con le spese mediche del padre finalmente non più un problema, Arabella cominciò a sperare: in sei mesi avrebbe potuto risparmiare abbastanza da pagare l’anticipo per un piccolo appartamento a Pesanza.
Con questi pensieri rassicuranti, trascinò la valigia su per le scale.
Aveva appena finito di disfare le sue cose quando bussarono alla porta.
Aprì e vide Sebastiano, ora in abiti casual, in piedi davanti a lei. Le porse un documento, con un’espressione indifferente.
"Queste sono le mie preferenze. Memorizzale per non commettere errori domani davanti a mio nonno."
Arabella annuì, prendendo il fascicolo, mentre dentro di sé brontolava su quanto potesse essere complicata la vita in quella villa.
"E le mie preferenze? Vuole conoscerle?"
"Non c’è bisogno."
Con quella fredda risposta, Sebastiano si voltò e se ne andò.
Sapeva già tutto di lei.
Arabella chiuse la porta e tornò nella sua stanza per leggere il documento. Dentro c’erano dettagli minuziosi: gusti alimentari, abitudini, persino le taglie degli indumenti intimi.
Dopo averlo sfogliato, fece una doccia e inviò un messaggio al supervisore per chiedere un giorno di riposo.
Aveva in programma di andare a trovare suo padre dopo aver accompagnato Sebastiano dal nonno. Ma la risposta del suo capo arrivò immediata e furiosa:
"Arabella, oggi pomeriggio non ti sei presentata al lavoro e ora chiedi anche domani? Non approverò. Se non vieni, perderai il bonus di presenza!"
Il cuore di Arabella affondò. Quel bonus valeva mille dollari: la sua ancora di salvezza.
Ma non aveva scelta: il giorno dopo doveva accompagnare Sebastiano.
