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capitolo 2. Un altro mondo

La corriera si fermò con un deciso sobbalzo, e il vibrante brusio della stazione centrale di Shanghai investì Maria come un’onda frizzante di suoni e colori, densa di odori, voci e luci al neon. L'aria pulsava di vita, come un cuore gigante che batteva sotto i suoi piedi.

Scese con la valigia ben stretta in mano, guardandosi intorno con occhi grandi e curiosi. Ogni dettaglio sembrava brillare: i riflessi delle vetrate, i colori dei cartelloni pubblicitari, il ritmo incalzante dei passi della gente. Grattacieli luccicanti d’acciaio sfidavano il cielo grigio argentato, taxi gialli sfrecciavano come luci impazzite, e fiumi di persone si muovevano rapidi senza fermarsi, immersi nelle loro vite frenetiche, ognuno con una meta precisa.

Era tutto così grande. Così veloce. Così pieno di possibilità.

Maria si strinse nella giacca sottile, respirando a pieni polmoni l’aria piena di promesse. Un misto di ansia ed eccitazione le si aggrovigliava nello stomaco. Attorno a lei, i passanti indossavano abiti raffinati e moderni, portavano borse firmate e telefoni ultratecnologici sempre in mano. Nessuno sembrava notarla, ma lei non si sentiva piccola: si sentiva parte di qualcosa di nuovo ed eccitante, come se un'energia invisibile la spingesse avanti.

Shanghai non era solo una città. Era un universo in espansione, luminoso, magnetico. Un luogo dove i sogni sembravano avere spazio per crescere.

Con il biglietto stropicciato ma prezioso in tasca, si fece coraggio e si diresse verso la fermata della metropolitana. Aveva studiato la mappa per settimane prima di partire, eppure ora, tra il brusio, le voci in lingue diverse, i cartelli lampeggianti e i suoni metallici dei treni in arrivo, tutto sembrava avvolto in un turbine ipnotico.

Mentre aspettava sulla banchina, il rumore del treno in arrivo le fece vibrare le ossa. Pensò per un istante a sua madre, al modo in cui le aveva sistemato i capelli prima di partire, e a suo padre, che le aveva infilato un sacchetto con gli snack per il viaggio nella tasca laterale della valigia. Era sola, sì. Ma anche infinitamente libera.

Con qualche esitazione, ma senza mai perdersi d’animo, seguì il percorso tracciato. Dopo una serie di linee colorate, cambi rapidi e lunghi corridoi sotterranei, raggiunse il quartiere dove avrebbe vissuto: un’area elegante, ordinata, a pochi passi dalla più famosa università di Shanghai, quella dove aveva vinto la borsa di studio dei suoi sogni.

L’edificio che la ospitava era moderno e accogliente: una residenza universitaria con mura chiare, ingressi puliti, scale linde e un cortile interno pieno di piante curate e cespugli in fiore. Il silenzio rispettoso del luogo sembrava invitare allo studio e alla concentrazione.

La portineria era gestita da un uomo gentile, con occhi attenti e modi garbati, che le consegnò la chiave con un sorriso cordiale e discreto. Quando lei ringraziò con un piccolo inchino, lui si limitò ad annuire, quasi volesse darle il benvenuto senza disturbare il suo momento.

La stanza che le era stata assegnata era semplice ma luminosa: un letto comodo, una scrivania spaziosa, una grande finestra da cui si intravedevano alberi e il profilo dei palazzi lontani. Il pavimento era lucido, le pareti tinteggiate di un colore tenue che trasmetteva calma. Maria aprì la finestra per far entrare l’aria, e un vento tiepido le sollevò una ciocca di capelli.

Maria lasciò cadere la valigia sul pavimento e si sedette sul materasso, sentendo un'ondata di emozione attraversarle il petto.

Era tutto nuovo. Era tutto suo. E finalmente tutto sembrava possibile.

Non c’erano i campi dorati del villaggio. Non c’era il profumo caldo della zuppa della mamma. Non c’era la voce roca del papà che le raccontava storie antiche, seduto sulla veranda di casa.

Ma qui c’erano altri profumi: caffè tostato proveniente dai bar vicini, il leggero odore di libri nuovi e asfalto bagnato. C’era il ronzio vitale della città. C'era il futuro.

Maria si alzò in piedi, caricata da una nuova energia. Aveva attraversato metà della Cina per essere lì, e ogni passo era stato un passo verso il sogno che aveva sempre coltivato in silenzio, tra le pagine dei suoi libri e i pensieri chiusi in un diario logoro.

Il giorno dopo sarebbe iniziato il master: il primo mattone del suo progetto ambizioso. Doveva essere forte. Doveva splendere. Per se stessa. Per chi aveva creduto in lei. Per il futuro che l'aspettava.

Si cambiò velocemente, infilando un maglione semplice e jeans comodi, e uscì per esplorare i dintorni. Le strade erano piene di studenti indaffarati, professori eleganti, negozi colorati, caffetterie moderne e piccoli bistrot. Le voci si mescolavano alle musiche in sottofondo, ai clacson e alle ruote delle biciclette.

Ogni vetrina scintillava di opportunità: libri, vestiti alla moda, computer di ultima generazione, gadget innovativi. Maria avanzava con passi misurati, osservando tutto con occhi avidi, raccogliendo ogni dettaglio come un tesoro.

I suoi abiti semplici, le scarpe consumate e il viso senza trucco non la facevano sentire fuori posto: la rendevano autentica, parte di quel mondo che aveva scelto di conquistare con pazienza e merito.

Quando arrivò davanti all’università, il cuore le balzò nel petto. L’edificio era grandioso: colonne moderne si alternavano a vetrate scintillanti, creando un contrasto armonioso tra tradizione e innovazione. Lì dentro, ogni aula era un luogo di sapere, ogni corridoio una strada verso il futuro.

Decine, centinaia di studenti entravano e uscivano, trascinati da un vortice di entusiasmo, sogni e conoscenza. Lingue diverse si mescolavano, culture si incontravano, menti si accendevano.

Domani, anche lei sarebbe entrata lì. Domani, anche lei avrebbe camminato per quei corridoi, avrebbe seguito le lezioni, avrebbe stretto nuovi legami, forse anche amicizie. Maria chiuse per un istante gli occhi e provò a immaginarsi seduta in prima fila, con una penna tra le dita e il cervello acceso.

Domani avrebbe iniziato a costruire il suo destino, un passo alla volta, senza saltare nessuno.

Si voltò verso il cielo grigio di Shanghai, e per un momento, tra le nuvole gonfie, vide un raggio di luce fendere l’aria come una lama gentile.

Sorrise tra sé, sentendo il cuore espandersi. Non era più solo una ragazza di un villaggio lontano. Era una studentessa, una viaggiatrice, una combattente. Una sognatrice con le mani sporche di fatica.

Era solo l’inizio.

E Maria era pronta.

Pronta ad aprire le ali.

Pronta a volare.

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