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Capitolo 7

La sua casa è insolita, non ci sono porte tra una stanza e l’altra, tutto è in contatto.

Durante il tragitto Jack è restato in silenzio e io non ho parlato, non mi riconosco più, ad un tratto non sono più padrona di me stessa.

“Siediti sul divano, ti prego” chiede in tono gentile, lo precedo e faccio ciò che mi ha appena detto.

Prima di parlare mi osserva, sono ancora scossa, e non vedo l’ora di sapere quale strano malore mi ha investito in quel ristorante.

Sono in balìa di un uomo che, non so come, è in grado di esercitare un controllo senza precedenti in tutto il mio essere, che m’impedisce di ragionare razionalmente e offusca completamente la persona che sono, facendo emergere il lato più nascosto della mia personalità.

Finalmente la sua voce mi raggiunge.

“Non devi temere ciò che sei, devi sentirti libera di essere una schiava. Non puoi sempre nascondere la tua vera natura, ci devi solo convivere. Molte donne si sentono schiave, ma non lo accettano e si chiudono in sé stesse, altre invece mostrano l’opposto nascondendo le loro emozioni. Tu cosa vuoi fare Vera? Vuoi continuare a immaginare qualcuno che ti domini come quando eri bambina? Qualcuno che ti leghi, ti imbavagli fino a immobilizzarti per poi fare di te ciò che vuole, oppure vorresti viverlo davvero? Potrei essere io il tuo padrone, potrei legarti, metterti un bavaglio, ed educarti a raggiungere un piacere che non ha limiti. Basta che tu lo voglia Vera, basta che tu mi dica di sì, allora la tua vita cambierà per sempre.”

Cade il silenzio, solo il mio respiro affannoso spezza quella strana attesa, sono disarmata, paralizzata, sopraffatta dalle sue parole.

Mi guardo attentamente, il mio corpo sembra non appartenermi più, ma un barlume di buon senso arriva inatteso.

All’improvviso ritorno in me, la paralisi mi ha abbandonato all’istante, e la lucidità ritorna padrona del mio cervello “Cosa mi è successo, Jack?” chiedo intimidita.

“Ti ho ammaliato, è una seduzione particolare, succede solo se c’è alchimia tra un Master e la sua schiava, non succede a tutte, è molto raro. L’ho sentito anch’io Vera, ecco perché ti ho voluto portare via. Se avessi esercitato il mio potere avrei potuto approfittare di te, ma ho preferito parlarti per darti modo di ‘liberarti’ dal tuo stato. Ora sei lucida, puoi decidere quello che vuoi” risponde calmo e pacato.

Mi alzo dal divano, sento la voglia di camminare e ho tante domande che ronzano nella testa.

“Può capitare di nuovo?” domando incredula e disorientata, “Sì, ma sono io a decidere quando”, mi giro sconvolta, “Vuoi dire che puoi ammaliarmi in qualsiasi momento?” ora il tono della mia voce è davvero preoccupato.

“Sì”, risponde Jack.

Porto le mani al viso, sono disperata, ora capisco perfettamente in che guaio mi sono cacciata.

“E perché, ora, posso avere il controllo”, Jack si alza e mi raggiunge sedendosi di fianco a me.

“Perché è giusto, sei una persona, non sei costretta ad essere una schiava se non lo vuoi, puoi scegliere. Un vero Master desidera il consenso in un rapporto, non vuole coercizioni né tantomeno dissensi. Tutto deve essere deciso insieme e condiviso. In un rapporto tra Master e schiava, ci deve essere una fiducia smisurata e un’intesa che vada bene ad entrambi, altrimenti l’alchimia si spezza e le emozioni s’interrompono trasformando la relazione in una cosa sordida e deviata. Devi capire che noi cerchiamo emozioni profonde, uniche, che fanno parte della nostra natura, non bramiamo il dolore per forza, anche se a volte è lo stesso dolore a farti provare le migliori gioie fisiche, sempre però rispettando le inclinazioni di ognuna, capisci cosa intendo?”

Ad un tratto le immagini del passato risorgono improvvise, capisco perfettamente quello che dice, eppure non so se sono in grado di tradurlo correttamente.

“Vuoi dire che non siamo tutte uguali?”

“Certo che no! Ho avuto schiave in passato molto diverse fra loro.”

Rimango sbigottita, che stupida a non aver pensato al suo passato, così provo a sapere.

“Capisco, e che fine hanno fatto?” chiedo, Jack ad un tratto si alza, si avvicina al piccolo mobiletto bar, prende della vodka e la versa nel bicchiere.

“Ho chiuso il rapporto, le ho liberate e sono rimasto solo.”

“Le hai ammaliate?”

“No, non ha funzionato, è molto raro te l’ho detto” replica prendendo fiato.

“Come comprendi che il rapporto è finito?” domando sempre più interessata.

Jack si porta alle labbra il bicchiere e in un sorso unico si scola il liquore. Mi sembra teso, ma forse mi sbaglio.

“Nello stesso modo in cui una coppia non prova più piacere. Quando l’alchimia cessa, non c’è ragione di continuare.”

Lo raggiungo e mi verso anch’io qualcosa da bere, lui mi osserva come se volesse leggermi dentro, ma ora ho il controllo e sono in grado di ragionare razionalmente.

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