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(Punto di vista di lei)
Sono seduta in macchina, le lacrime che mi scendono sul viso, i polmoni sul punto di crollare.
Batto i pugni contro il volante, poi appoggio la fronte sul clacson, lasciandolo suonare.
Accendo i tergicristalli, la pioggia è intensa.
Mi appoggio allo schienale, con l’impulso di strapparmi via tutte le parti del corpo che mi rendono donna.
La guancia mi brucia, l’uomo mi ha colpita forte.
30 minuti fa –
Riempio di nuovo tre bicchieri di Blue Moon per tre uomini, torno al tavolo e li appoggio.
Mi giro dopo qualche “grazie” sparso. Sento una mano sulla mia natica sinistra e mi volto di scatto.
— Signore, non puoi toccare il personale. È estremamente irrispettoso. — Lo guardo con rabbia.
So che potrei perdere il lavoro per essermi difesa. Purtroppo.
— Scusa ? Posso fare tutto quello che mi pare ! — grida, puntandomi il dito in faccia.
Mi muovo per schiaffeggiarlo, il sangue che mi ribolle.
— Vaffanculo. — Mi colpisce con il dorso della mano e cado a terra, le lacrime che iniziano a scendere.
10 minuti dopo –
— Mi dispiace Dahlia. Dobbiamo rivedere tutte le riprese. Come manager non sono la proprietaria del locale. Devo seguire le regole, e tu hai colpito un cliente. — Jamie è seduta lì e io piango.
— Mi ha toccato il culo. Sono rimasta calma finché non mi ha mancato di rispetto. Ma sai cosa ? Non importa. Mi metterò il ghiaccio. Se vuoi licenziarmi, mandami un messaggio o qualcosa. Prendo il resto della giornata libera. — Mi tolgo il grembiule e lo appoggio sul tavolo.
— Mi dispiace, Lia. Davvero. — Mi guarda con tristezza.
— Non fa niente, Jamie. Starò bene, solo un po’ preoccupata per il lavoro. — Faccio spallucce e me ne vado.
Adesso –
Guido verso il mio appartamento. Parcheggio e abbasso la visiera per guardarmi allo specchio.
Prendo il telefono, mi asciugo gli occhi.
Chiamo Carly — una ragazza con cui lavoravo e con cui sono diventata amica — e lei risponde.
— Ehi bella. — mi dice.
— Ciao. Ti va di venire con me da Jasper ? Voglio ballare e svagarmi un po’. — le spiego.
— Passo a prenderti alle 8 ? Ma dimmi cosa è successo ? — chiede.
— Sì, va bene. — annuisco e entro nel moi appartamento.
—
Cerco un vestito da mettere. Sta piovendo, ma mi sveglio dal pisolino e fuori è abbastanza bello, solo il vento rende l’aria fredda.
Mi metto dei tacchi neri da cinque centimetri e una bella giacca nera.
Raccolgo i miei capelli castani in una coda e pulisco le sbavature sotto gli occhi.
Quel tocco e quello schiaffo mi ricordano troppo moi padre. Mi fa male il cervello. I pensieri.
Scuoto la testa e prendo il collirio, lo metto per non avere gli occhi secchi.
Sospiro ed esco, chiudendo la porta a chiave. Vado verso la sua macchina e suono il clacson.
Guida fino a casa sua.
— Ho dimenticato i contanti. —
Corre dentro e torna, poi andiamo al locale.
— Sei molto carina. — le dico.
— Tu sei proprio una bomba. — Mi fa ridere.
— Cosa è successo ? — chiede.
— Potrei essere licenziata. — le dico.
— Come ? Oddio, cosa è successo ? — sussulta.
— Un uomo mi ha toccato il sedere. L’ho colpito, lui mi ha schiaffeggiata. E ora rischio di perdere il lavoro per aver colpito un cliente. — sospiro.
— Povera stella, mi dispiace tantissimo. Se perdi il lavoro, vieni a lavorare con me. — sorride, alternando lo sguardo tra me e la strada.
— Non potrei fare la spogliarellista. Non ho abbastanza fiducia in me stessa. — rido.
— No no. Faresti la barista. Le bariste lì non servono ai tavoli, restano solo dietro il bancone. — spiega.
Sorrido.
— Ci penserò seriamente. — rido.
— Hai un livido ? — chiede.
— Il trucco è una cosa potente, Carly. — le faccio l’occhiolino e lei sorride.
— Dovresti scopare. — mi dice.
— No. — rispondo.
— Oh tesoro, sono tre anni da quando—
— Ah ah ah ah ah. Niente di tutto questo. — scuoto la testa con forza.
— Un’avventura di una notte. Dai Lia. — insiste.
— No. Andiamo. — faccio cenno verso la porta e saliamo dopo che chiude l’auto.
Mostriamo i documenti e entriamo.
Prendo una margarita alla pesca e lei prende un cocktail al gusto tropicale.
— È buonissimo. — dico. È leggero di alcol.
Lo assaggia.
— È davvero buono. — sorride.
— Vuoi ballare ? — le chiedo e lei mi prende la mano.
— E i nostri drink ? — mi preoccupo.
— Mi fido del barista Sammy come della mia vita. Gli ho fatto segno e ho indicato i nostri bicchieri. — Mi prende le mani e inizia a muoversi con me.
Le sue braccia intorno al mio collo, le mie che le tengono i fianchi mentre balliamo insieme.
Amo Carly. Non la considero una migliore amica, non credo in quelle. La considero la mia amica più cara.
Ma conto i secondi finché non mi lascia per andare a mangiare figa.
— Hai trovato qualche bella ragazza ? — le chiedo.
— Ancora no. — sorride e mi trascina fuori dalla folla.
— Ho la bocca secca. — scuote la testa e io bevo il mio drink.
— Nessuno si è avvicinato. — dice Sammy, presumo, e si allontana.
Bevo il mio.
— Trovata. Braccialetto arcobaleno. Devo provarci. Sammy, un cicchetto ! — Bussa sul bancone e lui glielo porge.
Lo beve tutto d’un fiato e mi bacia i capelli.
— Coraggio liquido e 500 euro per te. Sei una dea vivente a lasciarmi andare così. — sorride e si allontana.
Rido e scuoto la testa.
— È una mina vagante, vero ? — Sammy sorride.
— Lo è davvero. Trenta minuti e già è sparita. Magia. — bevo il mio drink ghiacciato.
— Torni a casa da sola ? — chiede.
— Sì, ce la faccio. — annuisco.
Penso di tornare a piedi. La pioggia è rilassante e il tragitto dura al massimo venti minuti.
Guardo i soldi.
— Quanto ti devo ? — chiedo.
— È offerto dalla casa. Davvero. — annuisce.
— Allora lascio la mancia. — sorrido, lascio due banconote da cento e me ne vado.
Guardo il telefono, sono le 20 :45. Doveva essere una serata per me.
Odio le feste, non so perché diavolo ci abbia pensato.
E lei sapeva che mi avrebbe lasciata.
Ricevo una chiamata.
— Sto per scopare, stronza ! — biascica.
— Allora scopami bene, bella. Ma non guidare per tornare. — le dico.
— Non lo farò. — ride e riattacca.
Alzo gli occhi al cielo e mi scontro con un corpo mentre mi giro e sento un grugnito.
Guardo dentro un vicolo e vedo un uomo preso a pugni da un altro con una forza devastante. Il sangue vola ovunque.
Non riesco a vedere bene chi sia.
— Capo. — sento dire, e sobbalzo, mi giro e cammino via velocemente.
Non voglio finire in questo casino. Uccidetelo pure, basta che non dica qualcosa che mi comprometta.
Trattengo il respiro, ma sento il cappuccio tirato.
Mi spingono contro il muro di mattoni dell’edificio.
— Oooh, questa è una bella ragazza ! — L’alito dell’uomo sa di tonno.
Chiudo gli occhi.
— Sparisci dalla sua faccia. Muoviti. — sento una voce bassa e ruvida, come se fosse stata usata troppo.
— Ha visto ? Hai visto ? — mi chiede, non tanto vicino quanto il tipo puzzolente.
— Non dirò n-niente, signore. Voglio solo andare a casa. — sussurro.
— Non ne sono sicuro. — Si avvicina, mi afferra il mento e soffia sul mio viso, i miei capelli si muovono e apro gli occhi.
Sussulto, temendo ogni movimento.
— Calmati. Qual è il tuo nome completo ? — mi chiede.
— Se te lo dico, posso andare ? — chiedo.
— Certo, bambolina. Dimmi il tuo nome completo. —
— D-Dahlia Rae Pickett. — sussurro.
— Ahh. Dahlia. Allora facciamo un patto. Sei giovane, carina. Ti lascio andare, ma sarò il tuo osservatore personale. Se sento che hai fatto la spia, avremo dei problemi, capito bella ? — mi chiede.
Annuisco.
— A parole. — sputa, l’alito sa solo di gomma alla menta.
— Ho capito. Non dirò nulla, lo prometto. — gli dico. Non sorride nemmeno.
Senza espressione.
È bellissimo da quello che riesco a vedere. Capelli neri, occhi neri, lineamenti marcati.
— Fissare non è carino. — sussurro, a disagio.
— Mi sto imprimendo il tuo volto, piccola. È una bella vista. — dice, e rimango a bocca aperta.
Toglie la gomma dalla sua bocca e me la mette nella mia aperta. La chiudo subito ma è troppo tardi.
— Magari la prossima volta sarà un insetto. Buonanotte, Dahlia Rae Pickett. Non lascio andare spesso la gente. Non essere troppo avida con i tuoi privilegi. — Se ne va e io sbatto le palpebre.
Guardo di nuovo nel vicolo, è vuoto. Nessun uomo, nessun sangue. Niente.
Ricordo la gomma in bocca e la tiro fuori.
Ricevo una chiamata e sospiro. La mia notte infinita.
— Jamie ? — chiedo.
— Mi dispiace, Lia. Devo licenziarti immediatamente. Ordine di Kennith. — Pronuncia il nome del proprietario e io vorrei avere la forza di fare alla sua testa quello che quell’uomo ha fatto all’altro nel vicolo.
— Va bene. Buona serata. — Riattacco e alzo il viso al cielo, le lacrime che mi rigano le guance.
— Oggi è una fottuta merda.
