Capitolo 2: Un brivido sotto la pelle
Elena
E proprio questo è ciò che mi turba. Ciò che mi disturba profondamente. Da anni, ho costruito un muro tra ciò che sento e ciò che mostro. Una fortezza di calma, grazia, controllo. Tutto è sotto controllo: la mia immagine, le mie parole, i miei gesti, persino i miei sorrisi. Sono un'attrice. Una moglie. Una modella.
Ma davanti a lui… questo muro si incrina.
Noah mi guarda in modo diverso. Non come gli altri. Non come un giornalista in cerca di uno scoop. Non come un ammiratore inebriato dal mio nome. Mi guarda come se fossi… reale. Come se vedesse attraverso le mie finzioni. E questa sincerità… mi disarma.
Mi turba, sì. Ma è peggio di così. Mi fa sentire viva.
Sul set, è concentrato. Silenzioso. Studio. Osserva più di quanto parli. Impara in fretta, ma con umiltà. Ha quella freschezza quasi dolorosa di chi crede ancora nella magia di questo lavoro.
Io, ho disimparato. Ho imparato a simulare l'emozione, a dosare le lacrime, a controllare i brividi. Lui, non simula. Vive ogni scena.
A volte, mi sorprendo a guardarlo quando lui non mi vede. Il modo in cui si passa una mano tra i capelli, nervosamente. L'aggrottarsi delle sue sopracciglia quando rilegge una battuta. La sua risata, rara, timida, quasi colpevole.
E poi… quel modo in cui mi guarda. Come se fossi l'unica cosa importante nella stanza. Come se avessi ancora qualcosa da offrire di unico.
Non dice nulla di indecente. Non tenta nulla. Ma lo sento. È lì, nell'aria, sospeso. Una tensione muta, ardente. Mi desidera. E ciò che mi spaventa è che comincio a desiderarlo anch'io.
Oggi, giriamo una scena delicata. Giulia e Ethan si sfiorano per la prima volta. Una scena sobria, senza effusione. Solo uno sguardo. Una prossimità. Un respiro.
Le ho interpretate, queste scene. Decine di volte. Conosco le sfumature, i silenzi. Ma oggi, tutto mi sembra diverso. Perché è lui.
Entra nella luce, costume sgualcito, sguardo teso. E sento il mio cuore accelerare. È stupido. Incontrollabile. Quasi vergognoso.
Quando si avvicina, perdo un attimo il filo. Una battuta mi sfugge. La sua mano passa vicino alla mia. Un semplice sfioramento. Un gesto insignificante. Calcolato.
Eppure.
Il mio respiro si blocca. Un calore attraversa la mia pelle, come un'onda. Forse non se ne rende nemmeno conto. O forse sì. Forse tutto è volontario. Forse stiamo giocando a un gioco al quale non ho mai acconsentito. Ma sto già perdendo.
— Stop! — grida il regista.
Mi allontano subito, come se fossi stata punta da una scossa. Evito il suo sguardo. Fugo fuori dal campo senza una parola. Non c'è modo che lui veda ciò che sento. Non c'è modo di mostrargli la falla.
Nella mia stanza, lo specchio mi restituisce solo un'immagine che non riconosco più. Il mio trucco svanisce lentamente tra le mie dita tremanti. Respiro a malapena.
Odio tutto questo. Questo turbamento. Questa fragilità. Questo bisogno assurdo.
Gabriel mi ha offerto tutto, giusto? Una carriera, un nome, una vita di lusso. Ma non l'amore. Non la dolcezza.
Mi ha amata, forse. Una volta. Mi ha presa come si appropria di un gioiello raro. Mi ha modellata, plasmata, esposta. Sono diventata ciò che voleva: la facciata perfetta.
Ho imparato a tacere. A sorridere. A piegarmi. Ad obbedire.
Ma con Noah… mi ricordo. Di chi ero prima.
Un semplice sguardo da parte sua, e tutto vacilla.
Stasera, torno tardi. Il mio cuore batte ancora troppo veloce.
Gabriel è lì, come al solito. Seduto nel soggiorno, whisky in mano, giacca impeccabile. Lo schermo trasmette un documentario di cui non ascolta una parola.
— Ti sei trattenuta ancora — commenta senza distogliere lo sguardo.
— Le prove hanno preso ritardo.
Gira lentamente la testa verso di me. Mi osserva. Il suo sguardo è una lama fredda.
— Quel ragazzo… Noah Hale. Ti infastidisce?
Un brivido mi attraversa.
Fermo un attimo, solo un secondo. Troppo breve per non tradire qualcosa.
— È ancora inesperto, ma è applicato.
— Uhm.
Un silenzio scende, più pesante di un rimprovero. So cosa significa questo "uhm". Gabriel sente il pericolo. Intuisce ciò che non può controllare. Mi ha sempre posseduta. Completamente. Totalmente. Ufficialmente. E oggi, questa presa si incrina.
Nel letto, mi volta le spalle. Il suo corpo è un muro glaciale. Non mi tocca più. Da mesi. Forse da anni. Non lo so nemmeno più.
Fisso il soffitto.
E penso a Noah.
Alle sue mani, alla sua voce. Al suo sguardo che mi sfiora come una carezza.
E, nell'oscurità, mi lascio andare. Lentamente. Una mano scivola sulla mia pelle. Chiudo gli occhi. E sono lui che sento. Lui, contro di me. Non come Gabriel, mai.
Non meccanico. Non distante. No.
Noah sarebbe dolce. Teso. Tremante. Mi bacierebbe come si cerca aria. Come si muore di fame.
Mi mordo il labbro. Il mio respiro accelera. E mormoro il suo nome contro il cuscino.
— Noah…
È un crimine. Un tradimento. Una vergogna.
Ma è anche la prima volta da anni che sento qualcosa di vero.
Sono Elena Vasseur. La moglie di Gabriel Dumesnil. La star di un film che tutta l'industria aspetta.
Sono tutto ciò che devo essere.
Ma ogni giorno, ogni sguardo scambiato con quel ragazzo, sento che mi allontano da questo ruolo… che non sono più capace di recitare.
E forse… che non ne ho più voglia.
