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— Non l’ho scelto io, va bene ? Non avevo scelta — rispondo, rendendomi subito conto di essere stata molto scortese. Lui non può sapere nulla del moi passato, e non dovrei essere così brusca. Dopotutto, finora sono stati tutti gentili con me.
— Mi scuso. Non dovrei essere così scortese. Sei stato solo gentile con me — distolgo lo sguardo, imbarazzata, non abituata a interagire molto con le persone.
— Ehi, va tutto bene. Sto solo cercando di prepararti per quando arriverà l’Alfa. Probabilmente ti farà le stesse domande e non sarà altrettanto gentile o paziente — dice Everett con uno sguardo dolce.
Prendendomi un momento per osservare davvero Everett, mi rendo conto che è una brava persona, costretta ad apparire dura davanti agli altri. È bello vedere che è disposto a mostrarsi gentile con me.
Gli occhi di Everett si velano mentre comunica con qualcuno attraverso il legame mentale. Spero sia l’Alfa, in arrivo. Sono pronta ad andarmene da questo posto.
— Mi scuso. L’Alfa sta scendendo, ma per favore continua — mi informa Everett.
Annuisco soltanto e inizio a raccontargli la mia storia.
— Il moi branco è stato attaccato da un gruppo di randagi circa cinque anni fa. È successo tutto così in fretta. In un battito di ciglia, ho perso tutto. I pochi di noi rimasti in vita siamo stati presi come prigionieri. I randagi ci hanno detto che avevano ucciso tutti gli altri e che noi eravamo stati “fortunati” a sopravvivere. Non capivamo perché proprio noi fossimo stati scelti, visto che avevano preso solo i membri più giovani del branco — comincio a raccontare, senza rendermi conto di quanto sarebbe stato difficile.
— Le persone che ci hanno catturati ci hanno torturati nei modi peggiori. Ti picchiavano ancora di più se provavi a reagire. Le cose che ci facevano mi tormentano ancora nei sogni, e non lo augurerei a nessuno.
Non mi rendo conto che sto piangendo finché una lacrima non mi cade sulla mano. Me la asciugo in fretta. Everett mi guarda con pietà e dolore negli occhi.
Non voglio che la gente provi pena per me. Non cambierà ciò che è successo. Sto per dirgli che va tutto bene e che non deve dispiacersi per me, quando Willow comincia a agitarsi e a impazzire nella mia testa.
— Sta arrivando ! Sta arrivando ! — esclama Willow piena di eccitazione.
Non capisco cosa le stia succedendo. Si comporta in modo strano da quando ci hanno catturate le guardie.
— Di chi stai parlando ? Chi sta arrivando ? — le chiedo, ma prima che possa rispondermi, la porta delle celle si spalanca e sento passi pesanti scendere le scale.
Appena la figura compare davanti ai miei occhi, il mondo sembra svanire. Esistiamo solo io e quest’uomo meraviglioso lì davanti.
Willow ulula impazzita nella mia testa, ma riesco a malapena a registrarlo, mentre l’unica parola che mi esce dalla bocca è :
— Compagno.
— Mia — è l’unica cosa che dice quest’uomo stupendo.
Sono sotto shock. Non pensavo nemmeno di avere ancora un compagno.
Ne vengo fuori solo quando l’uomo si precipita verso la mia cella. Mi spaventa un po’ lo sguardo nei suoi occhi. Sono diventati completamente neri e sembra che fatichi a controllarsi.
Non riesco a capire se voglia farmi del male oppure no. So che, di solito, il proprio compagno non farebbe mai del male, ma ho sentito storie di relazioni abusive. È raro, ma il pensiero mi fa andare nel panico.
— Non ci farebbe mai del male. Posso sentire che già si preoccupa per noi — cerca di rassicurarmi Willow, ma io sono ancora troppo spaventata per crederle.
— Everett, apri la porta — comanda l’uomo che ora so essere l’Alfa.
Ora sono davvero spaventata. Mi ritraggo subito contro il muro sul fondo e cerco di farmi il più piccola possibile.
Gli occhi dell’Alfa si ammorbidiscono leggermente, ma restano neri. Everett si avvicina lentamente alla porta, come se fosse riluttante ad aprirla.
— Alfa, credo che dovresti calmarti un po’. Potresti spaventarla — prova a dirgli Everett.
L’Alfa ringhia verso Everett, facendomi tremare ancora di più.
Apre velocemente la porta e si allontana di qualche passo.
L’Alfa sembra lottare contro se stesso, cercando di calmarsi dopo avermi vista così spaventata.
Quando fa per avvicinarsi, cerco di indietreggiare ancora.
Sembra ferito, ma cambia espressione non appena annusa l’aria.
I suoi occhi tornano neri e fissa Everett.
— Perché la mia compagna ha il tuo odore addosso ? — chiede tra i denti.
Abbasso lo sguardo e vedo che indosso ancora la maglietta che Everett mi ha dato nei boschi, ieri.
Quando alzo di nuovo lo sguardo, l’Alfa ha Everett schiacciato contro il muro.
— Ho dovuto darle la mia maglietta perché non aveva vestiti quando l’abbiamo trovata ieri. E l’ho dovuta portare in braccio perché a un certo punto ha rifiutato di camminare — si affretta a spiegare Everett.
L’Alfa non sembra soddisfatto della risposta.
— Cosa ti ha fatto pensare di poterla toccare ? È mia ! — ringhia, stringendo ancora di più la presa su Everett.
Sono spaventata per Everett. È stato davvero gentile con me.
Vorrei parlare, ma ho troppa paura. So di voler sembrare forte, ma situazioni come questa mi riportano ai giorni della prigionia.
— Ti prego, non fargli del male — riesco a sussurrare nonostante il terrore.
So che la mia voce trema.
L’Alfa mi guarda e i suoi occhi si addolciscono appena sente la mia voce.
Ma la presa su Everett è ancora lì.
