Capitolo 8
"È noioso stare da sola nella neve", spiegò con un sorriso malizioso per giustificarsi.
Lui sorrise. In modo fin troppo comprensivo.
«Ma dai!» disse con tono beffardo. «Beh, se la pensi così...»
Un attimo dopo ero di nuovo sola nella neve.
Seppellita!
«Resta lì», mi disse «felicemente».
L'uomo si voltò e proseguì per la sua strada, fischiettando l'inno russo, lasciandomi lì dove ero caduta.
«Mi congelerò, mi ammalerò e morirò, e tu non avrai nessuno con cui passare la notte!», gli gridai dietro, cercando invano di uscire dalla trappola improvvisata.
«Non importa, ci sono abituato», disse lui con tono beffardo, voltandosi.
«Allora sei proprio un maniaco perverso! Chi è che abbandona al suo destino la propria vittima, senza nemmeno finirla?», mi indignai, raccogliendo una manciata di neve e lanciandola contro l'insolente che si allontanava.
Gli andò a finire proprio sulla nuca, tra l'altro.
Lui si fermò. Si voltò lentamente, osservò la composizione "bionda nella neve" che era diventata la mia faccia e altrettanto lentamente tornò indietro, guardandomi con severità.
«È stato un incidente! Lo giuro!» mi pentii immediatamente con aria sincera.
«No, non ci credo», sorrise il ragazzo bruno, fermandosi a poca distanza.
«Ti vendicherai?» sbuffai, senza nascondere la mia allegria, e gli lanciai un'altra manciata di neve.
«Senza dubbio», confermò lui con un cenno del capo.
Un attimo dopo il mondo mi si capovolse. Mi sollevarono di peso e mi ribaltarono. Mi diedero anche una leggera sculacciata.
«E sì, bambolina, se provi ancora a farci cadere, ti lego e ti lascio in pasto ai lupi che vivono qui», promise con tono serio. «E in inverno, sai, sono particolarmente affamati e cattivi».
Ovviamente non gli ho creduto.
«Particolarmente affamati e cattivi», ripeté pensierosa. «Proprio come te», aggiunse con tono beffardo.
Ci stavo provando, sì. Mi piaceva provocarlo.
«No, adesso non sono così affamato e non sono nemmeno arrabbiato, ma tutto può succedere, sì», non ha voluto contraddirmi né smentirmi.
Tacqui. Riflettevo. Cercavo di immaginarlo davvero arrabbiato e... la mia immaginazione falliva. Al contrario, era chiaramente evidente che in realtà gli piacevano le mie provocazioni, anche se cercava di non reagire. Decisi di osservarlo un po' più da vicino. Di cercare di capirlo. Così mi zittii, lasciandomi portare dove voleva. Il nostro viaggio terminò abbastanza presto. Davanti a una casetta abbandonata a un piano. L'edificio fatiscente aveva chiaramente bisogno di una ristrutturazione seria. Se fossi stata sola, non avrei osato nemmeno entrare. Sembrava che potesse crollare da un momento all'altro. Ma al mio compagno non importava. Per niente. Con un gesto sicuro aprì la pesante porta imbottita con uno speciale rivestimento e entrò. Per farlo, però, dovette quasi chinarsi a terra e quindi mi sollevò dalle spalle, prendendomi in braccio.
L'arredamento interno era "delizioso" nel suo minimalismo: un'unica stanza con un'enorme stufa in un angolo, accanto a una panca per i secchi dell'acqua, un lavandino e alcune mensole con stoviglie inchiodate al muro. Accanto alla piccola finestra a sinistra dell'ingresso, coperta da una tenda bianca, c'era un tavolo con degli sgabelli sotto. Non si poteva dire che fosse proprio sporco o completamente abbandonato. C'era un po' di polvere, ma non molta. Sembrava che qualcuno ci venisse ogni tanto e ci vivesse.
«Beh, non è un granché, ma per passare la notte va bene», commentò il bruno, mettendomi a terra.
E solo allora ho capito...
«Dici sul serio?» chiesi con gli occhi sgranati, in evidente stato di shock. «Dormire. Qui. Insieme?»
Mi fu rivolto uno sguardo indulgente.
«Pensavi che stessi scherzando?» disse con un grugnito, togliendosi il cappotto e appoggiandolo con cura sul bordo del tavolo. «No, certo che avrei potuto. Ed era proprio quello che avevo intenzione di fare. Ma poi ho pensato... perché no? Se devo fare una follia, tanto vale fare le cose in grande. Quindi mettiti comoda, bambolina, io vado a prendere la legna», disse voltandosi verso l'uscita. «E sì, dormiremo sotto la stessa coperta. Puoi prepararti mentalmente anche a questo.
Uscì davvero di nuovo in strada. E io... rimasi lì con un'espressione sbalordita, ancora sotto shock. Cosa dire? Niente. Mi sentivo la protagonista di una banale storia su una ragazzina stupida, avvicinata per strada da uno sconosciuto che le ha offerto una caramella e lei ci è cascata, per poi passare il resto dei suoi giorni in uno scantinato buio, incatenata e in catene, dove è poi morta: hanno trovato solo un freddo e tormentato vicolo cieco.
Ora sì che è davvero spaventoso!
