Capitolo 2
“Vera è il momento” mi avverte Leonard, l’assistente di sala “tocca a te” conclude passandomi la scheda del pezzo. Entro con sicurezza nell’ambiente e raggiungo la mia postazione.
Il microfono è posizionato in modo perfetto, quindi mi accingo a fare la mia presentazione.
Come al solito mi limito a descrivere il pezzo esaltandone le caratteristiche, presentando l’autore con i dati che ho in mio possesso, poi di tanto in tanto fisso il pubblico, esplorandone le espressioni, talvolta attente, altre annoiate.
Ad un tratto noto una sedia vuota, proprio nell’ultima fila, e penso che la persona che ha disertato l’appuntamento non sia altro che il solito cafone di turno che ha fornito il nominativo senza presentarsi; ma faccio un errore madornale, dopo qualche secondo un uomo sui trent’anni entra silenziosamente, percorre i pochi metri che lo separano da quella poltrona, alza il viso e finalmente si siede.
Continuo la mia descrizione poi, finalmente, lascio la parola al responsabile che ne batterà il prezzo iniziale di vendita.
Sono incuriosita da quell’entrata in scena all’ultimo istante, conosco la maggior parte dei clienti della casa d’aste, ma quell’uomo non l’avevo mai visto prima.
Rimane annoiato per le successive vendite fino a quando non viene battuto il quadro di Seurat.
È allora che si sveglia dal suo torpore e comincia a fare le sue offerte.
È una battaglia sostenuta, eppure dopo qualche minuto ottiene il tanto agognato pezzo; la somma di denaro non ha precedenti.
Il responsabile mi consegna il quadro, sarò io a definire tutte le procedure legali per il passaggio di proprietà.
L’uomo viene invitato nel mio ufficio e io mi appresto a conoscerlo.
“Sono Vera Cornwell, mi occupo di stilare l’atto del passaggio di proprietà” esclamo allungando la mano, lui la stringe vigorosamente “Piacere di conoscerla, mi chiamo Jack Kendall” replica sicuro.
Non posso fare a meno di notare che ha un aspetto curato, è molto attraente, affascinante; è alto, capelli corvini, occhi verde mare.
Il suo portamento mi ricorda un atleta, probabilmente è uno sportivo che si prende cura del proprio corpo. Mentre mi accomodo, mi osserva discreto, ma i suoi occhi sono in grado di penetrarmi dentro.
Sbrigo gli incartamenti e lui, silenzioso, è in attesa, curioso, quasi divertito dalla mia professionalità, lo avverto questo, lo sento sempre, la mia empatia è un fatto serio, me ne son fatta una ragione.
“Sono molto felice che si sia aggiudicato Seurat, evidentemente ha saputo cogliere l’essenza di questo pittore” esclamo, senza minimamente pensare che, forse, sono stata un po’ invadente.
“Noto con piacere che anche lei lo apprezza, o sbaglio?” chiede fissando i suoi occhi verdi su di me, ho quasi caldo e non capisco il motivo per cui inizio ad avvertire una strana sensazione, la presenza di quest’uomo sembra riempire tutta la stanza.
“Non sbaglia affatto. Amo Seurat, è un pittore insolito, ciò che è realmente rappresentato nella pittura non è tanto importante in sé, è quello che si cela dietro che svela davvero il suo messaggio.”
Noto che la sua mandibola si contrae, non avrei dovuto esporre le mie impressioni in quel modo, che mi sta succedendo? Avrei dovuto essere disinteressata e mostrare solo il mio lato professionale; invece, mi sono comportata come una principiante, devo subito farlo uscire da questa stanza.
“La prego, si accomodi Mister Kendall, dobbiamo siglare un plico di carte, così il passaggio di proprietà sarà definito” dico, cercando di sviare lo sguardo da quegli occhi magnetici, che si sono incollati sul mio corpo.
È interessante quello che ha detto a proposito di Seraut, e credo anche di capire il motivo per cui lei ha un debole per i suoi quadri” dice con la massima naturalezza.
“Davvero? Legge nel pensiero?” dico senza controllo.
Perché l’ho detto? Cosa diavolo mi è preso? Sono quasi imbarazzata dalla mia uscita infelice, sto per rimediare, ma lui è più veloce di me, “Mi piacerebbe avere quel potere; invece, sono solo un buon osservatore di anime, e la sua è davvero limpida per me.”
Nonostante non sia riuscita a frenare la lingua, lo sproloquio mi esce improvviso “Non crede di essere presuntuoso Mister Kendall? In fondo non ci siamo mai visti prima e io sono molto curiosa di sapere il motivo per cui, per lei, sono così limpida. La prego, m’illumini.”
Un sorriso si apre inatteso lasciandomi completamente disarmata, è un gesto spontaneo lo percepisco, ma io sento che sto andando a fuoco, quest’uomo mi fa uno strano effetto, sono intimorita, tramortita, quasi inerme.
Si toglie la giacca, la ripiega accuratamente sullo schienale della sedia e mi guarda sfacciatamente, il suo gesto, tra l’altro inatteso, mi provoca un brivido intenso.
E io lo guardo: ha due larghe spalle e la sua camicia è di ottima fattura, tanto che gli fascia il torace come se fosse una seconda pelle.
