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Sorrido, stringendo la mano al direttore.
Sento il telefono vibrare.
— Grazie mille per avermi assunta. — sorrido.
— Ma certo, signorina Pickett. Indipendentemente dall’esperienza, tutti meritano una possibilità. Quando ti farebbe piacere cominciare ? Abbiamo bisogno di personale immediatamente. — Luke sorride e io annuisco.
— Posso iniziare subito, se il moi abbigliamento è adeguato. — gli dico.
— Sarebbe perfetto. Scusami se hai avuto il colloquio in un orario così caotico. — Ride e io sorrido.
— Nessun problema. — Esco e lui mi segue, presentandomi all’unica barista che sta lavorando.
Lei sorride e mi porge la mano.
— Hai uno stile troppo bello. — la complimento.
Ha un taglio laterale, il resto dei capelli le cade sulle spalle, sono viola. Ha dei piercing neri alle orecchie, la pelle bruna è trafitta e tatuata.
— Grazie. Mi piaci. — Mi afferra per le spalle e Luke sorride prima di andarsene.
— Sai fare i cocktail ? — mi chiede.
— Tutti. — annuisco.
— Bene. Il cartellino col nome è qui, scrivilo con questo pennarello finché non possiamo fartene uno inciso. Esci pure quando sei pronta. Il grande capo arriva stasera, quindi dobbiamo fare bella figura. — Scuote la testa e se ne va.
Attacco il cartellino e guardo il telefono.
Carly : Hai avuto il lavoro ? x
Io : Lo vedrai, amore ;)
Guardo un messaggio da un numero sconosciuto.
Sconosciuto : Sono contento che Luke ti abbia assunta. Il tuo colloquio è andato bene. Non vedo l’ora che prepari i drink per me e i miei amici stasera, piccolo amore. Quando vengo da te, mi dirai come ti sembra un cliente, vero ? Scommetto che lo riconosco.
Il cuore mi balza in gola e mi sento debole.
— Dahlia ! — mi chiama la ragazza dallo stile particolare.
Infilo il telefono nel reggiseno ed esco.
— Scusa, la mia amica lavora qui come ballerina ed era impaziente. — rido e lei sorride.
— Scusa, è solo un po’ un casino adesso. — Agita lo shaker che ha in mano.
— Salve signora, cosa desidera ? — chiedo.
— Gin e cola. Con lime. — Sorride e annuisco.
Prendo un bicchiere, lo riempio di ghiaccio e trovo il gin. È organizzato come nel moi vecchio lavoro.
Prendo una cola dal mini frigo.
— La fetta di lime è qui, Lia. — sorride la ragazza.
Annuisco e verso la cola mentre un uomo mi chiede tre shot di tequila. Dio, solo il pensiero mi fa rabbrividire.
La gola mi brucia al pensiero.
Metto il lime sul bordo del bicchiere e glielo porgo. Lei sorride e mi ringrazia.
Verso gli shot e loro li buttano giù tutti.
Ne sento uno che quasi vomita e trattengo una risata.
— Fammi qualcosa. — Mi blocco.
Mi volto lentamente.
— Che c’è ? Ora lavori per me, quindi fammi qualcosa che pensi possa piacermi. — dice.
Ha sempre il tono di chi dovrebbe sorridere, ma il volto resta immobile. Nemmeno un accenno.
Ci penso. Mi viene in mente un Manhattan.
Mescolo whisky di segale, vermouth dolce e bitter, poi verso e aggiungo due ciliegie al maraschino infilzate in uno stecchino.
— Manhattan, signore. — annuisco mentre lo poso.
I suoi amici mi dicono le loro ordinazioni e comincio a prepararle.
— Cosa ti ha fatto pensare a questo ? — chiede.
— Non lo so, ti vedo più da whisky o bourbon lisci, ma non è divertente da versare. — spiego, sentendo il battito del cuore salirmi in gola.
— Il capo ti parla in modo così informale ? — chiede la ragazza dai capelli viola.
— Suppongo. — mi limito a dire mentre distribuisco i drink.
Provo disgusto per quell’uomo dal fiato di tonno che riconosco subito.
— Che c’è ? Parla chiaro. — mi dice e lo guardo mentre poggia i gomiti sul tavolo, i muscoli in bella vista, la maglietta che sembra sul punto di strapparsi.
— Il suo alito. — mormoro.
Lui accenna un sorriso e l’altro uomo sbuffa.
— Il moi alito ? — chiede.
— Sì. Hai bisogno di una mentina o qualcosa di più di un martini per togliertelo. — scuoto la testa.
— Ex-
— Siediti. Non alzarti così davanti a una donna, ragazzo. — brontola l’uomo, e la pelle mi si accappona per l’espressione che ha.
Gli altri sembrano sorpresi, ma li ignoro e mi avvicino ai nuovi clienti.
— Sto preparando i conti, posso lasciarti sola un attimo ? — chiede la ragazza, e leggo il suo cartellino.
Candice.
— Va bene. — sorrido leggermente e lei si allontana.
Porto a tutti i drink e i rifornimenti.
— Un altro ? — mi chiede l’uomo.
— Come ti chiami ? — domando.
— Perché lo vuoi sapere ? —
— Non voglio riferirmi a te mentalmente come “quell’altro tipo”. — spiego.
— Gabriel. Aldine. — Si raddrizza sullo sgabello.
— A-Aldine ? — Ho sentito parlare di un James Aldine. Anche di Gabriel.
— Ti suona familiare. — sorride, annuisco.
— Ahh, vedo che sei nervosa. Vuoi un sorso ? — mi porge il suo bicchiere e scuoto la testa.
— Calmati, bella. — Alza gli occhi al cielo.
Preparo un altro Manhattan per lui e glielo porgo.
Mi afferra il polso.
— Parlo sul serio. Calmati. Sei troppo bella per essere un fascio di nervi. — mi dice a bassa voce.
— Va bene. — annuisco.
— Bene. — Mi lascia andare.
— Verrò spesso qui, controllerò come stai. È già passata una settimana. Sono sorpreso che la tua voce non abbia ancora tradito nulla. — mi osserva.
— Ho promesso. — sussurro.
— Allora. Devo andare. Vieni qui ? — chiede, e lo faccio. Si sporge sul bancone con i gomiti. Odio quanto è vicino.
— Paurosa. Prendi questo. Se qualcuno ti fa domande, hai il moi permesso di ignorarlo o spaccargli la faccia. Non ti licenzieranno per questo. — strizza l’occhio e mi mette 700 dollari in mano prima di togliermi la gomma dalla bocca e rimettermela dentro.
— Dio, sei così facile da prendere. Tienila in bocca per un po’, non buttarla per strada di nuovo, piccolo amore. Quando ti scrivo, rispondi. Non verrò nei prossimi giorni, devo inseguire uno stronzo tatuato che allunga le mani. Non me ne vado finché non inizi a masticare. — sorride.
Chiudo la bocca.
— Non fingere. Se lo fai, ti farò fare una bolla, bella. — Aspetta, e comincio a masticare.
Non ha nemmeno un cattivo sapore, anche dopo il drink. È solo l’idea, credo.
— Brava. Ci sentiamo presto. — Se ne va e io infilo i 700 dollari nel reggiseno.
Perché mi agito sempre così tanto ?
