Amelia
Il taxi si muove tra le strade trafficate di New York, il rumore incessante dei clacson riempie l’aria come una melodia caotica e onnipresente. Le luci dei cartelloni pubblicitari illuminano la notte, riflettendosi sui finestrini come stelle artificiali.
Mi appoggio contro il sedile, guardando fuori con un misto di stupore e curiosità. È la mia prima volta in questa città. New York. Il cuore pulsante del mondo. E io sono qui, dentro un taxi, con un autista che non smette di lanciarmi occhiate dallo specchietto retrovisore.
Sorrido tra me e mi sistemo la camicetta, tirandola leggermente per mettere in evidenza le curve. Il tessuto leggero accarezza la pelle mentre incrocio le gambe con naturalezza. L’autista tossisce leggermente, un suono appena percettibile, ma sufficiente per farmi capire che ha notato il mio movimento.
«Quanto costa la tratta?» domando, spezzando il silenzio.
L’uomo non si fa pregare: «100 dollari.»
«Cosa?!» strillo, sporgendomi leggermente in avanti. «100 dollari per un giro in taxi?»
Lui allarga le braccia in un gesto teatrale, mantenendo una mano sul volante. «Signorina, siamo a New York!»
Rimango per un istante in silenzio, poi ridacchio. Non posso negarlo, mi diverte il modo in cui dice le cose. C’è qualcosa di cinematografico nel suo accento, nel suo atteggiamento da uomo vissuto.
Mi sistemo meglio, spostando leggermente le gambe in modo che il vestito scivoli appena più su. Lui deglutisce.
«Signorina…» dice con un tono che è un misto tra un rimprovero e una supplica.
Lo ignoro e mi sporgo in avanti, passando agilmente dal sedile posteriore a quello anteriore.
«Ehi, ehi, che stai facendo?» protesta lui, tenendo le mani incollate al volante.
«Rilassati» sussurro, posandomi sul sedile accanto a lui. Sento il profumo del cuoio mescolarsi all’odore leggermente speziato del suo dopobarba.
Lui mi lancia un’occhiata incerta. «Devo fare una deviazione?»
Inarco un sopracciglio, inclinando la testa con fare giocoso. «Come vuoi…»
L’uomo non aspetta altro. Svolta con destrezza e dopo pochi minuti ci troviamo in un parcheggio semi-deserto. I lampioni giallastri illuminano l’auto con una luce soffusa, creando un’atmosfera sospesa tra il reale e l’onirico.
Mi volto verso di lui e avvicino il viso al suo collo. Il profumo della sua pelle mi avvolge, caldo e vagamente familiare. Sfioro con le labbra la linea della sua mascella, sentendolo irrigidirsi per un attimo prima di rilassarsi con un respiro profondo.
«Questa… questa è la prima volta che una cliente mi salta davanti» mormora con un tono incerto.
«E come ti fa sentire?» domando, scostando una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
Lui ridacchia, il suono è basso e profondo. «Confuso. Ma decisamente fortunato.»
Mi lascio sfuggire un sorriso e poso una mano sulla sua coscia. Sento i muscoli contrarsi sotto il tessuto dei pantaloni.
«Okay, okay… questo è interessante» borbotta lui, mentre una delle sue mani si posa delicatamente sulla mia gamba, come se volesse assicurarsi che tutto sia reale.
«Interessante?» ripeto, inclinando la testa.
Lui annuisce. «Sai… di solito le persone salgono su un taxi per arrivare da qualche parte. Tu sembri più interessata al viaggio che alla destinazione.»
Sorrido, scorrendo piano le dita lungo il tessuto dei suoi pantaloni. «Forse il viaggio è più importante della meta.»
Lui ride di nuovo, ma la sua voce è leggermente più roca ora.
«Signorina, io guido taxi da vent’anni e mai nessuno ha detto una cosa così profonda mentre mi toccava la gamba.»
Scoppio a ridere, il suono si mescola al suo respiro leggermente accelerato. Lui solleva il mento, guardandomi con un misto di divertimento e incertezza.
«Sei una donna pericolosa.»
Mi avvicino ancora, quasi fino a sfiorare le sue labbra. «E tu sei un uomo che si lascia tentare facilmente.»
Lui inclina la testa, come per valutare la situazione, poi con un gesto deciso mi prende per la vita e mi attira sulle sue gambe.
«Okay, okay… aspetta un attimo!» esclama, come se avesse appena realizzato cosa sta succedendo. «Mi stai facendo infrangere ogni codice di condotta del mio lavoro.»
Mi stringo nelle spalle. «Quanti passeggeri ti hanno mai dato una mancia così?»
Lui ride, scuotendo la testa. «Mai nessuno. E dire che speravo sempre in una bella sorpresa.»
Gli passo una mano lungo la nuca, affondando le dita tra i capelli corti. Lui sospira piano e appoggia le mani sui miei fianchi.
Per un istante rimaniamo così, in un equilibrio perfetto tra tensione e attesa. Fuori, le luci della città sembrano lontane, quasi irreali. Qui, in questo taxi fermo in un parcheggio, il mondo si riduce a un piccolo spazio, a due corpi vicini, a respiri mescolati.
Lui solleva piano una mano e la fa scorrere lungo la mia schiena, un tocco leggero ma deciso. Mi osserva con un’intensità che mi fa sorridere.
«Lo sai che dopo questo viaggio ogni volta che vedrò un taxi penserò a te?»
«Spero di essere un bel ricordo» mormoro, avvicinandomi ancora un po’.
Lui sospira, con un sorriso incerto. «Oh, senza dubbio.»
Mi muovo leggermente, sentendo la sua stretta farsi più sicura. Le sue mani tracciano linee invisibili lungo il tessuto del mio vestito, esplorando con cautela e desiderio trattenuto.
«Dovrei fermarti?» domanda in un sussurro.
Gli passo un dito lungo il colletto della camicia. «Vuoi fermarmi?»
Lui esita per un istante, poi scuote la testa con un sorriso di resa. «Decisamente no.»
Ridacchio e inclino la testa, lasciando che il momento si prolunghi, che il desiderio si accumuli. C’è qualcosa di incredibilmente eccitante nell’attesa, nell’anticipazione.
Le sue mani risalgono piano lungo le mie gambe, con una lentezza studiata, come se volesse memorizzare ogni centimetro di pelle attraverso il tessuto.
Fuori, la città continua a vivere, ignara di ciò che accade in questo piccolo angolo nascosto.
Il taxi diventa il nostro mondo. E per questa notte, non c’è altro posto in cui vorrei essere.
Lui si lascia andare contro il sedile, chiudendo gli occhi per un attimo, come se volesse imprimere nella memoria ogni sensazione. Io lo osservo, il modo in cui il suo petto si solleva leggermente più in fretta, il modo in cui le sue mani si fermano appena sotto il bordo del mio vestito, come se fosse indeciso tra trattenersi o lasciarsi andare del tutto.
Sorrido, inclinandomi quel tanto che basta per sfiorargli l’orecchio con le labbra. «Ti vedo pensieroso.»
Lui ride piano, un suono basso e vibrante. «Sto cercando di capire se questa sia una di quelle storie incredibili che si raccontano agli amici… o se sia troppo assurda per sembrare vera.»
Mi mordo il labbro, scorrendo un dito lungo la sua mascella. «E cosa ti dice il tuo istinto?»
Lui apre gli occhi, mi guarda con una scintilla di divertimento misto a desiderio. «Mi dice che se smetto di pensarci, probabilmente me la godrò di più.»
Annuisco piano. «Mi sembra una buona strategia.»
Le sue mani si stringono un po’ di più attorno alla mia vita, e io mi muovo appena, giusto quel tanto che basta per sentire la sua presa farsi più sicura.
Fuori, un’auto passa lenta lungo la strada, i fari illuminano per un attimo l’interno del taxi. Io mi blocco istintivamente, ma lui sorride.
«New York non dorme mai…» mormora.
«Neanche noi, a quanto pare.»
Lui ride, e il suono mi scalda più di quanto vorrei ammettere. «Cosa ti ha portata qui?»
Inarco un sopracciglio. «A New York?»
Lui annuisce, le dita che tracciano cerchi distratti sulla mia schiena.
«Volevo cambiare aria» dico, con un leggero alzare di spalle. «Un po’ di avventura.»
«E hai deciso di iniziarla dentro un taxi?»
Sorrido, facendo scivolare le mani lungo il colletto della sua camicia, giocando con il primo bottone. «A quanto pare.»
Lui mi osserva, come se stesse cercando di decifrare qualcosa di più profondo. Poi scuote la testa con un sorriso. «Hai un modo tutto tuo di rendere interessante una corsa in taxi.»
«E tu hai un modo tutto tuo di rendermi divertente restare ferma in un parcheggio.»
Lui ride, e il suono è come un’onda che mi investe. Poi, con un movimento deciso, mi attira più vicina, fino a che i nostri volti sono separati solo da un respiro.
«Sei pericolosa, lo sai?» sussurra.
Scivolo piano una mano lungo la sua spalla, fino a intrecciare le dita dietro la sua nuca. «E tu ti lasci in pericolo con fin troppa facilità.»
Lui sospira, il suo respiro si mescola al mio. «Credo che questo sia il miglior rischio che abbia mai corso.»
Sorrido, lasciandomi trasportare dal momento, dal calore, dall’energia sospesa tra di noi. E mentre il mondo fuori continua a scorrere, noi rimaniamo qui, in questa bolla di tempo rubato, senza nessuna fretta di tornare alla realtà.
