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Capitolo 1 – L'ombra dei riflettori

La prima volta che metto piede su questo set, ho le mani sudate e il cuore che batte forte da farmi male. Lo studio è immenso, labirintico. I decori odorano di vernice fresca, polvere, ambizione. Decine di tecnici si affannano intorno a telecamere, cavi, luci. E io, in mezzo a questa folla, mi sento piccolo. Troppo giovane. Troppo nuovo.

Sono Noah Hale. Ventisei anni, due cortometraggi, uno sguardo che si dice "promettente", e un agente che mi ha procurato un ruolo inaspettato in quello che sarà, a quanto pare, il film dell'anno. Il mio nome sul manifesto. Il mio volto nei trailer. Ma soprattutto... lei.

Elena Vasseur.

È la star. Non un'attrice come le altre. Un'icona. Una bellezza rara, scolpita nel mistero e nell'eleganza. Affascina i critici, infiamma i tappeti rossi. E è sposata con Gabriel Dumesnil, l'uomo che produce questo film. Il magnate del cinema francese. Un uomo che può fare o distruggere una carriera con un semplice gesto.

La incrocio per la prima volta durante la lettura del copione. Entra nella sala come si entra in una leggenda: senza rumore, ma con una presenza che gela ogni respiro. Un vestito nero, sobrio, elegante. I suoi capelli raccolti in un chignon basso. Non sorride. I suoi occhi scrutano la stanza con una padronanza quasi inumana. Poi si posano su di me.

E tutto il mio universo vacilla.

Non riesco a capire se mi ha trovato insignificante, interessante o invisibile. Mi guarda a malapena per due secondi, ma quei due secondi mi bruciano la pelle. Cerco di restare concentrato, di leggere le mie battute con sicurezza, ma ogni volta che sento la sua voce, dolce e sicura, perdo un po' il filo.

Lei incarna Giulietta, una donna lacerata tra due uomini. Io sono Ethan, il giovane amante che lei cerca di allontanare. Il destino sembra essersi divertito a confondere le linee fin dall'inizio.

Quando la lettura termina, si alza e scompare senza una parola.

— Sei stato bravo — mi sussurra un assistente accanto a me. — Ma non provare a sedurla. Elena è un mito... intoccabile.

Non rispondo. Ma il mio sguardo resta incollato alla porta che ha appena varcato, come se avesse lasciato dietro di sé un vuoto magnetico.

Il giorno dopo, iniziano le prime riprese. Il regista è esigente, ma appassionato. Mi piace questa tensione, questa pressione che mi spinge a cercare qualcosa di grezzo dentro di me. Tuttavia, non è il recitare che mi turba. È lei.

Ogni volta che giro una scena con Elena, il mio corpo mi tradisce. I miei gesti diventano nervosi, le mie battute tremano di un accenno di impazienza, di desiderio contenuto. Lei, al contrario, resta impassibile. Recita con una precisione chirurgica, come se nulla e nessuno potesse turbare la sua superficie liscia.

Ma sento qualcos'altro.

Quando i nostri sguardi si incrociano tra due riprese, c'è un lampo. Un frammento di battito. Un attimo in cui il suo sguardo sembra cercare qualcosa in me. Poi distoglie la testa. E io resto lì, ansimante, come un adolescente di fronte a un enigma.

Una sera, dopo una lunga giornata, lascio il set tardi. Resto un po', incapace di tornare a casa. La mia mente è ossessionata dalla sua voce, dai suoi gesti, dal modo in cui respira quando recita. Passo per il corridoio vuoto dello studio, e lì la vedo.

È sola, seduta sui gradini del set principale. La luce dei neon bagna il suo viso di una dolcezza irreale. Tiene una sigaretta tra le dita, che non accende.

Mi fermo, esito, poi mi avvicino.

— Non fuma davvero — noto a bassa voce.

Alza gli occhi verso di me. Non sorpresa. Quasi... divertita.

— No — risponde. — Mi piace solo il gesto. Mi dà l'impressione di fare una pausa in una vita che non ne offre.

Mi siedo a una giusta distanza, senza dire altro.

Il silenzio si allunga. Non è vuoto. È denso. Dice più cose dei dialoghi che abbiamo girato per tutta la giornata.

— Sei bravo — finisce per dire. — Troppo bravo per questo ruolo.

— Troppo bravo? — ripeto, sorpreso.

Mi guarda dritto negli occhi. C'è qualcosa nel suo sguardo che non riesco a decifrare. Fatica, forse. Paura. O un desiderio sepolto così profondamente che fa male a risalire.

— Questo ruolo ti cambierà. Non ne uscirai indenne.

Voglio chiederle cosa voglia dire. Ma schiaccia la sigaretta contro un gradino, si alza e mi volta le spalle.

— Buona notte, Noah.

Il mio nome sulle sue labbra risuona come una promessa che non comprendo ancora. La guardo allontanarsi, silhouette fluida, distante, magnetica. E nel mio petto, un fuoco si accende dolcemente.

Non lo so ancora, ma in quel momento, la mia vita è appena cambiata.

Elena

L'hanno scelto senza chiedere il mio parere. Questo Noah Hale. Questo ragazzo dagli occhi troppo chiari, dallo sguardo troppo franco.

L'ho visto entrare nella sala di lettura con le mani nervose e il suo abito troppo grande, mal adattato, come se lo avesse preso in prestito per fare il grande. Sembrava un ragazzino perso in un mondo troppo vasto, troppo brillante, troppo esigente per lui.

Ma quando ha aperto bocca, quando ha pronunciato le sue prime battute, è successo qualcosa. Una breccia. Un turbamento. Non nella sala, ma in me. Non aveva la tecnica. Aveva di meglio: la verità.

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